PERLINE DI SPORT – un po’ prima

Un po’ di ore prima che alla Coppa Sabatini finalmente vincesse Pasqualon, un altro migliorato dopo il benservito dalla Bardiani e al quale il Tour corso con grande entusiasmo deve aver fatto bene, i tifosi si lamentavano sui social per lo stato del ciclismo italiano, perché un giorno vince il vecchio britannico, l’altro vince il giovane francese, e gli italiani niente. Qualcuno fa osservare che una volta c’erano meno concorrenti, il ciclismo non era così diffuso nel mondo, e un tifoso in particolare, su gazzetta.it, ricorda che al Giro del 1979, un po’ di decenni prima di Hunter Impey e Meintjes, il sudafricano Alan Van Heerden vinse una tappa e, quando sul palco iniziò a parlare in afrikaans, De Zan gli chiese se sapeva un’altra lingua e lui gli rispose che conosceva il fiammingo, lingua che De Zan tentò di imparare rinunciandovi abbastanza presto.

Anche Van Heerden fu costretto a una rinuncia, quella al ciclismo professionale occidentale, per l’esclusione del Sudafrica dal CIO ai tempi dell’apartheid, un po’ di anni prima che i razzisti si arrendessero a Bono Vox che minacciava di cantargli tutto Rattle & Hum. Questo episodio di Van Heerden non lo ricordavo, però non è un problema, si rimedia subito, altrimenti internet che ci sta a fare.

E pensate quando il ciclismo si diffonderà anche nel Nambia.

LA ZERIBA SUONATA – Musicisti, andate a casa!

In principio erano i francesi Daft Punk che ebbero grande successo con l’album Homework da cui fu tratto il singolo Around The World, nel cui video strani personaggi come teschi mummie alieni e ballerine facevano una specie di girotondo (nessun riferimento alla politica italiana di quel periodo). Poi arrivarono gli americani LCD Soundsystem di James Murphy che fecero un pezzo intitolato Daft Punk is playing at my house in cui c’erano gli stessi personaggi del video di Around The World.

Allora l’italiana Tying Tiffany pensò bene di continuare in questo genere di omaggio ospitale e fece una canzone intitolata Lcd Sound System is playing at my house.

E qui credo che si sia spezzata la catena, perché non mi risultano altre puntate. Da parte mia posso dirvi che Tying Tiffany non ha mai suonato a casa mia, neanche al citofono.

La storia che si ripete

Durante l’annata, ogni tanto capita la gara che pensi questa è la volta buona, questa volta ce la fa, stavolta vince, e poi invece no, ogni volta o gli manca quel qualcosa o esce uno più bravo di lui almeno quel giorno, e si ripete ancora una volta la storia di Giovannino Perdicorse.

