Passaggio per Francoforte

Per un appassionato di corse in linea la primavera è la stagione preferita dell’annata ciclistica, ma finisce all’improvviso, con la Liegi, e allora, per un passaggio viceversa graduale, ci si può sempre attaccare al G.P. di Francoforte. Corsa nata nel 1962, ha sempre avuto un certo prestigio e l’hanno vinta diversi cacciatori di classiche. Merckx la volle vincere nel 1971; Baronchelli fu il primo italiano nel 1980. Ma uno dei problemi della corsa tedesca è  l’attaccamento degli organizzatori alla data del Primo Maggio. Per questo la corsa è stata inserita una sola volta nel programma della Coppa del Mondo, nel 1995, quando vinse la meteora Frattini (una delle troppe meteore delle squadre di Bombini). Era comunque una corsa appetita: la vinse l’immancabile Bartoli, che non si fossilizzava su poche corse ma preferiva variare; fu la principale vittoria in linea di Baldato, che per il resto si è dovuto accontentare di 4 secondi posti in classiche monumento; e poi Rebellin, l’anno prima della tripletta, anticipò Zabel, Astarloa, Freire e Celestino, in un ordine di arrivo degno di una grande classica. Poi, con la creazione del World Tour, nel quale le prove in linea si disputano preferibilmente di domenica, e che non comprende Francoforte, la corsa è andata via via decadendo. Zabel l’ha vinta 3 volte; anche per Garzelli è stato il più importante successo in linea, e poi la grande illusione di Moreno Moser. Però questa corsa ha anche il merito indiretto di aver favorito la nascita di un’altra gara, oggi ben più prestigiosa. Infatti il G.P. di Francoforte nacque sponsorizzato da una birra che per molti anni ha addirittura dato il nome alla corsa, che infatti si chiamava Henninger Turm. Dopo qualche anno una concorrente olandese ha risposto con gli stessi mezzi, e così è nata l’Amstel Gold Race. E l’olandese Karsten Kroon, che ha cercato disperatamente di brindare con la birra di casa, si è potuto almeno consolare due volte con quella tedesca. E oggi, quella classica olandese secondogenita è tutta un’altra cosa rispetto, per rimanere in tema, al pur rispettabile Palio del Recioto.

PT,PB,GPF

Tre nobili decaduti, Parigi-Tours Parigi-Bruxelles e G.P di Francoforte, ricordano i bei tempi andati.

 

A ognuno il suo

Sarebbe bello se nel mondo del ciclismo non ci fossero quegli accadimenti o quelle proposte (adesso c’è quella sulle condizioni climatiche limite per poter gareggiare), per cui anche sulla prima pagina di uno dei più detestabili quotidiani italiani (poi è questione di gusti) ti tocca vedere che dice la sua un giornalista che si occupa prevalentemente di calcio, sport nel quale ci sono costantemente aggressioni, bombe, polemiche infinite sugli arbitri, indagini infinite su combine, e altri accidenti, insomma tutto tranne che un serio sistema antidoping. Del resto sarebbe imbarazzante applicare il sistema Adams, basato sulla continua reperibilità e sulla comunicazione di ogni spostamento, ai calciatori, con le frequentazioni che hanno.

TDilG

Promesse non mantenute

Di promesse non mantenute se ne sono viste tante nel ciclismo, e quindi non è il caso di annunciare troppo facilmente l’avvento di nuovi campioni o azzardare paragoni. Qualcuno si ricorderà che Berzin, ad esempio, venne paragonato a Merckx. Però è lecito aspettarsi grandi cose dal giovane francese Julian Alaphilippe, che è arrivato secondo sia alla Freccia Vallone che alla Liegi Bastogne Liegi, in entrambi i casi con una gran volata in rimonta, e nel secondo caso facendosi largo senza i famosi timori reverenziali verso un ex campione del mondo come Rui Costa. Tutto questo a soli 22 anni, un’età in cui i giovani italiani o hanno già dato molto nelle squadre dilettantistiche nelle corse di paese, e nella migliore delle ipotesi diventeranno professionisti discontinui o sporadici nelle squadre di seconda fascia, oppure, se passano nelle affollate squadre World Tour, sono tenuti nella bambagia, in attesa di diventare gregari e promesse mancate. E la storia che Beppe Conti ripete, ormai fino allo sfinimento, di Formolo che è arrivato secondo ai campionati italiani dietro quel Nibali che di lì a poco avrebbe vinto il Tour, mi ricorda Angelo Lopeboselli, che arrivò secondo al Lombardia 2003 e poi scomparve, e mi sono sempre chiesto se per stare attaccato a quell’incontenibile ultimo Bartoli non abbia consumato tutte le energie di una carriera.

Lombardia2003

Il finale del Giro di Lombardia 2003

 

 

Liberazione

Sono 70 anni dalla Liberazione, ma sono anche 3 anni che il G.P. della Liberazione di Crema, importante corsa femminile, non si svolge più. Di quello per under 23 che si svolge a Roma, invece, non s’è ancora liberato questo Paese che preferirebbe piuttosto quegli sport un po’ più “artistici”.

