Se mettete insieme un uomo e una donna questi possono fare tante cose insieme, tipo un disco. Ma se lui si chiama Kurt e lei Courtney non è detto che viene bene, almeno finora così era andata. Però se lui è fondamentalmente vivo, anche se sembra sempre avere gli occhi mezzi chiusi, ed è un chitarrista americano molto chitarroso con una voce nasale anch’essa americana, e lei è un’australiana che non litiga con Madonna e non cerca i suoi 15.000 minuti di celebrità, allora può venir fuori un bel disco. Courtney Barnett e Kurt Vile se ne sono usciti con questo Lotta Sea Lice, per Milk!Records/Matador, in cui suonano vari musicisti, tra cui Stella Mozgawa che da quando è entrata nelle Warpaint è diventata un po’ una prezzemolina, ma va bene così. Li trovate tutti in questa Continental Breakfast, una canzone e un video che mettono di buon umore, non è roba da depressione o suicidio.
Mese: ottobre 2017
La Cina è vicina
Ma dico io, possibile che la Cina è un paese così vasto, si potrebbe correre con tutti i climi, su tutti i monti, in tutti i luoghi, in tutti i laghi, beh, semmai nelle zone dei laghi si corre (Qinghai, Taihu), e invece la stragrande maggioranza delle corse UCI sono piattissime? Buon per le squadre italiane che fanno più affari di Marco Polo portando i loro velocisti a fare man bassa (scusate l’espressione obsoleta) di vittorie e piazzamenti che in Italia se li sognano.
Quello che Sio non dice
E’ uscito il n. 12 di Scottecs, il sempre atteso trimestrale (che detto così sembra una cosa seria e invece ci sono solo “fumetti e cose furbuffe”), e dentro c’è un reportaggio, un diario del viaggio in Islanda Groenlandia e Isole Svalbard fatto da Sio medesimo, che sarebbe l’autore del giornalino, e due complici suoi pari, pensate un po’, in bicicletta. Quello che Sio non dice è che quest’estate, dato che i campionati europei si disputavano nella vicina Danimarca e sembrava brutto non partecipare, capace che i danesi si offendevano, e quelli sono pur sempre vikinghi ed è meglio non farli arrabbiare, insomma hanno partecipato anche gli islandesi Agusta Edda Bjornsdottir nella gara femminile e Anton Orn Elfarsson in quella maschile, ma entrambi si sono ritirati. Diciamo che gli islandesi vanno meglio nella musica, lì non c’è competizione per i danesi.
Ehi, ma questo non è un diario di viaggio, è la solita storia folle di Sio. Rivoglio i soldi indietro, spicci cortesemente che non ho il resto.
LA ZERIBA SUONATA – con fatica
Chi non lo segue farà fatica a pensare che quell’uomo diciamo anziano e sovrappeso era uno spogliarellista e ballerino prima di diventare Artista del Popolo Italiano. E a sentire le sue canzoni farà altrettanta fatica a credere che sia uno dei CCCP – Fedeli alla linea, ma non per demerito, che anzi ne è l’unico degno erede, ma proprio per quello che sono diventati gli altri. Pareva che il problema, ammesso che ci sia un problema, fosse che Ferretti la pensasse a destra o a manca, ma il problema, ammesso che ci sia un problema, è in realtà che i membri di quel gruppo trasgressivo, per cui tale parola non era affatto fuoriluogo o abusata, sono diventati dei reduci tristi. Fatur è invece sempre lì a fare rockpunkdance, musica rozza e scherzosa, a dare la sua versione del futurismo, e ora nel suo quinto album, intitolato Strafatur e pubblicato dalla Universal, anche a parafrasare gli Skiantos in Zanzare Kmer. Ci sono rime baciate che solo lui può permettersi: I am a very old friketon / Giro tutto il giorno con il furgon. Ma qui non è il gioco fine a sé stesso o a fine di evasione, perché non evade la realtà ma ci sta dentro più di altri, ad esempio i personaggi delle “sue” discoteche non sono la gioventù bella e solare che vogliono far credere certi dj-star, ma sono ubriaconi, litigiosi e cabeze vuote. Purtroppo ho faticato a cercare un video tratto da Strafatur ma non l’ho trovato, e allora prima vi propongo una breve lectio magistralis sulla storia dell’Appennino reggiano e sulle attività ricreative che ivi si svolgevano tenuta dal Profatur
e poi comunque un brano musicale, anche se vecchio, altrimenti che zeriba suonata sarebbe. Eccovi Trabant punk, tratto dall’album Faturismo del 2000, che è un perfetto esempio dell’immaginario, della musica e dei giochi di parole di Fatur.