Quello che hanno detto i Mondiali ma l’Italia non stava ascoltando

I Mondiali hanno detto qualcosa mentre l’Italia aveva le orecchie tappate dalle medaglie degli juniores, a cui qualche giornalista istituzionale aggiungeva la nomina a vicepresidente dell’UCI di Renato Di Rocco, uno che stava con Verbruggen, poi con McQuaid, poi con Cookson e ora con Lappartient, e basta questo per dire tutto. Ma in realtà per chi voleva ascoltare c’era già stata un’anticipazione interessante prima delle medaglie, prima dei mondiali: la pubblicazione del Calendario 2018 delle corse UCI, cioè internazionali. Tra le corse che si disputano in Italia solo sette sono quelle femminili, due a tappe (non c’è il Trentino), e cinque in linea, le altre gare che si corrono in Italia sono open con juniores e élite meno forti. Le gare maschili fanno gruppo, si fanno forza tra di loro in primavera e in autunno, e visto che nessuna corsa andava a fare compagnia all’unica estiva, il Matteotti, la corsa abruzzese si è aggregata a quelle autunnali. E, per quanto anche in Italia ci siano squadre continental, intermedie tra il dilettantismo e il professionismo, c’è una netta divisione tra i due mondi che Cassani a volte cerca di infrangere con la sua nazionale. Invece all’estero è tutto più fluido, in Francia Belgio e Olanda non c’è praticamente differenza tra corse HC 1 e 2, corrono le stesse squadre e si corre molto, e su chilometraggi seri, casi come la vittoria di Zamparella al Pantani si verificano spesso, e addirittura in Francia ci sono state due corse nel giorno del Mondiale. Purtroppo, si è notato durante il mondiale under 23, qui è ancora diffuso il beppecontismo, il rimpianto per un ciclismo che non esiste più, migliore o peggiore non conta, semplicemente non esiste più e bisognerebbe muoversi nell’esistente, e di certo rimpiangere il dilettantismo in bianco e nero significa dimenticarsi dei dilettanti veterani, non solo dell’est. Ancora si sta a guardare se l’under è professionista o dilettante, eppure basterebbe pensare che nell’under calcistica non solo non si fanno questi problemi, ma ammettono anche i fuori quota. Allora cosa confermano i mondiali che era già stato anticipato dal calendario? Confermano che qui nascono i buoni ciclisti, ma sono sempre nati, però crescere è un altro discorso, il primo campione del mondo junior fu Roberto Visentini, ma non tutti, sia uomini che donne, hanno fatto la sua carriera. Poi si passa nelle categorie superiori, dove le squadre under pensano soprattutto a vincere le corsette di campanile, e infine al professionismo e si va all’estero. E’ fuorviante pensare che ci siano squadre World Tour mezze italiane, perché UAE e Bahrain vanno a correre dove conviene allo sponsor. E le donne uguale, tutte le migliori sono andate in squadre straniere, è rimasta solo la Bastianelli, forse perché ha famiglia. Forse in questi ultimi anni sono un po’ aumentate le medaglie juniores, ma sono diminuite quelle nelle altre categorie. Ma il problema, più che le medaglie per soddisfare i tifosi e i nazionalisti, riguarda in generale l’attività in Italia. Se si aggiunge che ci sono discipline quasi affidate a famiglie di buona volontà, come la velocità e il ciclocross, e che qui un anno si corre il Giro d’Italia di cross e non la Coppa del Mondo, l’anno dopo una gara di Coppa ma non il Giro d’Italia, e che ad oggi c’è un solo velodromo coperto e quelli scoperti sono guardati dagli altri sport come un lupo guarda una pecora, viene da chiedersi come mai questo paese ciclisticamente arretrato abbia un vicepresidente UCI e di cosa questi possa vantarsi. E così ieri, passato il Mondiale, è partita la seconda tranche di gare autunnali col Giro di Toscana, ha vinto l’anglotoscano Cummings al termine di una fuga promossa dal siculotoscano Nibali, e quindi niente di nuovo.

LA ZERIBA SUONATA – Arrivederci in Austria

Il mondiale artico è finito e già si pensa al prossimo che si disputerà in Austria. Il percorso sarà durissimo, adatto agli scalatori, per cui può succedere che nel cuore della Mitteleuropa vinca un corridore dell’America latina. Mi piacerebbe sentire il parere del Commissario Tecnico Cassani o del “Commissario” Saligari.

una cosa così strana

E’ stata una cosa così strana vedere questi prati e il sole e il caldo e il pubblico in abiti estivi. Era strano perché in questo contesto ti saresti aspettato delle mountain bike e invece c’erano le bici da ciclocross, che, dato il clima insolito, avevano anche le borracce che normalmente non servono per una gara di un’ora, corsa al freddo, con la bici che salta e viene portata in spalla. Ma il ciclocross cerca nuove frontiere, per farlo deve allargare la stagione, e nell’Iowa l’altra domenica e a Waterloo ieri faceva molto caldo. E allora mi viene in mente Sven Nys, che in circa 20 anni ha vinto tutto quello che poteva e anche qualcosa in più, ma per poter partecipare alle Olimpiadi si adattò alla mtb e dovette adeguarsi al detto di De Coubertin che l’importante è partecipare. Forse per questo Nys vorrebbe far inserire il ciclocross nel programma delle Olimpiadi invernali, in combutta con la corsa campestre. Ma forse della cosa è meglio che se ne parli quando ci saranno condizioni climatiche più favorevoli.