Bugno25aprile

Educazione civica

Nelle scuole italiane gli studenti possono incontrare lo scrittore famoso che ha pubblicato un libro sulla camorra per la grande editoria (una cosa che dovrebbe lasciare un po’ perplessi), oppure il magistrato con un futuro da politico, o il politico con un passato da magistrato, e tutti a parlare delle cose criminali che più di tutto caratterizzano l’Italia nel mondo. In Belgio, a Remourchamps, il venerdì prima della Liegi Bastogne Liegi, le scolaresche vanno a vedere la tradizionale ricognizione che le squadre fanno sulla Redoute, anche se questa salita non è più decisiva da quando hanno introdotto la Roche-aux-faucons e il Saint-Nicolas.  E pensavo chissà se tengono conto di queste cose quelli che studiano la qualità della vita.

LaRedoute

La Redoute a quadretti

 

Epica e toponomastica

Tra libri sul doping, altri su questioni sessuali (in più sensi) e trattati storico- sociologici, ogni tanto ci scappa anche, per fortuna, qualche libro sulle corse. Giorgio Burreddu e Alessandra Giardini hanno pubblicato Vedrai che uno arriverà. Il ciclismo fra inferni e paradisi, un volumetto edito l’anno scorso da Absolutely Free, dal prezzo contenuto, che racconta alcuni luoghi storici delle corse ciclistiche e i personaggi ad essi più legati. Questo libro è come una corsa a tappe immaginaria nel paese dell’Epica, che ogni tanto, come capita nel ciclismo, sconfina in uno stato confinante, in questo caso quello della Retorica. Forse è per questo che la tappa, il capitolo che mi è piaciuto di meno è stato quello su Pantani, e quello che mi è piaciuto di più quello su Bugno.

cop+Bartoli

La maledizione

La vittoria della maglia iridata è sempre uno spettacolo in sé, e quindi vedere che a vincere l’Amstel Gold Race, forse la più importante delle classiche non monumentali, con una spettacolare volatona a centro strada, è stato Kwiatkowski con quella che è definita la maglia più bella (anche se nel caso specifico sotto il casco più brutto) è un gran piacere, soprattutto se nelle ore precedenti si è sentito dire che “la maledizione della maglia iridata è un dato di fatto”. E’ vero che nel mondo dello sport ci sono scaramanzie e portafortuna, ma è davvero troppo che cronisti, non personalmente coinvolti nell’agonismo, inventino o alimentino teorie così irrazionali. Di questo passo, di notte, i ciclisti, più che temere l’arrivo degli ispettori dell’antidoping, avranno paura dell’apparizione di folletti e streghe cattive? E’ vero, forse negli ultimi anni è mancata una vittoria così coreografica, ma ci si è anche dimenticati di Evans che ha vinto la Freccia Vallone e l’epica tappa di Montalcino al Giro d’Italia, di Hushovd che ha vinto due tappe al Tour più una en passant per la Suisse, e delle 15 vittorie di Cavendish, più veloce anche delle maledizioni, tra le quali 3 tappe al Giro, 3 al Tour e la Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Se non c’era la maledizione, allora, cosa vincevano?

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la dittatura

“Lui (Nibali, NdZ) è davvero il testimonial più bello che il ciclismo italiano possa esportare nel mondo. Peccato che in Italia, dove regna la dittatura del pallone, uno come lui non sia valorizzato fino in fondo”. (Fabio Sacchi)

i parametri di Maastricht

Certe classiche il telespettatore italiano le ha conosciute (Amstel) o conosciute meglio (Fiandre) con la creazione della Coppa del Mondo nel 1989 e la trasmissione di ampie dirette su reti che non erano la RAI. Prima, se c’era la diretta, era solo per gli ultimi chilometri, a volte a corsa già decisa. E forse così si è rimasti legati ai percorsi di allora, all’arrivo del Fiandre a Meerbeke passando per Geerardsbergen, a quello della Liegi nel centrale Boulevard de la Sauvenière, e anche al lunghissimo rettilineo d’arrivo della Paris Tours sull’Avenue de Grammont poi segata in due dal tram. In seguito per gli arrivi si sono cercati luoghi migliori logisticamente ed economicamente. E c’è stata anche la tendenza a scegliere per la bisogna ripide salitelle, come Ans per la Liegi e il Cauberg per l’Amstel, che hanno finito per condizionare la condotta di gara, come già succedeva alla Freccia Vallone col muro di Huy. L’arrivo dell’Amstel in cima al Cauberg ha visto gli italiani spesso protagonisti, ma per chi vuole innanzitutto una gara più spettacolare ed aperta penso che era meglio il vecchio percorso, con certe stradine strette nel finale, che manco in Belgio, e l’arrivo a Maastricht. Era una gara aperta a più possibilità: fughe solitarie, gruppetti o anche volate (i tedesconi Ludwig e Zabel l’hanno vinta). Comunque il fatto che dal 2013 sia stato spostato l’arrivo più avanti di un paio di km ha reso la corsa meno condizionata dal Cauberg e secondo me anche migliore dal punto di vista scenografico. Anche se, va detto, in quei posti c’è talmente tanto pubblico che copre la visuale.

AmstelGR1991

1991: la volata a zig zag di Maassen ai danni di Fondriest