In questo Mondiale di Ciclocross molti si aspettavano una zampata di Mathieu Van Der Poel, ma non che la zampata finisse nei raggi della ruota del suo principale avversario, il belga Wout Van Aert. E mentre i due perdevano tempo a districarsi, il terzo favorito, Lars Van Der Haar, ha pensato che quella era la grande occasione della sua ancora breve carriera ed è scappato a tutta. Ma in fondo l’incidente ha reso ancora più grandiosa la rimonta e la vittoria del giovane belga, mentre quella di Van Der Poel è stata meno convinta ma comunque lo stava portando al bronzo. Però nel finale l’olandese ha ceduto e ha lasciato la medaglia allo specialista del podio Kevin Pauwels e il quarto posto a Sven Nys, che ha percorso il rettilineo finale salutando il pubblico, dato che era il suo ultimo mondiale, e rinunciando così a sprintare per il bronzo. Mathieu ha preceduto solo il fratello David, che ha dimostrato di essere un buon corridore, non solo il fratello di. Questo mondiale è stato praticamente un derby Belgio – Olanda, in cui si è visto molto pubblico e si sono sentiti i campanacci, insomma le cose che purtroppo erano mancate in Coppa del Mondo a Koksijde il giorno dopo l’attentato a Parigi. Tra gli olandesi è andato bene anche Lars Boom, che ha preceduto i connazionali emergenti Van Kessel e Van Amerongen, però questo permesso di correre fuori strada potrebbe anche significare quanto poco importi alla sua squadra, la famigerata e sconclusionata Astana, delle corse sul pavé in cui l’olandese sarà la loro punta. Per gli italiani c’è da dire che a leggere l’ordine di partenza, con spagnoli, lussemburghesi, austriaci, australiani, e tanti altri senza speranza di far bene, compresi gli statunitensi con quel Powers che pure parte sempre in prima fila per i misteri dei punteggi UCI, era davvero brutta l’assenza di una nazione capofila di tutto il ciclismo. Si, è vero che ci sono stati i giovani che sono venuti a fare esperienza, ma, se sono stati attenti, hanno imparato che se hanno un’occasione per correre su strada o prevalentemente in mtb devono coglierla, perché col ciclocross se tutto va bene si resta a casa. Infine una nota di colore (rosa). A quelli della Gazzetta forse non è sembrato vero che sia stata trovata, per la prima volta, una bici truccata, e deve essere stata tale l’emozione (o la contentezza?) che devono essere andati un po’ nel pallone e sul sito hanno scritto “Motorini truccati” anziché bici. Un rafforzativo?
Mese: gennaio 2016
sorpresa
i comici quelli bravi
Se uno segue i programmi comici televisivi, quelli tipo cabaret ma che col cabaret ormai non hanno più molto a che fare, si accorge che la gran parte della comicità è di argomento genitale, e se invece non se ne accorge nemmeno vuol dire come stiamo messi. Però in Italia c’è anche una tradizione di comici che parlano di politica e società. Questi comici una volta dicevano: “Andreotti” e il pubblico tutti a ridere. Oggi dicono: “La Salerno-Reggio Calabria” e tutti a ridere. Vorrà dire che sono bravi.
e a volte anche prima
LA ZERIBA SUONATA – Hinds
Avete presente le Serebro? Le tre ragazze russe che cantano e si dimenano, spesso senza l’impaccio di troppi vestiti, anche in auto, e meno male che non passa un gruppo di ciclisti, ecco, se sulla via di Glasgow apparisse loro Edwyn Collins e le convertisse al rock chitarroso, forse finirebbero per suonare come le Hinds. Ascoltandole ci si chiede come sia possibile che quattro giovanissime madrilene finiscano per suonare come gruppi scozzesi e inglesi di 30 e più anni fa parzialmente dimenticati. La loro musica ricorda i gruppi transitati per le etichette Postcard e Creation come Orange Juice, Pastels, Shop Assistants, ma probabilmente loro avranno ascoltato gruppi attuali che a quelli si rifanno. Le Hinds inizialmente si chiamavano Deers, ma hanno dovuto cambiare nome perché quasi omonime dei canadesi Dears, e i gruppi cosiddetti indie a volte non sono diversi da quelli delle major su questioni legali ed economiche. Sentire il loro album Leave Me Alone e poi vedere le loro foto è una bella mazzata per i propri pregiudizi, perché ragazze così le diresti capaci al massimo di sedersi su un muretto ad aspettare il Principe Buzzurro, e invece suonano chitarre roche come in Easy o tirano fuori un gioiellino strumentale come Solar Gap, che sembra roba di Felt o Monochrome Set. Invece il video che vi rifilo è Chili Town, ad oggi forse il loro piccolo capolavoro.
