Odio a fumetti

Sì, è vero, anche quando lo incontrai alla fumetteria casertana, quando già mi erano molto piaciute alcune delle prime sue cose viste qua e là e poi l’antologia Apocalypso e la biografia fantasiosa di Garibaldi e la magnifica autobiografia di lui medesimo intitolata Il magnifico lavativo edita da TopiPittori, che quando la chiesi in libreria la commessa mi rispose che cercavo sempre case editrici strane, insomma quando non avevo più niente da comprare in quell’occasione per farci mettere un disegno autografato ma poi per fortuna c’era ancora un libro a più mani, quante mani precisamente non ricordo ma erano più, anche allora, mentre disegnava instancabile gabibbi e garibaldi (da intendere come plurale di Garibaldi), Tuono Pettinato non diceva di no a nessuno, neanche a chi non gli aveva ancora chiesto niente o non glielo avrebbe chiesto comunque o non sarebbe neanche venuto, e quei pochi che erano lì, almeno finché rimasi io, stavano solo cercando i soliti fumetti seriali e quel tipo con la barba, che continuava a disegnare per dei bambini presenti, non sapevano nemmeno chi fosse. Adesso non so quanto sia veramente vero il fatto che lui si è fatto una fama di “fumettista dall’animo gentile”, che se gli si propone “un progetto senza budget” risponde “volentierone”. Posso però dire che negli anni successivi, a parte Corpicino di cui ho già parlato a suo tempo su questo blog, non mi hanno convinto certe cose pubblicate su riviste tipo Linus e Internazionale, e che ho girato al largo dalle remunerative o forse no biografie di insostenibili miti pop come Kurt Cobain e Freddy Mercury, e infine che è stato coinvolto in un progetto senza capo ma soprattutto senza coda come Zeroi. Comunque in questi anni ha represso dentro di sé talmente tanti rifiuti che alla fine è esplosa la cattiveria, o almeno così racconta, e non ha prodotto un fungo atomico, ma L’Odiario, in cui ritroviamo il Tuono Pettinato delle prime cose e di Corpicino, l’umorismo nero e surreale, i riferimenti colti con citazioni proposte sempre nel suo stile, perché non crediate che si parli soprattutto di odio social: se ne parla ma il libro è soprattutto un’apologia dell’odio come anticorpo, come medicina omeopatica contro le tante cose negative che ci sono in giro. L’Odiario è stato pubblicato nel 2016 da  GRRRz Comic Art Books, che poi nel 2017 lo ha ristampato in edizione limitata in una confezione che penso si debba definire deluxe con due spillette una calamita e una sportina (per andare a comprare cosa meglio non saperlo). Alla fine Tuono Pettinato scrive: “cosa c’è di meglio che riversare dello humor nero nel mare di melassa stucchevole dei social network?”

Disegno autografato di Tuono Pettinato.

Come andare in Europa

Ragazzi, però così non si fa. Cassani per questi Europei di domenica prossima a Herning, che si dice sono su un percorso facile, punta tutto su Viviani e non convoca Modolo. Oggi Modolo vince la seconda tappa del Giro di Polonia e Viviani, uomo di punta della Sky nella Prudential Ride London Eccetera, quindi corsa di casa per la squadra e adatta ai velocisti, non arriva nei primi dieci. E ora che si fa?

Fosche prospettive.

Per stavolta passi

I grandi giri sono un’avventura anche solo a seguirli in tv, ma io preferisco le corse in linea e perciò non mi è piaciuto che Michal Kwiatkowski abbia corso il Tour facendo soltanto il gregario di Froome senza cercare mai una vittoria di tappa, tranne forse l’ultima crono. Però almeno il Tour gli ha dato la condizione per vincere la Clasica di San Sebastian, aumentando non solo la quantità ma anche la varietà delle sue vittorie. Oltre al Mondiale e alla Sanremo, Kwiato ha vinto nelle Fiandre (Harelbeke) e nelle Ardenne (Amstel), due volte le Strade Bianche e ora la corsa basca, che una volta era quasi per scalatori, per dire l’ha vinta 3 volte Lejarreta, ma ora sta diventando quasi tipo Sanremo, dato che cercano sempre salite nuove per fare selezione. Ora se mantiene la forma Kwiatkowski può far bene sia agli imminenti Europei che ai Mondiali, sia in linea, dove lottare col suo rivale generazionale Sagan che oggi ha vinto proprio in Polonia, sia a crono, dove c’è una congiuntura favorevole. Ma oggi c’è stato anche chi ha detto che Landa ha dovuto “ingoiare un altro boccone amaro” perché anche stavolta ha lavorato per un compagno di club, e mi chiedo se le persone così sensibili che si dispiacciono di questa cosa non sono gli stessi che in passato accusavano il basco di non essere gregario leale di Aru. Beh, Landa la sua opportunità se l’è giocata più volte, ma se è scattato in salita e gli è andato dietro Gallopin, lui che in volata ha perso con Nibali nulla poteva contro il francese che si butta anche in volate di gruppo. Ha tentato anche da finisseur e buon per la squadra che Dumoulin, una volta raggiuntolo, non abbia tirato dritto e che Gallopin abbia portato sotto Kwiatkowski. Ma nel ciclismo bisogna anche essere pronti a cogliere le occasioni e non tutti ne sono capaci.

