Zitti e Mo … nt-Saint-Michel

Succedono delle cose curiose, che chissà se sono solo coincidenze oppure no. Oggi non è il giorno della partita di calcio Italia-Germania, anzi non lo è neanche domani, ma stamattina, in coro, i giornali di quella che una volta si poteva identificare come destra hanno tutti un articolo in prima pagina contro quelli che snobbano la partita o tifano contro l’Italia. Ora, è vero che da quelle parti ci sono sia l’inclinazione al patriottismo, anche se in questo caso ne sarebbe una sottomarca, sia un po’ al totalitarismo, del tipo chi non la pensa come noi non ha capito niente è snob eccetera e va condannato, però le persone in queste paese saranno pur libere di fregarsene, o semmai semplicemente di augurarsi che non ci siano i soliti caroselli rumorosi e invadenti. La cosa paradossale in quei pezzi è il tono di vittimismo, come se i tifosi della nazionale fossero dei carbonari costretto a seguire le partite in covi segreti, su televisioni pirata, ed esultare sottovoce. Il calcio in Italia occupa spazi enormi nei media, crea continuamente i cosiddetti problemi di ordine pubblico, non so se qualcuno si è mai trovato in strada al passaggio di una mandria di tifosi che va allo stadio, e i divi del pallone ostentano i loro soldi e i loro privilegi: ci sarà pure la libertà di (tentare di) ignorarli. E’ come un conoscente ricco con cui non avete a che fare, ma che un giorno, senza avervi invitato al ricevimento, vi fa sapere quando e dove si sposa, se volete andare a vedere la cerimonia e semmai fare pure un applauso. Fatelo pure questo europeo, basta che vi togliete davanti e vi state un po’ zitti quando comincia il Tour.

ilg+ilf

In campagna è un’altra cosa

Lo diceva Achille Campanile. E ora che è arrivata l’estate e si va, secondo le prescrizioni per una vita conforme al conformismo, in campagna, per sagre e feste di paese, o nei tanti agriturismo che ti chiedi ma davvero sono diventati tutti agricoltori e basta aspettare le portate per rispondere no, o in villeggiatura en plein air, allora non aspettatevi di sentire la stessa musica che ascoltate nell’assordante e ingrigiente città. Tanto più se andate nelle aree rurali di paesi stranieri.

Vedete ad esempio cosa si balla nelle campagne finlandesi, al confine con l’odiata Russia.

Nelle praterie americane cantano quello di cui hanno esperienza, ad esempio di lupi affamati.

Ma nulla impedisce ai bovari americani di volare con la fantasia e immaginare un uomo dotato di charme, che se mai capitasse chissà come in quelle lande verrebbe comunque spogliato dei suoi abiti ricercati e cosparso di pece e piume.

Infine, se non volete allontanarvi troppo e rimanere nell’UE, in qualche cittadina della profonda mitteleuropa dove il tempo si è fermato, potreste assistere ad una di quelle caratteristiche danze tradizionali in costumi locali.

preferenze

Dei ciclisti preferiti da questo blog, uno che credevamo in pensione, José Serpa, l’abbiamo ritrovato a correre in una squadra etnica. Di un altro, invece, oggi ci arriva la notizia del ritiro irrevocabile: Johan Vansummeren. Nella sua carriera ha avuto poche soddisfazioni, ma una monumentale, la Roubaix 2011, poi tanto lavoro in fuga o a tirare il collo al gruppo, e infine un finale sfortunato, con l’incidente al Fiandre del 2014 e la scoperta di un’aritmia cardiaca che l’aveva fermato già quest’inverno. Ora si potrebbe dire che avrà più tempo da dedicare alla moglie Jasmine, a cui chiese di sposarlo proprio nella zeriba del velodromo di Roubaix dopo la sua vittoria. E la sciura Vansummeren, se fosse stata una ciclista anziché una nuotatrice, mi sa che anche lei sarebbe stata una delle preferite di questo blog.

JasmineVangrieken

 

