Paolini va bene

Paolini  va bene. Luca Paolini come vincitore di una classica del pavé va bene. Soprattutto per noi italiani che ne conosciamo meglio la storia. Ma penso anche per i belgi, che ne capiscono di ciclismo. Ma andava bene anche Nuyens, col suo curriculum. E Vansummeren, che semmai meritava di più, bastava correre qualche volta in più per sé stesso. E, allo stesso modo, se dovesse finalmente capitare anche a Stijn Vandenbergh, gregarione della Etixx, la squadra più pazza del mondo, che sembra un gigante uscito da qualche novella e che negli ultimi anni si è più volte piazzato qui e là nonostante il lavoro svolto per i vari capitani, primo di tutti Boonen, niente da ridire. Non tirate fuori la storia dell’albo d’oro sporcato, che poi gli italiani pare che non li sporcano mai questi albi d’oro. Comunque sia non è certo il caso di Paolini. Paolini va bene.

PaoliniVandenbergh

Dislivello

 

Treccine

Da quando Adriano De Zan smise di fare le telecronache di ciclismo non abbiamo più ascoltato certe espressioni francesi che usava con frequenza: niente più fringale, né ciclisti che salgono en danseuse (neanche ora che, dopo anni di tristi passisti, è arrivato Contador) né enfant du pays. Resta solo qualche parterre de rois, semmai usato a sproposito, come quando tra questi “nobili” si include il popolano Sgarbozza. E chissà se c’è un termine francese che corrisponda alla parola “cazzimma”. Tornerebbe utile per descrivere Pauline Ferrand Prevot, ritenuta l’erede della sua capitana Marianne Vos, ma va bene che la francesina è contemporaneamente campionessa del mondo su strada e del ciclocross, ma da qui a osare il quasi blasfemo paragone ce ne corre. L’olandese è esplosa in più giovane età, ha corso per un decennio senza risparmio (ecco perché neanche 30enne si incomincia a sospettare il suo declino), ed ha vinto anche su pista, dove la treccina non si azzarda. Inoltre la Prevot corre di meno, forse più oculatamente, ma ciò non le impedisce pesanti sconfitte: l’estate scorsa ai mondiali di MTB è arrivata solo 8^ nonostante abbia corso nella categoria under 23 e non tra le élite. Ma soprattutto non stravince, almeno per ora, come faceva e forse farà ancora Marianne, che non aveva bisogno di quelle furbizie e cattiverie a cui invece ricorre la francesina. Ne abbiamo letto più volte (vedere invece non è facile in Italia) e anche come gregaria (al Giro 2014, in favore proprio della Vos) ha avuto comportamenti quasi scorretti. E ieri, al Trofeo Binda, Paolina è scattata mentre la sua rivale più forte, l’altra treccina Liz Armitstead, stava per abbeverarsi e aveva la borraccia tra i denti. Così l’inglesina, con tipico aplomb inglese, ha mandato platealmente a quel paese la rivale, e alla fine l’ha battuta, nonostante quella potesse fare gioco di squadra con la Van Den Breggen, altra ciclista in ascesa. E a questo punto, con la Vos infortunata e orientata verso la MTB e la Johannson infortunata e orientata verso la maternità, le due cicliste delle opposte sponde della manica, l’una vincitrice del Campionato Mondiale e l’altra della Coppa del Mondo, potrebbero dare vita a una nuova rivalità, ma, in tal caso, attenzione a che non si afferrino per le treccine.

PFP+LA

biciclette d’acqua dolce

E’ stata una giornata così dura ieri alla Gent-Wevelgem, con vento fortissimo e pioggia intensa, che alcune biciclette si sono lasciate annegare in un corso d’acqua che scorreva parallelo alla corsa, quasi come Ofelia, e peccato che non c’era un pittore preraffaellita nei paraggi a ritrarre la scena.

gw

in direzione contraria

Ci sono tutti questi ex pistard britannici che ci si chiede cosa potranno fare da grandi. Ben Swift quest’anno delude in volata ma lo scopriamo in salita alla Coppi e Bartali. E Geraint Thomas, che ci si chiede se potrà essere il nuovo Wiggins, se insomma potrà fare bene nei grandi giri, invece per ora vince l’E3 Prijs ad Harelbeke, su muri e pavé del Fiandre. Ora è difficile dire come si svilupperanno ancora le loro carriere, ma ben venga qualsiasi cosa che vada in direzione contraria a quella della eccessiva specializzazione,  di terreni, gare e stagioni, in cui si è involuto anche il Nibali kazako.

geraintthomas_Aly Rowell

Alla giornalista della BBC Aly Rowell, mentre preparava l’intervista su pista a Geraint Thomas, veniva in mente la lunga scheggia, staccatasi dal legno di un velodromo, che trafisse la gamba del malese Awang.

 

scivoloni

L’ex campione del ciclocross Lars Boom, passato alla strada senza ottenere le vittorie che ci si attendevano da lui, e che forse lui stesso per primo si attendeva, quando l’anno scorso ha vinto la tappa del Tour sui tratti in pavé della Roubaix, aveva detto che lui va forte con la strada bagnata, e quel giorno al Tour pioveva mentre alle classiche sulle pietre quasi mai. Oggi si iniziava la vera campagna del Nord con la Dwars Door Vlaanderen e per sua fortuna le strade erano molto bagnate. E infatti è scivolato.

