Bestioline da vittoria

Ieri Damiano Cima ha vinto la tappa sfuggendo al gruppo, come una lepre inseguita dai cacciatori, e faccio questo paragone non per scimmiottare il lirismo dello scrittore parlante, al quale oggi si è aggiunto lo scultore smanicato che per fortuna non ha fatto danni, ma perché è venuto fuori che il fratello di Imerio Cima, che però al momento è quello che ha vinto di più e quindi è Imerio a essere il fratello del fratello di Imerio Cima, dicevo Damiano è un appassionato di caccia alla lepre. E noi auguriamo a entrambi i fratelli di vincere ancora, al Giro e altrove, ma ci auguriamo che quando usciranno in caccia sarà durante una madison, perché sono entrambi velocini e sarebbe una bella coppia da proporre nelle residue 6 giorni, come i fratelli Curuchet, e poi un po’ di pista male non gli farebbe, ma se dovessero andare a caccia di lepri auguriamo a queste ultime di non farsi prendere dagli inseguitori, proprio come ha fatto ieri il fratello maggiore. Per dei nomi nuovi che irrompono vincendo nel grande ciclismo ci sono dei vecchi che non reggono più il ritmo e decidono di abbandonare. Lo farà a fine anno Samuel Dumoulin, che se fosse olandese lo chiamerebbero il farfallino di Maastricht perché è molto più piccolo dell’omonimo Tom, ma dall’anno prossimo non ci sarà più il rischio di confondersi. Samuel è stato un buon corridore, anche lui velocino e non solo per le dimensioni, ha vinto una tappa al Tour, tre Coppe di Francia e la medaglia di legno agli Europei 2016, ed è famoso anche per aver portato la fidanzata sulla canna della bici alla fine di una tappa sui Campi Elisi, cosa ci fanno alle donne questi francesi. Oggi intanto a San Martino di Castrozza la tappa non ha detto niente per la classifica, è andata la fuga e ha vinto il redivivo Chaves, anche lui piccolo e leggero e per questo è detto il colibrì. Ha fatto un migliaio di attacchi nel finale, forse un centinaio, facciamo otto, e ogni volta Serry e Bidard rispondevano ma nel fare questo si sono consumati e all’ultimo decisivo attacco non hanno avuto la forza di rispondere e sono stati superati anche da altri fuggitivi, tra i quali Vendrame al quale è caduta due volte la catena, e poi dopo si è saputo che a causa del ridotto budget della squadra gli avevano rifilato la bici buttata ieri sulla carreggiata da uno squilibrato, Savio l’ha vista e ha detto Prhendetela che può torhnarhe utile e la fatta tinteggiare di rosso alla bell’e meglio e via. Chaves dopo l’arrivo ha detto che non bisogna mollare mai, ma secondo me lui è sempre sorridente anche perché si accontenta, non nel senso che fa buon viso a cattivo gioco, ma per un atteggiamento positivo verso le cose della vita, come quel piccolo filosofo che era il ragazzino Ingemar nel vecchio film svedese La mia vita a 4 zampe, che Lasse Hallstrom diresse prima di andare negli USA a girare quello che passava il convento degli Studios. Ingemar, leggendo e ascoltando notizie di disgrazie e disastri vari, diceva che bisogna saper fare i confronti nella vita per trovare la giusta distanza dalle cose, e Chaves di occasioni per fare i confronti ne ha avute in prima persona. Poi sul sapersi accontentare in questi giorni si racconta spesso una parabola. C’era un artigiano che un giorno andò da un banchiere e gli disse Non le sto dando solo i miei risparmi, le sto dando la mia vita e il banchiere rispose Ma no, la vita se la tenga pure, mi farò bastare i risparmi. Ma ora se ne vada che c’è il Giro d’Italia e poi dopo devo scriverci il libro.