Nonno Niño e altri vecchietti, fratelli, pupe pugni e maglie varie

Nella settimana appena trascorsa  in giro per il mondo ci sono state un po’ di notizie curiose di ciclismo, che, come ormai dicono tutti, è sempre più globalizzato, e quando lo dicono sembra che stanno facendo una rivelazione, invece ormai questo è un nuovo luogo comune, e comunque queste notizie non vengono soltanto dai vari campionati nazionali. Al Giro di Colombia, ad esempio, è stato ancora una volta protagonista, anche se non ce l’ha fatta a vincere, Oscar Sevilla, già conosciuto come El Niño, uno di quelli che sono andati in esilio dopo il caso Fuentes. Pochi sono riusciti a risorgere da quella vicenda come Valverde, e queste carriere periferiche ti fanno venire delle domande, dei pensieri, anche cattivi, ma soprattutto l’impressione è che personaggi come Sevilla o l’altro esule Mancebo o Rebellin continuino a correre come se volessero dimostrare qualcosa oppure come se volessero supplire con la quantità alla qualità che gli è venuta a mancare correndo in squadre e competizioni minori.  E negli ordini d’arrivo delle tappe colombiane più di una volta è spuntato il nome José Serpa: una veloce ricerca conferma che è proprio lui, l’ex leone di Bucaramanga, che evidentemente non si è più ritirato ma ha trovato un contratto equo e solidale. Del resto con i suoi 37 anni è ancora giovane, se pensiamo che Edwige Pitel, veterana della Michela Fanini spesso piazzata ma quasi mai vincente, a 50 anni è riuscita a vincere in Francia battendo tutte le colleghe più giovani e quotate, compresa la treccina. Forse vuole battere pure il record di longevità della connazionale Jeannie Longo? Difficile, visto che pochi giorni prima, nella prova a cronometro, al 13° posto è rispuntato anche il suo nome. Di fronte a cose del genere non si sa cosa pensare: ha 58 anni, nessuna speranza di ripetere i risultati degli anni d’oro né di prendersi la soddisfazione di battere le giovani connazionali, compresa quella pivellina della Pitel, allora è da ammirare? O da compatire? O forse da abbattere? Forse è meglio astenersi dal giudicare. Meglio anche nel caso che ha preceduto la prova maschile. La notte prima degli esami ciclistici i corridori probabilmente non la passano protetti e isolati dal mondo come i calciatori, e ai fratelli Bouhanni sono capitati dei vicini chiassosi, da cui sono conseguite proteste, liti, spintoni e un cazzotto del ciclista pugilatore che gli ha causato una ferita alla mano suturata con quattro punti. Un caso analogo rovinò la stagione delle classiche a Philippe Gilbert, che tra l’altro ieri ha vinto in Belgio battendo il giovane Wellens e dimostrando che nonostante l’età (34 anni molto corsi) riesce ancora ad avere delle grandi giornate. Ma tornando al discorso delle mani rotte, non possiamo da una parte solidarizzare col belga e dall’altra pensare che il francese invece è il solito attaccabrighe. Poi in Francia ha vinto Arthur Vichot, che vinse già 3 anni fa e poi, dopo una tappa alla Parigi Nizza, ha fatto molto poco, ma ci sono alcuni, come lui, che sembrano specializzarsi in titoli nazionali. Anche in Italia abbiamo avuto di recente il triplo Visconti in campo maschile, e ora la tripletta per di più consecutiva di Elena Cecchini in campo femminile. La ragazza, curata con amore anche da Elia Viviani che la innaffia personalmente durante le corse, era una promessa. Ha ottenuto subito qualche vittoria in corse internazionali minori, poi ha vinto una decaduta Coppa del Mondo della corsa a punti, ha buttato via ingenuamente un Europeo Under 23 per la classica “furbata” di alzare le braccia troppo presto, ha ottenuto dei piazzamenti nelle classiche l’anno scorso, ma quest’anno non li ha ripetuti, e infine è un elemento non indispensabile del quartetto dell’inseguimento. Insomma Elena ne deve mangiare di pane e maltodestrine per arrivare ai livelli di Bronzini e Longo Borghini. Ma ai campionati nazionali cambia tutto: entrano in gioco le Armi che danno un po’ di sicurezza a queste ragazze malpagate, e così succede che nella squadra della Cecchini, le Fiamme Azzurre, ci sono le plurimedagliate Bastianelli Ratto e soprattutto Guderzo sempre più donna squadra, gregaria su strada o inseguitrice nel quartetto su pista, eppure potrebbe ancora vincere in prima persona, altro che ritirarsi dopo Rio. Invece Elisa e Giorgia (le cicliste, non le cantanti), che nella vita ciclistica civile, cioè non militarizzata, sono compagne di squadra, qui avendo divise differenti hanno corso ognuna per sé e addio. Al Nord ennesima vittoria di Emma Johansson che a scanso di equivoci se ne è andata in fuga ed è arrivata alcuni minuti prime delle altre, e chissà sul podio come si fa a distinguerla delle miss, ah sì, forse lei è quella più bella, e poi ritorno al successo di Navardauskas, per la gioia del blog Schiantavenna. A Est vittoria di Juraj Sagan che, dopo anni in cui ci ha fatto sospettare che senza il fratello avrebbe potuto correre massimo in una continental, quest’anno ha dato i primi segni di vita e ieri ha vinto il titolo anche grazie al fatto che nella prova congiunta ceca e slovacca i Tinkoff erano nettamente superiori, e infatti il titolo cugino è andato a Kreuziger. Sempre a Est, in Polonia all’ultimo posto arriva il rivale di Sagan, Kwiatkowski, che così o conferma di essere un corridore molto discontinuo oppure di essere uno di quelli che alla Sky non trovano l’ambiente a loro congeniale (vedi Cavendish e Landa). E poi vorrei dire, l’Armenia, ok, facendo arrabbiare turchi e azeri i paesi occidentali hanno riconosciuto il genocidio, ora vogliamo pigliare una boccata d’aria e guardare anche al futuro? Ce l’avete un buon corridore lì in Armenia? Così potreste togliervi la soddisfazione di battere i turchi, che a volte ricorrono ad aiutini, e gli azeri, che invece ricorrono agli ucraini: infatti il loro campione Averin è naturalizzato, e così vince facile. Essì, perché il suo paese natio, anche se non è all’avanguardia del ciclismo mondiale globale, propone le distanze più impegnative, sia a cronometro che in linea, dove la corsa è stata lunga il doppio, per dire, di quella israeliana. Paese che vai distanze che trovi.