Predizioni

Bergen è la città più piovosa d’Europa e durante i Mondiali si prevede pioggia. Infatti in questi giorni c’è stato spesso il sole e neanche oggi ha piovuto. Ma gli italiani si auguravano la pioggia, perché Colbrelli e Trentin vanno forte col bagnato e poi la corsa viene più selettiva, dimentichi della lezione di Firenze 2013. Successe che Nibali vinse la Tirreno Adriatico attaccando Froome nella discesa bagnata e allora se il  ciclismo non è un’opinione se piove al Mondiale vince Nibali. Al Mondiale venne a piovere, Nibali scivolò sul bagnato. Però quando quelli della RAI sono sbarcati a Bergen doveva essere brutto tempo, perché Pancani ha raccontato di aver predetto che Martinello oggi sarebbe stato raffreddato. E oggi Martinello aveva la voce più che roca, e peccato allora che Pancani non lavori più a contatto con AdS. Scopro che a Bergen è stata girata qualche scena dell’ultimo film del sedicente comico Checco Zalone, quel film che è piaciuto alla Confindustria e ai giornali della Confindustria (praticamente tutti), e Cassani dice che la sua non è una nazionale da posto fisso, per questo non ha portato gente che si mette in testa a tirare come Oss (e allora perché Puccio?), ma è una squadra per correre all’attacco e ha portato De Marchi. Ma il cosiddetto “Rosso di Buja” in questo periodo non è quello che 2/3 anni fa attaccava e vinceva pure, è uno che mi pare prigioniero di quel ruolo, fa di mestiere quello che va all’attacco perché ormai gli tocca ma alla Vuelta non è arrivato mai alla fine. E De Marchi entra in una fuga, ma è quella sbagliata, perché ci sono Wellens e Boom che anche loro  vanno forte col bagnato ma la strada è asciutta, e poi l’olandese avrebbe fatto meglio a tentare la botta da finisseur piuttosto che questo attacco da lontano. Quelli della RAI elogiano De Marchi, è un corridore solido, se dovessimo fare una squadra sarebbe il primo nome da prendere in considerazione, e, finita questa frase, il primo nome è anche il primo che si stacca dalla fuga. La salita di Salmon Hill è il punto chiave della corsa, in RAI lo sanno bene, e infatti al terzultimo passaggio ne approfittano per l’ormai famosa tarantella del cambio di rete, si passa da RAISport a RAI3 e, se uno non conoscesse la RAI, si aspetterebbe di trovare dall’altra parte la tavola già imbandita con le immagini della corsa dove l’avevamo lasciata. Invece ci sono giornalisti e politici che già normalmente non ispirano simpatia, figuriamoci ora che si mettono davanti alla corsa. In compenso al penultimo passaggio si pensa bene di mandare la pubblicità. Cassani aveva parlato di corsa d’attacco, ma forse con i suoi non si è spiegato bene, oppure intendeva soltanto di aggregarsi agli attacchi degli altri. Ma gli altri non fanno il “casino” auspicato da Cassani, pochi attacchi e mai più uomini per squadra. Comunque in questa fase si muovono bene Bettiol, Ulissi (chi l’avrebbe mai detto? Siamo forse al tanto atteso salto di qualità del livornese?) e poi Moscon, l’unico che riesce ad andare dietro all’annunciato Alaphilippe. Il tempo per quelli della RAI di elogiare Moscon, corridore che può fare tutto, e il francese stacca l’italiano nel tratto in pavé e la regia norvegese a 3 km dalla fine stacca le immagini, non ci sono più riprese dalla corsa, e stavolta è un problema tecnico, non come nei giorni scorsi quando la regia eccedeva in immagini turistiche e a volte non riusciva a essere nel vivo della corsa. Se la RAI avesse mandato la pubblicità non ci saremmo persi niente. Ci sono le telecamere fisse dall’ultimo km, aspettiamo di vedere spuntare Alaphilippe ancora in testa o il gruppo ricompattato, e invece sbuca un olandese, anzi no, un danese, addirittura Juul Jensen, anzi no, Cort Nielsen, ma Bettiol tira, non si capisce per chi, c’è Trentin, ma c’è anche Sagan, che vince il terzo mondiale consecutivo nonostante il pronostico sfavorevole di BeppeConti, cosa mai accaduta il tris consecutivo, battendo al fotofinish Kristoff, e Viviani potrebbe dire chi di fotofinish ferisce di fotofinish perisce. Meno male che Kristoff non ce l’ha fatta, così per un po’ potremo vedere nelle corse la maglia eurostellata. L’Italia dal 2008 non vince il mondiale e dal 2013 non vince la medaglia di legno, e Trentin riesce a centrare l’obiettivo minore, poi si lamenta, ma dovrebbe ringraziare che Gaviria si è suicidato andando dietro al danese misterioso invece di attendere la volata. E si torna in studio, dove AdS è sempre più insostenibile e quasi zittisce le opinioni a lei non gradite per imporre la sua, ovviamente assolutoria per Cassani, senza ancora sapere che l’ammiraglia è colpevole anche della successiva squalifica di Moscon per traino, cosa di cui Martinello aveva avvisato in diretta . Ma il cittì almeno ha centrato la previsione di un arrivo di 30/40 in volata, mentre BeppeConti ripete sempre la stessa cosa, che Sagan non sbaglia niente, ma sarebbe il caso di aggiungere che non sbaglia niente al mondiale ma nelle classiche sbaglia eccome. Si parla di Moscon come ciclista per il futuro, ma Argentin con un po’ di buon senso precisa che al Mondiale non si va per vedere il corridore del futuro ma per giocarsi le proprie carte. Oggi come in altri giorni nello studio RAI ci sono stati ospiti illustri, solo ieri per la gara delle donne non c’era nessuno, eppure qualcuna si poteva chiamare, ma bisognava stare attenti, perché se si invitava la Luperini, o la Bonanomi, o la Chiappa, poteva essere uno shock per tutti scoprire che si vincevano le medaglie anche prima di Salvoldi. Infine Colbrelli, era uno di quelli che auspicavano la pioggia, non ha piovuto, ufficialmente è arrivato 59esimo ma forse è ancora lì che cerca di bagnare il percorso con l’acqua delle borracce.