Il Fratello Grande

Ieri, mentre Garzelli elogiava la multidisciplinarietà, purché finalizzata ad andare bene su strada, in Lussemburgo si disputava il prologo di una corsa che in italiano è la Freccia del Sud, perché anche un lussemburghese nel suo piccolo può essere un meridionale a casa sua, ed era un prologo breve ma con uno strappo duro e ai primi posti dell’ordine d’arrivo una valanga di ciclocrossisti: secondo il terzo uomo Toon Aerts, tra i piazzati Eli Iserbyt che non è andato in crisi per la fine della relazione con Puck Moonen, e primo Hermans, uno che avrebbe bisogno di più popolarità per poter essere finalmente chiamato da tutti, anche da quelli della RAI, col suo vero nome Quinten e non come quel regista lì che fa i film con gli ammazzamenti. E a proposito di popolarità, lasciamo stare Peters che è giovane ed è ancora presto per vedere se è una meteora o no, c’è l’australiano Will Clarke che popolare sembrava potesse diventarlo, a 26 anni vinse una tappa al Tour Down Under e i commentatori dicevano Ah però, però poi dopo è stato più ah che altro, vittorie sì ma in corse minori. In un ciclismo dove abbondano le omonimie, e non tutti sono parenti, lui potrebbe essere confuso con il connazionale Simon, che ha vinto una tappa alla Vuelta e qualcosa pure in Italia, e poche settimane fa ha ottenuto il suo piazzamento più prestigioso, secondo all’Amstel essendo salito sul predellino del treno Van Der Poel. Ma il caso più clamoroso sono i Bennett: il velocista irlandese Sam, lo scalatore neozelandese George e lo statunitense Sean che non ha ancora deciso cosa fare da grande. Ma tornando a Will, ora sembra che punti a riprendersi un po’ di popolarità vincendo la maglia nera: si è messo alla ruota di Sho Hatsuyama e chissà che con la sua esperienza non lo beffi proprio sul filo di lana, anche se Sho ha la crono finale dalla sua. Chi invece rinuncia alla lotta per la maglia nera è Nico Denz che stava in fondo alla classifica perché non era in buone condizioni, ma un po’ si sarà ripreso un po’ la squadra si sarà galvanizzata per la vittoria di ieri, oggi avrà pensato che tutto sommato era meglio andare in fuga in cerca di fortuna. E nella fuga figuriamoci se non si infila Maestri, che nei giorni scorsi ne aveva mancata una. L’assente stavolta è Frapporti e allora tutta la Androni lavora per portare in volata Belletti come se avessero Démare. E poi c’è Damiano Cima, professionista per doppia grazia ricevuta. Damiano  come il fratellino Imerio è uno di quei tanti ragazzi che stavano prendendo una brutta strada giocando al calcio, poi il ciclismo li ha salvati, cosa che purtroppo non è successa per un ospite del Processo  che era un buon under 23 ma poi si è fatto prete, ma dato che ha detto oggi gli è venuta l’adrenalina a vedere l’arrivo della corsa lo perdoniamo va’, rimane sempre uno della grande famiglia del