il ciclo della vita
Ho un ricordo vago, forse impreciso, di una polemica di molti anni fa quando Claudio Golinelli, che era uno dei migliori al mondo nella velocità e nel keirin, rimase deluso perché in Federazione dissero di puntare tutto sul giovanissimo Gianluca Capitano. Poi Capitano non ha fatto grandissime cose. Ora il ct del ciclocross Scotti ha convocato per i mondiali di ciclocross molti giovani e nessun atleta élite e, forse mi sbaglio, forse non sono bravo a leggere tra le righe, ma mi sembra che i media abbiano accolto bene questa cosa, portiamo i giovani a fare esperienza e un domani vedrete. Ecco, forse per smorzare gli entusiasmi su questo presente rivolto al futuro basterebbe guardare al passato, ma quello prossimo, senza andare lontano. Il fatto di dire che si portano i giovani a fare esperienza quando non ci sono speranze di un buon risultato non l’ha inventato Cassani. Non è che negli anni scorsi siano mancati i giovani di belle speranze, né manca l’esperienza agli élite rimasti a casa. Si, è successo che Trentin, Aru e Malacarne, vecchia solfa, hanno fatto meglio su strada. Ma, a parte Malacarne che fu campione del mondo juniores, erano proprio quelli, Trentin e Aru, i più promettenti? Non c’era forse Elia Silvestri che doveva spaccare il Mondo o almeno l’Europa? E prima ancora non c’erano Enrico Franzoi e Cristian Cominelli, che oggi restano a casa perché non si crede più in loro? Ecco, allora si dovrebbe puntare sui giovani ma chiedersi anche che cosa succede nel mondo del ciclismo italiano, perché si perde un talento come Silvestri e si rischia di perderne un altro come Cominelli, attratto all’attività su strada da una sconclusionata squadra continental, e perché il più solido crossista dell’ultimo decennio a un certo punto abbia preferito trovarsi un lavoro da meccanico e correre part-time. Altrimenti nei prossimi anni succederà che i giovani che hanno fatto esperienza a questo mondiale e saranno cresciuti verranno sacrificati per nuovi giovani più giovani che dovranno fare esperienza e così via.
Il Terzo Colle
E poi, ieri sera, alla TGR, l’allenatore del Napoli, chissà come mai, per descrivere il campionato della sua squadra si è azzardato in un paragone ciclistico, però era incerto, ha iniziato ad inciampare con le parole, non per problemi di lingua, che l’italiano lo conosce bene parolacce comprese, ma per la materia ostica in cui si è avventurato. E in sostanza ha detto che il Napoli è come un ciclista che in una tappa di montagna con 5 colli è passato in testa sul terzo ma non ha ancora vinto la corsa. Insomma si è capito che lui qualche volta ha iniziato a vedere qualche tappa del Giro, ma poi a un certo punto ha cambiato canale, forse si sarà messo a vedere uno di quei tanti dibattiti calcistici in cui gli uomini stanno seduti in poltrona e le donne su alti sgabelli. Ma, dato che da queste parti il ciclismo non è molto seguito, nessun tifoso superstizioso avrà capito che era il caso di fare gli scongiuri in uno dei tanti modi folkloristici codificati in loco. Perché in genere chi passa in testa sul terzo di cinque colli o è andato a prendersi i punti per il GPM o ha tentato la fuga disperata, ma poi viene raggiunto, se ha ancora un po’ di energie può fare massimo un saluto verso la telecamera, e arriva al traguardo con un quarto d’ora di ritardo se è orgoglioso, viceversa, se non gliene importa, arriva con l’allegra brigata dei velocisti. Quasi quasi per questa gaffe l’allenatore nel pallone si meriterebbe una proroga della squalifica.
domenica di passaggio
Antefatto che si capisce dopo. Stamattina passavo per una strada poco affollata da gente e auto, dove quindi un parcheggio poteva trovarsi regolarmente. Da uno di quei gazebo, estensioni di bar e locali, che non si capisce mai come stanno messi con l’occupazione di suolo pubblico, è corsa fuori una signora perché i vigili le stavano multando l’auto parcheggiata chissà dove.