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Juraj Sagan con la bici che gli fornì la vecchia squadra quando iniziò ad avere dubbi sulle sue qualità.

Là nessuno è fesso

Questa vittoria di Giacomo Nizzolo al campionato italiano sembra la riproduzione in scala di quella di Sagan al mondiale ultimo scorso: arriva l’importante vittoria tanto attesa, il vincitore esulta incitando il pubblico al festeggiamento e tutti si congratulano con lui. Si è corso in Val Camonica, sito protetto dall’Unesco. Quando la corsa è passata per Ponte di Legno si è capito perché certi politici si radunano qui e non per esempio a Quarto Oggiaro. Ma la regia televisiva a un certo punto inquadra anche un paio di miss e allora Andrea De Luca, sempre molto sensibile a questo aspetto, fa notare queste altre bellezze, però il suo interlocutore locale, tutto preso dalla pubblicità per i luoghi, forse non capisce e continua a decantarne l’aspetto  turistico alberghiero. Dopo le fughe rituali, Giacomo Berlato per una volta ci prova da vicino, ma da solo non può andare da nessuna parte. La favorita Lampre controlla la corsa per perdersi nel finale, quando tra gli attaccanti c’è anche Nizzolo, che ha preparato con cura l’appuntamento e senza neanche nascondersi, visto che per dire la Gazzetta ha fatto un video su questa preparazione. Ma quello che poi se ne va da solo è Gianluca Brambilla, e l’unico che riesce a raggiungerlo è proprio Nizzolo. A quel punto Brambilla non rifiuta i cambi, perché dietro non c’è Trentin in rimonta come al Giro (anche perché quello che sarebbe stato capitano e favorito non è partito), ma dietro ci sono solo avversari, tra i quali Pozzato in uno dei suoi rari giorni da ciclista. E allora anche battuto in volata va bene, perché il secondo posto di Brambilla era il miglior risultato possibile per la Etixx, per quelle cose strane della vita ciclistica che fanno sì che quando uno squadrone arruola ciclisti di molti paesi poi ai campionati nazionali si scinde in tanti squadrini. Nizzolo quindi vince facile, oggi non ha sbagliato niente, non come all’ultima tappa del Giro, quando buttò la vittoria per uno scarto inutile. Pozzato arriva terzo e si candida per il mondiale. Nizzolo invece, secondo me, farebbe meglio a puntare al primo campionato europeo, che dovrebbe essere meno piatto, e direi anche al GP di Plouay, dove nel 2013 ottenne uno dei suoi tanti secondi posti, proprio dietro Pozzato in uno dei suoi giorni da ciclista, che già allora erano rari.

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LA ZERIBA SUONATA – cose che non si possono dire