ciclismo, suddivisa in tante piccole famiglie. E qui passiamo alla seconda grazia ricevuta da Cima. La Nippo due anni fa ha puntato su questo velocista col nome da scalatore, Imerio come Massignan, che ha vinto molto nelle categorie inferiori ma è tuttora molto giovane, e qualche mese dopo averlo ingaggiato devono aver pensato che in squadra avevano tanti brocchi, pardon, tanti ciclisti non molto quotati, a iniziare dai giapponesi, e non avevano niente da perdere a ingaggiare pure il fratello che era già al secondo anno da élite, un buon corridore, per fare compagnia a Imerio. Poi Damiano vince in Cina e in squadra avranno pensato che sarà capace di vincere un traguardo volante al Giro. E qualcuno l’ha vinto,  e sembrava doversi e potersi accontentare di questi traguardi parziali, ma oggi la fuga è stata sottovalutata, e dietro a un certo punto hanno dovuto accelerare di brutto, andavano a 10 km orari in più rispetto ai tre davanti, li prendono, però non sono riusciti a mantenere quella velocità, non li prendono, ma davanti negli ultimi km hanno iniziato a studiarsi, allora li prendono, alla fine hanno trovato un compromesso e i fuggitivi sono arrivati primo, decimo e undicesimo, perché Denz (11°) voleva arrivare, Maestri (10°) voleva arrivare, Cima voleva vincere. Lo scrittore parlante se n’è uscito con la solita tiritera del sogno di quelli davanti e la realtà del gruppo che recupera, come se non ci fossero velocisti che sognano di vincere una tappa, Consonni per dirne uno. Ma oggi, almeno, quando lo scrittore ha fatto il raffronto abusato tra i ciclisti che corrono incerottati e i calciatori che fanno scenate, De Luca è quasi sbottato dicendo che quello dei pallonari è un trucchetto antisportivo come nel ciclismo ci sono i succhiaruote e ha detto che non gli piacciono i luoghi comuni, ma purtroppo ha zittito lo scrittore solo per poco, poi ha ripreso a straparlare. Ah, De Luca è uno tosto, ha raccontato che negli USA ha avuto una discussione con dei ragazzi che pensavano che la pizza l’avessero inventata gli americani. Un altro luogo comune dice che i veneti sono amanti del vino, e in corsa Saligari, con un’espressione un po’ ambigua, ha detto che si vede che ne fanno uso, ma alcuni spettatori hanno dato sostegno alla sua tesi, da quello sceso in strada con l’accappatoio a quello più pericoloso che ha scagliato una bici in strada mentre passavano i fuggitivi. Ben più rilassato in gruppo sembrava Jan Bakelants, ciclista che in una prima fase della carriera no, nella seconda ha vinto gare importanti, ma nella terza ha fatto parlare di sé per una brutta caduta al Lombardia con molte fratture e per aver fatto intendere che al Tour si congiunge carnalmente con le miss della corsa. Oggi era appoggiato al finestrino dell’auto della presidentessa della giuria e i due ridevano e scherzavano, sembrava quasi che ci stesse a provare.