A spasso con la Zeriba – Bonjour Tours
Come sono i luoghi ciclistici nei giorni normali, cioè quei luoghi dove passano o arrivano le corse ciclistiche in tutti gli altri giorni dell’anno? Forse certe salite senza pubblico si fatica a riconoscerle, anche se qualche cicloamatore che ci prova lo si trova sempre. Ma prendiamo qualche altro posto, un rettilineo d’arrivo, e prendiamo uno dei più belli e lunghi, l’Avenue de Grammont dove arriva la Paris-Tours, anche se accorciato da qualche anno per colpa della tranvia che doveva passare di lì, che io questa cosa dei tram che hanno il percorso obbligato e non possono scartare o deviare non la capisco, mettete le navette e lasciateci il rettilineo di oltre 2 km che non finiva mai e poteva succedere di tutto, anche che il fuggitivo mantenesse i pochi secondi di vantaggio o che, ripreso, partisse di nuovo, cose da pazzi pure queste. E facciamo quindi un viaggio stanziale tramite stritviù, che quelli non penso vanno a fare le foto proprio il giorno della corsa. Beh, alla fine è un bel viale, e se non c’era il tram era anche meglio.
E infine mettiamoci pure una cartolina postale che ci sta sempre bene.
Au revoir Tours.
LA ZERIBA SUONATA – Anna che non è italiana, proprio come Emiliana
Al negozio che frequento arrivano nuovi dischi usati, e non è un ossimoro, e mi incuriosisce un nome: Anna Luca; sarà italiana, no è tedesca, canta occasionalmente con i Club de Belugas, eurogruppo di jazz easy-latin-lounge-nu-retro-swing, che a riascoltarlo dopo aver sentito Anna.Luca (a volte scritto col punto in mezzo) ho l’impressione che i pezzi migliori siano proprio quelli da lei cantati. Da solista, ma non da sola, Anna Luca nel 2014 ha inciso Listen And Wait per la Chinchin. La sua voce ricorda un po’ quella di Emiliana Torrini, che non è italiana ma islandese, e la sua musica è più pop rispetto a quella del collettivo, perché dagli anni 90 si dice anche così, forse perché suona più “artistico”. Questa è Miracle Of Love, una canzone che potete cantare sotto la doccia, anche se non abitate in un loft che un collettivo di architetti tedeschi ha ricavato da un vecchio deposito di stoccafisso.
Direi che i pezzi migliori sono quelli dalle parti di Kate Bush Bjork e Torrini stessa, come Listen and wait. E se si deve listen ascoltiamo, ma wait cosa dobbiamo aspettare? Il prossimo disco? Va bene, ci sto.
parte di una comunità
LA ZERIBA SUONATA – slow music
Non avete ancora comprato Masseducation? Vabbe’, allora ci ritorno. Se tutto il glamour dell’operazione non vi permette di apprezzare appieno le canzoni, ecco allora una versione acustica di Slow Disco eseguita da una versione dimessa di St. Vincent, con un paio di occhiali taglia XL che le scendono continuamente dal naso taglia S.