Da anni ormai c’è questa crisi che non finisce, forse perché chi la orchestra si sta trovando bene, ne sta ricavando tanti benefici, e allora si discute molto del lavoro, e la questione centrale sembra essere il diritto a lavorare delle modelle in carne, semmai con la cellulite, che una volta si dicevano formose, ma ora quella parola è obsoleta, forse non riesce ad essere neanche vintage, per usare un’altra parola così abusata che ormai non se ne può più, e allora quelle modelle le chiamano curvy forse per cercare di farle diventare trendy, ma anche queste due parole sono brutte. Insomma il problema è che queste donne carnose sono diverse dalle modelle magre che piacciono tanto agli stilisti, e su questa faccenda non ci sarebbe tanto da stare a scherzare dato che poi c’è il problema grave dell’anoressia e gli stilisti vengono ritenuti cattivi maestri, però verrebbe da dire che è bello comodo e facile fare il vestito che scende bene perché non incontra ostacoli sotto forma di curvature, e verrebbe pure da chiedersi perché a indicare come dovrebbero vestirsi le donne devono essere questi qua che tanto poi gli piacciono gli uomini, ma a parte il fatto che queste cose non si possono dire, ci sarebbe una risposta anche per questo, cioè che quelli ai quali piacciono le donne non ci pensano proprio a vestirle, semmai la loro principale preoccupazione è svestirle, ma qua passiamo dalle discriminazioni al sessismo ecc., tutto scorretto, lasciamo stare. Però, a parte il fatto che poi gli uomini sembra che in genere, o in maggioranza, chissà se ci sono delle statistiche precise, preferiscono le donne con le curve, queste ultime, per reazione alla prevalenza della magrezza, con quei meccanismi consolatori come i proverbi tipo donna baffuta sempre piaciuta, dicono che le donne vere hanno le curve, e aggiungerei forse anche il colesterolo alto ma lasciamo stare, e a me tutta questa disputa mi pare quasi una guerra ideologica, anche se non ci sono più le ideologie di una volta, quelle così comode che le aprivi e ti spiegavano tutto il mondo e tu non dovevi pensare di tuo perché era già tutto pensato, ma forse ce ne sono altre più specialistiche, chissà, e penso che si parla tanto di accettare le diversità, altra parola imbruttita, di accogliere gli stranieri, ma già  prima, già alla silhouette di una persona iniziamo a storcere il naso. Però ora qualcuno potrebbe dire ma guarda questo che dice delle cose indicibili, e poi su un blog che in fondo parla principalmente di ciclismo, e bisogna stare attenti, si può essere equivocati, già che ci siamo per esempio durante il Delfinato, a specifica domanda, Martinello ha risposto che i ciclisti non portano biancheria intima e lì subito ho pensato che allora neanche le cicliste la portano, e questo potrebbe essere scambiato per sessismo quando invece è solo attenzione alle pari opportunità. Quindi queste sono tutte cose che non si possono scrivere, tanto più se poi era solo per introdurre un video di PJ Harvey, che negli anni 90 era un sex symbol, una cosa che non è fuori luogo nel rock, e se qualcuno pensa ancora male, allora vuol dire che dobbiamo far intervenire l’Autorità, bisogna ricorrere al deus ex machina dell’ipse dixit, non c’è problema, lo facciamo subito, e l’ipse in questo caso è Lux Interior, il purtroppo defunto cantante dei Cramps:

LuxDixit

Ecco fatto. Dicevo quindi che PJH era un sex symbol, eppure è sempre stata magra, di una magrezza che mi verrebbe da definire proverbiale, però siccome non mi pare che esistono proverbi su di lei, non scrivo neanche questo, sono solo chiacchiere, come pure la relazione con Nick Cave, un mostro sacro, per usare un’altra espressione antipatica, uno di quelli troppo idolatrati, tanto che finisce quasi per starti sulle scatole, specie poi se rischi pure di invidiargli le compagne, da Polly Jean a Kylie Minogue, ma queste cose dell’invidia neanche si possono dire. E allora lasciamo le chiacchiere e passiamo ai fatti.  PJ Harvey era la favorita, ma non nel senso cortigiano, di John Peel, uno che di rock ci capiva, lavorava per la BBC mica per La Repubblica, e da quanti anni è che è in giro? Da almeno 25 ed è sempre una delle meglio rocker in circolazione, maschi inclusi, fa sempre bei dischi, comunica sempre tanta energia, e allora lunga vita, anche se stretta, a lei e insomma vedetevi questo video, dove dimostra anche come una magra possa essere sexy e che non a caso si intitola Dress.

L’ultima fuga

Non è un film americano di cassetta, ma una cosa olandese, che riguarda il fuggitivo vegeteriano Maarten Tjallingii, il corridore che è stato in fuga alle ultime Sanremo, più volte al Giro d’Italia, e chissà quanti km di fuga si è fatto in tutta la sua carriera. Oggi l’ultima tappa di una corsa olandese, lo Ster ZLM Toer, vinta stranamente da Vanmarcke che non ci è abituato a vincere, è stata anche l’ultima della carriera di Tjallingii, che ora potremmo pensare che va in fuga dal ciclismo, addio, cambia vita. Però sapete come sono i ciclisti, niente niente l’anno prossimo ce lo ritroviamo in ammiraglia, ma almeno un ds vegetariano non è una notizia.

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