Il direttore di corsa Allocchio e il DS della Nippo Manzoni discutono di tattica ciclistica.

Non fidatevi

Dov’eravate voi quando le stelle del mattino gioivano in coro? Di sicuro stavate fatti se avevate una percezione del genere. E stavate da qualche parte a spararvi la posa da intellettualoidi e artistoidi e trasgressivoidi, forse stavate pure preoccupandovi dello scrittore anticamorra, e vi atteggiavate con la vostra canna, comprata dal dettagliante che si rifornisce dal grossista, che dicono sia proprio la camorra, ma dove eravate non lo so, di sicuro non a vedere il Giro perché quelli lì, i ciclisti, sono tutti drogati. E dove lavorate? In un ufficio? E come state in questo periodo? Ve lo dico io, la maggior parte di voi sta attenta all’areazione e al polline e a tante altre cose, e starnutite, avete il prurito al naso le crisi respiratorie e altre reazioni allergiche, ma quando c’è un ciclista che prende il salbutamolo e poi vi dicono che ce ne sono diversi che dichiarano allergie e asma voi dite che non è possibile, è tutto finto per poter prendere i supermedicinali che danno la carica e fanno nitrire come Fantozzi contro tutti. Ieri Alexis Vuillermoz, che 4 anni fa vinceva la preolimpica e una tappa al Tour e qui è venuto non per fare folklore ad uso degli scrittori parlanti ma per fare classifica, insomma non proprio l’ultimo del gruppo, ha avuto un attacco d’asma, ha perso il controllo della bici ed è caduto in una scarpata, ed è caduto da sé, non ha avuto bisogno dell’intervento del pubblico con i cellulari, il cui atteggiamento viene criticato, più o meno come quello dello spettatore cui è suonato il cellulare alla Scala al punto che il pianista si è incazzato come fosse Ciccone e ha smesso di suonare, tutto documentato, ma non da qualcuno che ha fatto il disegno dell’accaduto come nei tribunali americani, è stato tutto ripreso da un altro cellulare. E allora, come dicono quelli che dicono le cose che dicono gli altri, di cosa stiamo parlando? E chissà quanti hanno detto che la tappa di oggi era dura perché l’avevano detto gli altri e poi, tolto il Gavia in un’altra tappa, si è cambiato tutto e tutti a dire che di salite non ce ne sono più. Infatti questa era la tipica tappa di media difficoltà adatta a una fuga di seconde linee e di giovani promettenti, e ha vinto il francese Nans Peters che per ora fa parte della seconda specie ma in prospettiva può diventare un campione o più probabilmente uno della prima specie, perché non ha vinto neanche una corsa da dilettante, eppure se la AG2R l’ha preso avrà visto qualcosa in lui, forse essendo un buon passista avranno pensato che poteva diventare il tipico gregarione da far lavorare come un mulo senza avere inopportune pretese, e invece oggi ha vinto e gli ha dato la fregatura, insomma potrebbero dover rivedere i piani, vatti a fidare delle prime impressioni. A proposito di campioni, Garzelli fa la sua pubblicità alla multidisciplinarietà in maniera curiosa, diciamo stradocentrica, in fondo non molto diversa da quella che sembra essere la visione del supercittì Cassani: in sostanza, parlando di Van der Poel, ha detto che è la dimostrazione che chi viene dal fuoristrada può diventare anche un campione, come dire che puoi essere Nys, Absalon o Schurter ma se non vinci su strada non sei un vero campione. Ma tornando alla tappa di oggi, non c’era il terreno per un attacco di Nibali o Roglic, ma poi si è visto che non c’era neanche la condizione, e buon per loro che i Movistar se ne sono accorti tardi e hanno guadagnato pochino. Qualcuno più addentro ai fatti del ciclismo scrive che la tattica vincente della Movistar, visibilmente più combattiva rispetto al passato, non sia merito di Don Eusebio ma del nuovo diesse Max Sciandri, e sarebbe curioso che dietro una grande vittoria ci sia uno che da ciclista era un perdente/piazzato. E domani dicono che è una tappa per velocisti, ma voi non fidatevi.

La Zeriba è sempre sul pezzo e per illustrare questo post sceglie un’immagine fresca fresca di 23 anni fa: rettilineo finale delle Olimpiadi di Atlanta, Sciandri parte in testa, posizione ideale per farsi battere da Richard e Sorensen.