La bella Sofia
L’anno scorso ha vinto la Coppa del Mondo grazie alla sua regolarità, ma Sophie De Boer, molti piazzamenti e poche vittorie, non riesce a essere la numero 1 del ciclocross, e per di più ieri sul percorso sabbioso di Koksijde è stata conclamata una nuova big della disciplina, Maud Kaptheijns, un’avversaria in più. Ma ora anche il primato estetico di Sophie è in discussione, perché alle giovani avversarie già note e notate, di cui non faccio i nomi perché non sarebbe una cosa simpatica, ma è chiaro che mi riferisco per esempio a Worst e Arzuffi, ieri si è aggiunta la stella della mtb Jolanda Neff, e c’è da dire che la svizzera, facilmente riconoscibile per la sua capigliatura ricciobionda, può competere anche dal lato agonistico, perché, partita dall’ultima fila per mancanza di punti, si è presto portata tra le prime, e le sue versatili doti le ha dimostrate vincendo anche su strada. Tornando alla bella Sophie, ha colpito pure Andrea De Luca, sempre sensibile a questo aspetto, anche se per i primi giri l’ha chiamata Van Looy. Ma questa non è stata l’unica performance del cronista gaudente. Intanto, sia lui che il commentatore Bramati hanno rivissuto i loro traumi, il primo perché il campanello che segnalava l’ultimo giro, sostituendo la tradizionale campanella analogica, gli ricordava quello delle scuole (e viene da chiedersi perché ne abbia un ricordo così brutto? Forse non era in una classe mista?), mentre Bramati per la centomilionesima volta ha ricordato la sua sconfitta mondiale contro Van Der Poel padre. Infine c’è l’ennesimo tentativo di scorgere inimicizie con la psicologia del dopo corsa, e De Luca ha notato che il saluto del vincitore Van Der Poel figlio è stato più caloroso col secondo e connazionale Van Der Haar che con l’acerrimo nemico Van Aert. Ma al rivale col quale da anni lotta, a volte al limite del regolamento, gli ha stretto la mano e fatto l’occhiolino, cos’altro doveva fare, dedicargli un panegirico?
Marcolino Sempre in piedi
La prima volta non si può dire che sia balzato agli onori delle cronache, almeno non in senso letterale, perché non balzò ma semplicemente rimase in piedi lì dov’era, a tirare la volata verso Matera, ma mezzo gruppo cadde a terra e, non avendo più a chi tirare la volata, tirò dritto perché una tappa del Giro, anche se trovata … per terra, non si butta via, ma, purtroppo per lui, era rimasto in piedi anche quel pastore tedesco cagnaccio poliziotto di Giovanni Degenkolb, uno che era fortissimo prima dell’incidente, che lo raggiunse e superò, e Marco Canola ci rimase male. Ma l’anno dopo la tappa al Giro se la prese con forza e con merito, e una squadra professional, per cui un corridore capace di vincere una tappa è prezioso, deve solo preoccuparsi che una squadra più ricca non se lo porti via. Però Canola correva con la squadra verde, che non si capisce bene che criteri hanno, ma non è che non siano bravi, e, per dire, quest’anno il loro velocista principale è stato trovato positivo prima del giro e l’hanno sostituito con urgenza ingaggiando un dilettante, che il tempo di correre una gara ed è risultato positivo pure lui: se non è fiuto questo? Dicevo i criteri, niente conferma per i forti Coledan e Pasqualon e neanche per Canola. Allora lo ingaggia una squadra americana che a inizio stagione aveva grandi progetti e a fine stagione già non li aveva più. Due anni negli USA, nessuna vittoria ma tanti piazzamenti su tutti i terreni e si dice tanta esperienza. Torna in Italia con la Nippo-Fantini, una squadra umile ma onesta, e subito arrivano le vittorie e su tutti i terreni. Ieri la storia si ripete: al criterium che precede la Japan Cup mezzo gruppo va per terra e anche stavolta Canola resta in piedi, ma ne approfitta per vincere. E già che c’era, oggi ha vinto anche la Japan Cup medesima. Ora resta solo da augurargli che gli organizzatori del Giro l’anno prossimo portino anche la squadra italo-giapponese a liberare Gerusalemme.