E a Bakelants niente.

 

ANNUNCIO: Apertura Estiva

Agosto è alle porte, ma le porte sono già chiuse, la gente vanno in ferie, e in città è difficile trovare un blog aperto. Con grande senso di responsabilità questo blog resterà aperto per assicurare i servizi inessenziali: insopportabili chiacchiere sul ciclismo, video che nessuno vuole vedere, libri che nessuno vuole leggere con figure che nessuno vuole guardare, e se tutto va male anche qualche vignetta disegnata peggio. Per il resto buone vacanze.

LA ZERIBA SUONATA – a dispetto

Negli anni zero, che non so quando inizierà il revival ma penso è questione di poco, a dispetto del prestigio musicale e anche sociale, visti gli atteggiamenti da star, raggiunto dai diggéi che facevano tutto da soli, se la cantavano (semmai proprio quello no, si trovava sempre qualche feat) se la suonavano e se la campionavano da soli, c’erano in giro diversi grossi ensemble di gente che cantava e suonava in compagnia. Dagli svedesi The Concretes agli americani Polyphonic Spree, dagli I’m From Barcelona che a dispetto del nome sono svedesi agli Architecture in Helsinki che a dispetto del nome sono australiani, se non erano almeno in otto si sentivano un po’ soli. Poi c’erano i canadesi Broken Social Scene con cui cantava anche Feist, e ci sono ancora, anzi, hanno appena fatto uscire l’album Hug Of Thunder, e, a dispetto del fatto che da poco sia uscita col suo nuovo album diciamo solista, che pure lei ha la sua band personale, comunque c’è ancora Feist, che, per chi non conoscesse la cantante più simpatica del mondo o giù di lì, nel video è quella vestita di bianco.

 

Un fumetto estivo e pure diaboliko

All’inizio era cinico e spietato, una carogna, poi col tempo si è preoccupato di diventare socialmente accettabile, politicamente corretto, ed ora combatte contro trafficanti di droga, di organi o di armi, scafisti, pedofili, femminicidi, furbetti dei quartierini e dei cartellini e anche falsi invalidi. Ma se è un personaggio che dura da oltre 50 anni, e per i mitomani è un vero mito, Diabolik lo deve proprio ai suoi inizi cattivi. E a quello lì ha pensato una coppia di autori quando ha realizzato Estate Diabolika, un fumetto che più francobelga non si può: infatti lo sceneggiatore Thierry Smolderen è belga e Alexandre Clerisse è un disegnatore francese, ispirato dal pop anni sessanta, che qui tra l’altro rende un esplicito omaggio allo stile psichedelico di Guy Peellaert, un culto di quel periodo con i fumetti Jodelle e Pravda, roba che purtroppo non si trova più e nessuno si preoccupa di ristampare. La storia, pubblicata da Bao nel 2015 (originale L’Eté Diabolik; Dargaud, 2015) , non è però una faccenda di furti di gioielli e di nobili dalla doppia vita; le doppie vite ci sono, ma qui ci sono in ballo cose ben più grandi che quattro pietre luccicanti; ma non vi dico nient’altro per non rovinarvi la lettura e il finale, come si diceva prima dell’invenzione degli spoiler.

I Misteri Di Parigi

A chiusura del Tour de France 2017 si potevano dare i voti, e io per esempio a Kwiatkowski, il miglior gregario di Froome, non avrei dato un voto positivo, perché ciclisti da classiche come Sagan e Van Avermaet, che non gli sono superiori, anzi potenzialmente lui potrebbe essere il nuovo Gilbert, non avrebbero lavorato tanto per il leader e si sarebbero riservati le loro occasioni. Oppure si potevano assegnare i compiti per Les Grandes Fêtes, e a Froome, che in una conferenza stampa avrebbe detto che i suoi riferimenti sono Armstrong e Landis, gli farei fare un corso di disaggiornamento con Beppe Conti, una serie di lezioni di storia, avendo cura di tralasciare la rissa tra Taccone e Manzaneque, perché il Froome che è andato a dare una spallata ad Aru dopo il famoso mancato fairplay mi ricorda un po’ l’Armstrong che andò in caccia di Filippo Simeoni, e quindi meglio non dargli altri esempi negativi. Oppure si potrebbero rilevare delle tendenze conclamate da questo Tour e dall’annata, in particolare la fine del periodo d’oro di Spagna e Gran Bretagna. La Spagna infatti non ha degni eredi di Rodriguez che si è ritirato, di Contador che farebbe bene a seguirlo, e di Valverde che sarà già tanto se tornerà a far bene nelle corse in linea. Mentre per la Gran Bretagna, che ora domina con un ciclista quasi trovato per strada, un buon (almeno si spera) selvaggio recuperato alla civiltà e addomesticato dai testoni della Sky, quel travaso continuo di campioni dalla pista alla strada, che qualche anno fa ci sembrava un progetto generale, non si è verificato, anzi, gli ultimi pistard titolati corrono ancora in piccole squadre, in cui comunque non hanno fatto niente di rilevante su strada. Insomma si poteva fare una di queste cose quasi serie. E invece, a conclusione del Tour, la Zeriba Illustrata ha deciso di parlare di 5 Misteri del ciclismo di questi ultimi anni, di cui 4 sembrano ormai svelati da questo Tour, mentre il quinto continua a rimanere tale.