Metamorfosi e trasformazioni

Richard Carapaz, svegliatosi stamattina da sogni agitati, si trova trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo, un’ape regina. Poi però nota che il compagno di stanza si comporta normalmente come pure il Priore della Movistar Padre Eusebio Unzué e allora si guarda di nuovo nello specchio e vede con piacere che ha il suo solito aspetto, si è solo fatto condizionare dallo scrittore parlante che è anche entomologo e in assenza della farfalla di Maastricht si è inventato questo paragone tra la maglia rosa e l’ape regina, e quindi si può partire tutti per la tappa regina pure lei, quella del Mortirolo, che però è venuta troppo presto o sono le elezioni che sono venute tardi. E sì, perché i famosi popoli hanno votato no all’austerità e sì al fare e, se non si può salire sul Gavia, rispettando il volere dei popoli sovrani in un paio di giorni si trivella la montagna e si passa dall’altra parte, mentre tutta la neve che sta sul Gavia la si spedisce a Greta così può spegnere l’incendio della sua casa ha ha ha! Le previsioni della vigilia sono confermate: se si saliva il Gavia a un centinaio di km dall’arrivo l’ultima settimana era strapiena di montagne, senza quella salita lì, dopo il Mortirolo, è rimasta solo la salitella di Viale De Amicis. E pure il Mortirolo, la salita dove si rivelò Pantani che qui è ricordato da uno dei monumenti più brutti che gli hanno dedicato ché lo raffigura aggrappato a una grondaia, o almeno così mi sembra, è stato parzialmente spuntato dalla pioggia perché i ciclisti hanno dovuto badare sia a non scivolare nei burroni che ai tifosi oggi armati anche di ombrelli oltre che di telefonini. Ai commentatori non va mai bene niente: se qualcuno parte presto è poco saggio e spreca energie, se è saggio e non spreca energie non è spettacolare e lo scrittore lo mette nella blacklist insieme a Roglic, e oggi è toccato proprio all’Apecarapaz ma avercelo un giovane già così scafato. Purtroppo se il Mortirolo richiede ai ciclisti di dosare bene le forze i commentatori possono dire scemate illimitate e comunque per gli amanti del ciclismo senza calcoli e senza freni oggi ha vinto Giulio Ciccone, che sembrava si fosse posto un obiettivo piccino, i GPM, e invece torna a vincere una tappa, nonostante abbia litigato con la mantellina e col suo compagno di fuga. E si parla tanto di tecnologia ma poi non si riesce a disegnare una mantellina facile da infilare, così Neuro Ciccone deve ricorrere al giornale, una cosa che spiega anche la rimonta parziale di Roglic in discesa, perché lui è un robot, è tecnologico e quindi non legge i giornali cartacei e sotto la maglia ha infilato un tablet, perché lui, anche se non parla italiano, tra i preferiti ha il sito della Gazzetta, e da qualche giorno, su consiglio di Tolhoek, anche la pagina instagram di Puck Moonen, e con quel peso aggiuntivo addosso è sceso più velocemente. Dicevo che lo scrittore parlante non apprezza i ciclisti calcolatori, come Roglic e Apecarapaz, ma può fare un’eccezione se vanno in crisi mostrandosi umani. Come se non bastasse, anche Franzelli vuole dire la sua e, accennando all’incidente quando faceva salto con gli sci, dice che Roglic si era rotto in mille pezzi e poi si è ricomposto: ma allora più che un robot è un transformer.

Il catechismo di Don Eusebio

Secondo riposino

Oggi secondo giorno di riposo al Giro d’Italia e, come sempre, sono diversi i modi in cui i ciclisti scelgono di trascorrerlo. Roglic ha deciso di accettare l’invito di Nibali ed è andato a casa del siciliano a vedere la bacheca con i trofei e nell’apposita sala ha potuto ammirare anche delle opere d’arte, tra cui una scultura di Santiago Botero raffigurante Paolo Slongo. Garrone Cataldo ha portato la spesa a una coppia di novantenni che abitano al sesto piano di un palazzo senza ascensore ma quando nella conversazione è uscito fuori che di mestiere fa il ciclista i due vecchietti moribondi si sono improvvisamente rianimati e l’hanno cacciato a bastonate chiamandolo drogato. Il Principe Duca Conte ha di nuovo accolto i suoi ragazzi nella sua modesta principesca dimora dove ha concesso a Florez di rilassarsi portando a spasso i levrieri afgani mentre Vendrame si è divertito a tagliare le siepi e Cattaneo è stato premiato per la fuga di ieri con l’onore di spolverare i numerosi cimeli storici. Carapaz ha telefonato al Presidente dell’Ecuador ma ha sbagliato numero, poi il Presidente dell’Ecuador ha telefonato a Carapaz ma ha sbagliato anche lui numero perché gli avevano dato quello di Landa, e il servizievole Mikel ha finalmente messo in comunicazione i due illustri connazionali, perché questo è il suo destino. Alcuni rappresentanti della Dimension Data hanno incontrato Monsieur Le Président per sottoporgli l’idea di un concertone benefico UCI for Africa, ma Lappartient, che pensa in grande e ha grandi modelli di riferimento, ha risposto: Non chiedete cosa può fare l’UCI per l’Africa, chiedete cosa può fare l’Africa per l’UCI. Infine Antwan Tolhoek è andato a comprarsi la bicicletta nuova perché dice che Roglic gliel’ha tutta ammaccata.