Beh, quest’ultima prova della Coppa del Mondo di ciclocross non si può certo dire che sia stata appassionante. Mathieu Van der Poel è andato in fuga al primo giro e ha solo aumentato il distacco fino alla fine, dominando la gara intitolata al padre Adrie. C’è da augurarsi che il mondiale di domenica prossima sia più combattuto. Strana stagione: una prima parte dominata da Van Aert che si è assicurato la vittoria nelle tre principali challenge e sembrava aver ucciso il ciclocross per quest’anno e quelli a venire. Poi Van der Poel ritorna da un infortunio e sembra che ora l’assassino sia lui. Così è finita che questa volta mi sono distratto più del solito a leggere il forum che scorre parallelo alle immagini di UCI Channel. 7000 collegati da tutto il mondo, un piccolo stadio, non tutti ovviamente a chattare, ma di sicuro nessuna offesa né linguaggio scurrile. Qualcuno informato, qualcuno meno, qualcuno chiedeva se c’erano italiani (il vecchio Franzoi, crossista part-time, è stato l’unico a non essere doppiato), un altro scriveva che sicuramente Van der Haar non passerà mai alla strada, proprio lui che già è in una squadra world tour, la Giant, per di più trovatasi improvvisamente carente per l’incidente che ha coinvolto 6 di loro, compreso Degenkolb. Forse gli unici momenti da segnalare oggi sono stati una capriola di Sven Nys con tutta la bici e le lacrime di Toon Aerts all’arrivo per non essere stato selezionato per i mondiali (cosa che in Belgio è già un gran risultato). Finita la diretta, rapido passaggio su Raisport per la sintesi del Tour Down Under, dove Gerrans questa volta ha preferito vincere piuttosto che cadere. Andrea De Luca, trovandosi a parlare del rugby australiano, ha ricordato che uno scrittore inglese disse che l’invenzione del rugby era uno stratagemma per tenere 30 manigoldi fuori dal centro di Londra. Bello, è quello che più o meno penso io del calcio, che serve a convogliare gli istinti bestiali che altrimenti chissà come si sfogherebbero; solo che i numeri sono ben altri che quelli di 30 manigoldi, per non parlare dell’inquinamento acustico, anche sotto forma di chiacchiere da bar. E poi, dopo tutto questo ciclismo, ho potuto dedicarmi ad altro, che forse ne ho un po’ troppi di interessi, di passioni o, per dirla in modo meno pomposo, di hobbies. Ma, a differenza di tanti italiani, non ho quello di scandalizzarmi e dire: Che vergogna! Si, in questo momento in televisione c’è sicuramente qualche benefattore che, per passione e non certo per protagonismo o perché non abbia trovato di meglio nel mondo dello spettacolo, denuncia malefatte e truffe e ci mette in guardia contro questo e quello, ma io me ne sto irriconoscente su internet. E, proprio per questo, solo oggi ho saputo che quel tipo che timbrava il cartellino in mutande e gli altri colleghi licenziati erano vigili urbani, e allora ho capito ancora meno tutta questa indignazione degli italiani, che dovrebbero una volta tanto mettersi d’accordo, prima di tutto con sé stessi. Se qualche vigile scende in strada, per sanzionare solo una piccola parte delle tantissime infrazioni che si commettono, viene visto come complottista sanguisuga e diavolo dell’inferno, ma se si astiene, diciamo così, dal proprio dovere neanche va bene. E allora sarebbe divertente se qualche giudice reintegrasse i licenziati, cosa da non escludere, forse anzi più probabile di una vittoria di Van der Poel al mondiale di domenica prossima, e costoro, imparata la lezione, diventassero i vigli più solerti e anche spietati d’Italia, e multassero tutti i furbetti del parcheggino e del gazebino. Però, dato che su internet ci sono troppi post e commenti in negativo, concludo con una cosa positiva che prima o poi volevo scrivere. Mi sono davvero piaciute le miss del Tour Down Under, e i loro vestitini, sobri e da ragazze normali, non come certi abitini da cubiste che si vedono altrove. E poi erano celesti, un colore che sta bene alle donne, una cosa su cui possono essere tutti d’accordo, anche gli allenatori di calcio.
LA ZERIBA SUONATA – Brunette for a day
I critici e gli storici della musica possono scrivere che i Blondie erano un gruppo che faceva un punk troppo annacquato, oppure che avevano creato un’interessante via di mezzo tra disco e punk, ma nessuno dice che la biondissima cantante Debbie Harry forse stava meglio quella volta con i capelli neri.
Alleanze
Strane alleanze non ci sono solo in parlamento. Per esempio questa settimana, dopo gli insulti dell’allenatore del Napoli a quello dell’Inter, si è creata un’alleanza tra tifosi napoletani e alcuni quotidiani, che sono milanesi ma da tempo impegnati in una battaglia civile a favore delle offese gratuite e del linguaggio scurrile, e non solo a parole, ma anche con i fatti, che, nel caso specifico, sono comunque parole. Quello che si sostiene è che gli insulti allo stadio ci stanno, che diamine! Queste cose succedono nel calcio, non c’è da scandalizzarsi o fare i moralisti. Insomma lo stadio del calcio è un luogo extraterritoriale dove c’è la sospensione della legge e della civiltà. Ora però ci si dovrebbe attendere che, traendone le conseguenze, i tifosi napoletani non si offendano più in caso di insulti “a sfondo razziale”, perché nel calcio funziona così, né tantomeno chiedano squalifiche o altre sanzioni ipocrite e buoniste. Anzi, non ci dovrebbe essere niente di male neanche a sparare razzi contro qualcuno, lanciare motorini dagli spalti o sprangare chi si voglia. E quelle femminucce dei portieri non vengano a lamentarsi di essere disturbati dai laser. E se in altri tempi per sfuggire alla cattura qualcuno poteva rifugiarsi in chiesa, oggi può farlo allo stadio.