Pochi mesi dopo l’inizio di questo blog uscì un libro, su cui scrissi un postone, sulle cartoline degli anni 60 e 70 che raffiguravano periferie e altri posti poco turistici, ma che erano luoghi strutture e infrastrutture che allora sembravano rappresentare il luminoso futuro dell’Italia. Ieri lo segnalavo alla collega blogger Sara Provasi e, dato che il libro non l’ho più toccato dopo averlo letto e non ricordavo ovviamente tutte le immagini, mi sono chiesto se c’erano cartoline del Viadotto Polcevera, e, dato che l’autore Paolo Caredda è genovese, la risposta è che ce n’erano due, e questa è una.
In quel periodo una cosa che accomunò alcune delle maggiori città italiane fu la costruzione di serpentoni di case in periferia, pensate da architetti e urbanisti illuminati, forse pure troppo, al punto che la troppa luce forse li accecava. E sulle alture di Genova venne costruito Forte Quezzi, ribattezzato “il Biscione”, cui il libro concede addirittura l’onore della copertina.
Una noterella finale, che non vuole assolvere nessuno. Dei nuovi materiali evidentemente all’inizio si vedono soprattutto gli aspetti innovativi, poi col tempo vengono fuori quelli negativi. Tra le altre cartoline riprodotte ce ne sono alcune che pubblicizzavano prefabbricati in eternit. Di questo materiale proprio in quegli anni si andavano scoprendo gli effetti nocivi, ma forse i costruttori ci credevano ancora o volevano continuare a crederci o non volevano ascoltare; allo stesso modo a quanto pare Morandi continuava ad avere nel calcestruzzo una fiducia incrollabile.