La bici di Tolhoek portata ieri al traguardo da Roglic.

La Zeriba Suonata – maggio è ormai andato

Amiche lettrici di questo blog, ieri era l’ultima domenica di maggio e se ne avete approfittato per sposarvi bene altrimenti se ne parla un altro anno. Ho già scritto di St. Vincent che chiedeva a un certo John di sposarla, ma molto tempo prima anche Laura Nyro buonanima cantava di matrimoni, ad esempio in Wedding Bell Blues. E scrivo queste cose perché penso che un cantante famoso non ha bisogno della pubblicità di un piccolo blog, poi io preferisco presentare cose vecchie o minori, e però è finalmente uscito California Son, il disco di cover del vegano sovranista Morrissey, che è meglio ascoltarlo quando canta che quando blatera, e il disco in questione non è male, forse proprio perché si tratta di cover, di nomi anche famosi, come Joni Mitchell, Carly Simon, Bob Dylan, Phil Ochs e Roy Orbison, ma non sono scelte scontate, non ci sono Knockin’ on Heaven’s Door o Big Yellow Taxi, e c’è anche la cover di quel brano della Nyro. Però il prossimo dischi di inediti di Moz dubito che lo comprerò.

I Promossi Sponsor

Il Giro d’Italia è quasi a lutto. Avevano preparato una bella terza settimana strapiena di montagne, montagne dappertutto, pure nel giorno di riposo, poi annullano il Gavia e montagne non ce ne sono più, finite, tutto piatto al punto che Viviani aveva chiesto di essere riammesso per partecipare a queste volate non programmate, e la classifica in pratica è già decisa. Fino all’ultimo hanno sperato di poter salire lassù, ieri Vegni è andato a fare l’ultimo sopralluogo accompagnato dagli sherpa locali ma si è trovato circondato da muri di neve, un bianco così accecante che a un certo punto ha iniziato ad avere delle visioni, gli è parso di vedere lo yeti nudo che correva a fianco ai ciclisti, ha visto il simpatico Otzi, l’uomo del Similaun, coinvolto nello scandalo Salasso, poi quando si è riavuto ha deciso di sopprimere il Gavia e passare al piano B che non prevede un’altra salita ma semplicemente un frego col pennarello sull’altimetria della tappa. Ora sarebbe il caso di essere realisti e così come si è deciso di non inserire il Terminillo nella Tirreno Adriatico bisognerebbe pensare o di spostare il Giro a giugno o a settembre, correndo il rischio di trovare un caldo da Volta a Portugal, oppure di lasciare il Gavia, che già ha dei brutti precedenti, e il Kronplatz e il Crostis alla mtb che ne ha ben donde. Quindi partiamo per questa tappa che ricalca il percorso di recenti edizioni del Lombardia sul lago di Como, ma prima il tratto di trasferimento. Questa è una cosa che viene sottovalutata ma resta nelle gambe dei ciclisti perché in genere si tratta di spostarsi da un luogo turistico e adatto ad accogliere moltitudini di persone fino a un luogo più idoneo alla mobilità, e se qualcuno chiede perché non inserire anche questo tratto nel percorso sappia il Sig. Qualcuno che si tratta spesso di strade strette lastricate o sconnesse, o addirittura di tratturi misteriosamente presenti nel centro di grandi città, e ricordo quello della tappa di Caserta del Giro Donne 2014 quando passarono per una strada centrale pochi mesi prima che la rifacessero perché era in pessimo stato. Ma restando ai ricordi, credo che è dai lontanissimi tempi di Valery Borzov avversario di Mennea che non sentivo parlare così tanto e ovviamente a sproposito di robot senza anima, come fanno gli uomini RAI con il povero sloveno Roglic che, per sua fortuna, non conosce l’italiano e poi è impegnato a correre e non può sentire le castronerie pomeridiane, ma per sua sfortuna oggi fora e, dato che la sua squadra si mostra di nuovo