Il Mistero dell’Auto Nera.

Al Tour del 2011 un’auto nera al seguito del Tour, in una manovra azzardata, buttò due ciclisti che erano in fuga, Flecha e Hoogerland, sul filo spinato lungo la strada, procurandogli diverse ferite. L’auto aveva i vetri scuri e comunque non si è mai saputo chi ci fosse dentro. Ora sembra ormai accertato che vi fosse il giovane Arnaud Démare che faceva scuola guida.

Il Mistero dei Ciclisti in Nero.

Dato che non si vive di soli UFO, qualche anno fa ci furono diversi avvistamenti di un gruppo di ciclisti che passavano la frontiera con le bici e le divise coperte per non farsi riconoscere. Qualcuno disse che incontravano qualche cosiddetto stregone del doping. Invece si trattava di Jan Bakelants e alcuni suoi amici che andavano all’edicola di qualche paesino in cui non li conoscevano a comprare giornali con foto diciamo artistiche.

Il Mistero delle Due Anime dell’Astana.

Mefistofele era andato al quartier generale dell’Astana a proporre un patto: gli avrebbe fatto vincere il Tour ma in cambio gli avrebbero dovuto dare la loro anima. Gli Astana gli chiesero se voleva l’anima kazaka o quella italiana. Sconcertato, Mefistofele li mandò al diavolo e se ne andò senza farne nulla.

Il Mistero Di Henao.

Sergio Henao era un giovane promettente, che ha vinto poco, un paio di volte è stato fermato, poi stava quasi per vincere le Olimpiadi, sembrava recuperato, ha vinto la Parigi-Nizza, ma al Tour ha deluso. Sapete come sono in certi paesi che non fanno parte dell’Occidente consumista, ci tengono molto alle loro radici, ai loro valori, e di valori Henao ne ha tanti, soprattutto ematici, ed essendo extracomunitario ha chiesto il doppio passaporto, biologico si intende.

Il Mistero della RAI.

Questo infine è il mistero irrisolto: come fanno alla RAI a essere sempre così pesanti, cervellotici e contraddittori. Una Ads mai così insopportabile, che spesso ha ripreso la parola ripetendo l’ultima frase di chi aveva parlato, discussioni inutili e interminabili sempre sugli stessi argomenti, tante chiacchiere sull’operato a favore del ciclismo femminile e nel concreto una finestrella per il Giro Donne e niente per La Course anche se trasmessa integralmente dai francesi, l’immagine ristretta per didascalie con una valanga di dati statistici inutili, non un canale fisso ma cambi da uno all’altro e saluti ai telespettatori del canale dove riprendevano la diretta, come se ci fossero persone che abitano in una frequenza o che hanno i pulsanti del telecomando rotti, lo stalking all’Astana i cui tecnici sogneranno di notte le incursioni di De Luca, i pareri contraddittori sul Tour del tipo è meglio il Giro e quando si arriva a Parigi è un’emozione unica, e chissà quante altre cose che ora dimentico, fino al gran finale con l’ultima tappa particolarmente maltrattata. Diciamo che qui ci si è messa pure la tv francese, che, ad esempio, ha cambiato due volte bruscamente l’inquadratura durante la volata, illusa da una rimonta di Greipel su Groenewegen che è stata incompleta, e non ha fatto capire niente; e poi ci si chiede perché i francesi, che dovrebbero avere ormai capito come va a rilento l’avvicinamento a Parigi con brindisi foto interviste e, novità di cui non si sentiva la mancanza, gavettoni, non adeguino tempi o lunghezza del percorso. Ma di suo la RAI ci ha messo cambi di rete, per poi perdere ugualmente le premiazioni, chiacchiere stantie all’inizio, e, quando la corsa arriva a Parigi, il racconto frenetico di tutte le tappe, che c’era da farsi venire il mal di testa. E questo a danno anche della suggestione dell’ultima tappa; io non so più da quanti anni ormai vedo questo carosello parigino, che ormai non mi fa più particolare impressione, ma ho avuto modo di apprezzarlo bene in passato, soprattutto negli anni 90, ai tempi di telecronache meno confuse. Ma mi chiedo uno che inizia a seguire il Tour in questi anni di interruzioni continue e cicaleccio fastidioso quanto può apprezzare lo spettacolo del gran finale. Mistero.