BoomDDV15Poi ha vinto Jelle Wallays, il giovane belga che già pochi mesi fa aveva vinto la Paris Tours. E il sito della Gazzetta dello Sport, il famoso quotidiano di gossip sportivo, l’ha confuso chissà perché col più giovane e meno famoso fratello Jens, che manco sapevamo che Jelle Wallays avesse pure un fratello.

 

Giro della Campania Rosa

Modesto reportage fotografico dal passaggio del primo, e si spera non ultimo, Giro della Campania Donne, per il Viale Ellittico a Caserta. Per il clima sembrava il Lombardia, quello ottobrino di una volta, ma, in compenso, per l’afflusso di pubblico, sembrava il Giro del Qatar. Sarà andata meglio all’arrivo.

Dopo l’attesa, rallegrata dai soliti alterchi tra servizio d’ordine e automobilisti, ecco la testa della corsa.

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Una ciclista timida?

GC02Le prime inseguitrici.

GC03Ha iniziato a piovere da poco. La strada si bagna e c’è una caduta in curva.

GC04Per fortuna niente di rotto.

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Le maglie della Alé Cipollini non passano inosservate. E neanche le biciclette.

GC06Distacco incolmabile? Andrà meglio la prossima volta.

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Paesaggio periferico, anche se la Reggia è a poche pedalate

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Il ciclismo come l’avrebbe visto Mario Sironi?

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La vittoria è ormai sfumata. Resta solo la pioggia. E una passione impermeabile.

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Poi ha vinto Simona Frapporti: un bel nome per iniziare un albo d’oro. Il mese scorso era ai mondiali su pista. Oltre alla sua numerosa famiglia di ciclisti, saranno contenti tutti i sostenitori della multidisciplinarietà.

 

 

 

Ci vuole fondo

Adesso in molti saranno tentati di dare come favoriti per la Milano Sanremo i velocisti che sono in forma e che hanno vinto nelle prime corse stagionali in giro per il mondo. Ma queste corse raramente hanno superato i 200 km, più facilmente sono state intorno ai 170, 150 km e negli altri continenti anche sui 100 km. E la Milano Sanremo è una corsa di 300 km, in cui è vero che non c’è una salita selettiva ma sono comunque 300km di salite e discese, e quanti velocisti abbiamo visto arrivare a Sanremo nel gruppo di testa ma non avere la forza di fare il loro solito sprint. Ci vuole fondo. Come per Gigi Sgarbozza. Di lui le poche notizie, messe in giro probabilmente da lui stesso, dicono che era un velocista, vincitore di una tappa al Giro e una alla Vuelta, che duellava con Basso e Zandegù nelle volate e probabilmente con Zandegù nelle osterie. Ecco, ancora oggi che fa il commentatore, il problema di Sgarbozza è il fondo: quando, approfittando del fatto che Andrea De Luca si distrae a guardare le miss, parte con gli elenchi di nomi (in genere elenca i suoi numerosi favoriti per la corsa presente o quella ventura) ne può pronunciare correttamente  4 o 5, ma alla distanza crolla e gli vengono fuori i Pellizzotto e i Fellini.

d'accordo

Come mettere d’accordo De Luca e Sgarbozza

 

Les enfants des pays

Prima che il Governo nel 1977 decidesse di sopprimere alcune festività, per tenere le fabbriche aperte ed aumentare il PIL – e dire che l’attuale capo degli industriali allora era giovane, ma già gli stavano facendo questo primo regalo – il 19 marzo, San Giuseppe, era festa e si correva la Milano Sanremo, per una tradizione iniziata nel 1937. Probabilmente questa tradizione sarebbe saltata lo stesso, anche senza la soppressione della festa,  perché dall’introduzione della Coppa del Mondo l’UCI richiedeva che le corse in linea si svolgessero nei fine settimana, e infatti il GP di Francoforte ha rinunciato a farne parte per conservare la data tradizionale del 1° maggio ed oggi è una classica decaduta. E per anni si è raccontato che Mirko Celestino, nato ad Albenga il 19 marzo 1974, era nato proprio mentre Gimondi passava di lì per andare a vincere la Sanremo. E quella corsa è stata sempre l’obiettivo principale di Celestino, che però è arrivato massimo secondo nel 2003, stretto tra Bettini e il suo suggeritore Paolini. Altre volte ha tentato di seminare tutti in discesa, che era il suo punto forte. Poi forse si è capito perché non è mai riuscito a vincere la Sanremo: nel 1974 in realtà si era corso il 18 e Gimondi era passato da Albenga il giorno prima. Forse questa è una spiegazione un po’ debole. Sta di fatto che quella di Celestino è una di quelle leggende che nascono nel ciclismo e si alimentano senza che nessuno vada a verificare, forse perché sono storie belle così e sarebbe un peccato scoprire poi che non erano vere. Ad esempio si raccontava anche che Peter Van Petegem, nato a Brakel, sul tracciato intorcinato del Fiandre, la mattina, per andare a scuola, passava in bici sul muro di Geerardsbergen. Poi il Fiandre Van Petegem l’ha vinto due volte, ma se fosse stata vera quella storia, in che condizioni arrivava a scuola quel ragazzo?

AlbengaCartolina

Vecchia cartolina di Albenga