Oro (Blaak) incenso (RAI) e birra (tifosi olandesi)

Come si fa promozione al ciclismo femminile? Semplice: durante la diretta del mondiale donne, nel famigerato studio della RAI si parla del mondiale maschile del giorno dopo, poi, finita la corsa, invece di parlare di questa, si parla di quella sempre maschile sempre del giorno dopo. Pare che la gara femminile serva soprattutto a capire com’è il percorso, e pare proprio che gli italiani non avevano capito granché. Un mondiale facile, l’Italia ha portato i velocisti, che stupide le altre nazionali che non li hanno portati, e invece finora quando non è arrivato uno da solo ne sono arrivati due non di più. E la promozione del ciclismo femminile si fa pure dicendo che anche nella gara delle donne è arrivato l’uomo solo. L’Italia ha portato tanti giovani, ma oggi sono venute fuori le cicliste esperte; le migliori italiane sono state la veterana Guderzo e la Ratto, che paradossalmente in una nazionale giovanissima fa la veterana, e in fondo la cosa più positiva del mondiale per l’Italia è stato proprio l’averla ritrovata, ma, come già a Firenze 2013, prima ha lavorato per le altre, poi, quando le altre sono venute meno, le energie residue erano poche. Non so se sia stato un bene buttare nella mischia due giovanissime, per di più in una gara molto lunga, e certo avrebbe fatto comodo l’esperta e tenace Marta Bastianelli, ma le scelte del cittì che ha vinto duecentotot medaglie è vietato discuterle, si rischia di passare per eretici e sovversivi. Che poi sarebbe il caso di parametrarle tutte queste medaglie, perché quando si è cittì di strada e pista, di élite under23 e juniores, le medaglie in palio ogni anno sono moltissime e quindi fate un po’ voi. E poi ci sarebbe anche una cosa da ricordare ai distratti, a quelli che si avvicinano ora al ciclismo e anche agli incensatori pubblici, cioè che si potrebbe fare un elenco lunghissimo di atlete che hanno vinto medaglie mondiali e olimpiche, su strada e su pista, tra le élite e le giovani, e poi classiche internazionale e classifiche e tappe di Giro e Tour, e anche un oro e un bronzo nella 50 km a squadre che vuol dire appunto squadra e non singolo, anzi, singola, tutto questo prima del 2001, per cui il ciclismo femminile in Italia non l’ha inventato l’attuale cittì. E un’altra cosa che fanno gli incensatori pubblici è parlare tanto dello spirito di squadra dell’Italia, e un grande esempio ne è stata oggi la solita ELB che non era in giornata ma si è spesa moltissimo per riportare sul gruppo la Cecchini che era caduta e che anche grazie a questo aiuto è riuscita ad arrivare decima, anche se sembra che alla Cecchini manchi sempre quel qualcosa, perché in fondo non è stata l’unica a cadere, visto che anche la vincitrice era sbucciata. Ma dicevo gli incensatori, a sentirli sembra come se quello spirito di squadra fosse esclusiva dell’Italia, e invece l’Olanda, piena di stelle che possono tutte legittimamente ambire a vincere, sia oggi che agli ancora freschi europei ha corso e vinto da squadra, e quando ce n’erano tre in testa è partita la meno forte, Chantal Blaak, e forse proprio lei mai avrebbe pensato di vincere o semmai non proprio oggi che era caduta. E pure la quasi invisibile Marianne, marcata ad personam dall’acerrima rivale Bronzini, l’ha trascinata con sé in fondo al gruppo e poi alla deriva, insomma, in ritardo, togliendo una pericolosa avversaria dalla lotta per la vittoria.

Quelli della RAI alla fine l’hanno chiamato Chantal Black. Forse avevano visto questa foto?