debole tanto che la maggior parte dei gregari sono dalle parti del lago di Garda, prende la bici dell’unico gregario nei paraggi, Tolhoek, che però non è delle sue misure e in più è sporca, poco oliata, con le gomme consumate e il sellino mezzo sfondato. Quando l’ammiraglia lo avvicina, Roglic sta molto tempo a condividere la borraccia con l’auto, ma non per trarne vantaggio, è che vuole leggere accuratamente tutta l’etichetta e la data di scadenza, semmai la cosa più sospetta è che subito dopo mandano la pubblicità dell’acqua che sponsorizza la corsa. Davanti non ne approfittano più di tanto e Roglic rientra. Sulla salita il primo ad attaccare è Carthy e quelli della RAI, che stanno sempre a difendere tutti i ciclisti e inneggiare ai gregari e alle secondo linee e tutti primi al traguardo del mio cuore, storcono il naso e scherniscono il britannico, dicendo che non è un pesce grosso, è alto e secco, è storto, brutto, ha l’alito cattivo e si taglia le unghie coi freni a disco. Nibali attacca in salita e in discesa stacca tutti, De Luca dice che nelle altre occasioni Nibali aveva sempre qualcuno attaccato al posteriore, e se ci sono dei pervertiti in gruppo capiamo perché si arrabbiava. Ma c’è il colpo di scena, Roglic si accorge che sulla bici Tolhoek ha attaccato l’adesivo della sua collega e connazionale Puck Moonen e perde il controllo della bici finendo abbracciato al guard rail come se fosse l’olandesina poco volante e non riesce più a rientrare. Poi i migliori di giornata riprendono Nibali in vista del traguardo e tutti insieme vanno quasi a riprendere i fuggitivi del mattino, che sono Garrone Cataldo e Mattia Cattaneo e vince il primo, gregario che lavora sempre per i compagni e fa buone azioni, aiuta tanti progetti e quando all’arrivo inquadrano un cagnolino che è la mascotte dell’Astana viene da pensare che sia un randagio raccolto da Cataldo per strada. Cassani al Processo insiste sul passaggio della borraccia a Roglic e anche stavolta sembra mirare alla squalifica, ma poi si capisce perché si accanisce sulle scorrettezze degli altri: si è legato al dito la squalifica di Moscon per colpa sua al mondiale norvegese. Però va detto che non infierisce su Roglic e quando lo mostra nella scia delle auto dice Questo è consentito almeno a quel  che so io, e forse, dati i vari mestieri che fa, sarebbe il caso che approfondisse l’argomento e non pensasse solo agli integratori.

Dopo il ritiro Borzov ha messo su molti chili: è tutta anima.

La Zeriba Suonata – Alain Delon

Non ho seguito il Festival Del Red Carpet E Anche Del Cinema Di Cannes e non ho capito bene cosa è successo, mi pare che hanno dato la Palma alla carriera a Alain Delon con la motivazione Per il suo razzismo, l’omofobia e le molestie sessuali e lui tutto contento ha ringraziato la squadra, cioè no, le donne, e però io mi ricordo che negli anni della sua massima popolarità, gli anni in cui la tromba, intesa come strumento musicale, nel pop ci stava bene, gli anni del duello Merckx Gimondi, gli anni dei giganti del rock che non erano poi così giganti solo che all’epoca pure gli uomini portavano i tacchi alti e forse davano un po’ quell’impressione, in quegli anni lì a tutte le donne, o almeno a una percentuale statisticamente significativa, piaceva molto Alain Delon, il sex symbol per antonomasia, che pure per gli uomini era sinonimo di fascino maschile con annessa acchiappanza, e c’era pure chi studiava Alain Delon, come dicono i Baustelle ne La canzone di Alain Delon, tratto da La moda del lento, che è uno dei migliori dischi italiani nella negletta categoria dei secondi album, e potete sentirci anche la tromba come dicevo sopra.