Un altro primo bacio?

Settimana di campionati nazionali e in Italia tra gli uomini ha vinto Rocciolino Formolo che è partito da lontano e con la sua capa tosta ha tenuto duro incurante del vantaggio sugli inseguitori anche quando erano dietro l’angolo, e questa è la conferma che deve curare le corse in linea e non i grandi giri. Oggi è stato l’unico a correre per vincere mentre gli altri hanno corso per salire sul podio, farsi il selfie col vincitore e anche con le miss, appetite anche dai politici locali in fascia tricolore, e soprattutto prendere le mortadelle giganti che Adriano Amici distribuisce generosamente nelle corse che organizza. Però l’Italia deve sempre distinguersi per la collocazione nel calendario dei campionati: in passato c’è stata la poco gradita collocazione al sabato della gara maschile, l’anno scorso i campionati a cronometro si sono disputati in autunno e quest’anno le prove femminili sono state differite a fine luglio, in concomitanza col Tour e l’Adriatica-Jonica, quindi con presumibile difficoltà a trovare una finestrella in tivvù. Forse il motivo era la concomitanza con i Giochi Europei di Minsk in cui le migliori cicliste azzurre sono andate a guadagnare la solita quintalata di medaglie e soprattutto punti preziosi per la qualificazione olimpica, ma sui giornali non avranno mai le pagine che all’improvviso hanno avuto le calciatrici. Così l’unica “italiana” che ha corso, e vinto, è stata la solita rumena Ana Maria Covrig che vince troppo facile, e tanto di cappello (o di casco?) a lei ma ciò dimostra anche il pessimo stato del movimento rumeno femminile (quello maschile è messo un po’ meglio). Il campionato murciano, pardon spagnolo, disputato in Murcia, se lo sono contesi i due più illustri ciclisti locali, ma stavolta Don Alessandro non ha lasciato la vittoria all’amico Luigi Leone. E non bastassero Van Aert e Van Der Poel, in Belgio ha vinto Tim Merlier che nel ciclocross è uno dei migliori ma i due campionissimi in genere li vede da lontano se non solo alla partenza. Un’altra curiosità che solo La Zeriba Suonata è andata a scovare scorrendo l’ordine d’arrivo del campionato olandese è positiva, doppiamente positiva, perché a meta dell’ordine d’arrivo, a un paio di minuti dalla vincitrice Wiebes e davanti ad atlete di livello internazionale, troviamo appaiate due presenze inattese. La prima è la rediviva Thalita De Jong, precoce campionessa mondiale del ciclocross e vincitrice di un Giro del Trentino, che dopo un infortunio era scomparsa dalle gare e ritrovarla fa piacere, poi per tornare a quei livelli ci sarà tempo. L’altra sorpresa è Puck Moonen, forse mai a questi livelli in una gara impegnativa, forse le ha fatto bene la separazione da Eli Yserbit, e pensando ad altre bellezze che alla prima occasione si sono ritirate, come Marion Rousse, c’è da apprezzare che lei insista e sembri migliorare. Facciamo che tra due anni le vediamo entrambe, De Jong e Moonen, al Giro d’Italia. E infine, se in Italia la prova maschile e quella femminile a volte non si svolgono sullo stesso percorso e quest’anno neanche nello stesso periodo, in Israele si sono svolte contemporaneamente, come una marathon di MTB. Ed è successo che Guy Sagiv che andava a vincere la prova maschile ha affiancato Omer Shapira che andava a vincere la prova femminile e i due si sono baciati.

La giuria non ha riscontrato nessuna infrazione, sia perché i due non ne hanno tratto vantaggio, anzi hanno rallentato, sia perché sono regolarmente fidanzati. Ma questo potrebbe costituire un precedente, e si sa che i precedenti spesso sono pericolosi, e un domani i ciclisti e anche il personale delle squadre potrebbero allenare e rinforzare le lingue e, con la scusa del bacio, effettuare dei lanci all’americana.

inclusione e solidarietà

Se qualcuno nel vostro ambiente di lavoro per fare carriera, per raggiungere i suoi obiettivi, mette in cattiva luce qualche collega, cosa ne penate di costui? Non ha la vostra stima? E allora non facciamo distinguo tra ambienti di lavoro. Nella Quickstep, o come ora si chiama, Fabio Sabatini sembrava quasi corresponsabile dei disastri di Marcello Bellicapelli di cui era tutor, e con la pausa di riflessione di quest’ultimo si è visto dove stava il problema. L’ex e neo compagno di squadra di Sabatini, il Viviani che piange sempre, se vince piange, se perde piange, dopo una primavera fallimentare perché ha mostrato i suoi grossi limiti nelle classiche, al Giro chissà dove stava con la testa e si è spesso lamentato della squadra, in pratica questo significava criticare il povero Sabatini di non essere in grado da solo di fare il lavoro che altre volte fanno Asgren-Lampaert-Morkov-Richeze. Dai tempi di Cipollini questi massimi velocisti fanno gli sbruffoni con i supertreni al loro servizio e a volte bullizzano i desperados che se la cavano da soli e a volte gli va pure bene. Certo, anche loro sono partiti da zero, sgomitando e piano piano sono arrivati a un livello tale da spingere le squadre a regalargli il trenino. Ma poi si adagiano e non sembrano più capaci di cavarsela da soli, e viene da chiedersi qual’è il vero distacco tra loro e quelli che arrivano quarti sesti o undecimi buttandosi nella mischia. Comunque, nonostante le sconfitte e le voci sul suo passaggio a un altro team, Viviani, in uno squadrone pieno di tanti ciclisti capaci di vincere, ha ottenuto intanto di correre pure il Tour, e, dato che lì non troverà il Gaviria che sembra già in declino ma il più forte del momento, quel Groenewegen che fa paura già dal nome, come direbbe lo scrittore parlante, ha ottenuto quattro corridori al suo servizio, che significa lasciare solo tre posti agli altri del cosiddetto wolfpack. E così la squadra non ha incluso né Stybar né Gilbert, cioè il più grande degli ultimi 10/15 anni, un corridore che per trovargli un paragone si è andati fino a Sean Kelly. Il ciclista quasi apolide, lui dice di essere belga ma Het Nieuwsblad lo etichetta come vallone, c’è rimasto male, ed è curioso che un ciclista quasi unico per la sua forza e la sua versatilità pure abbia più volte trovato personaggi capaci di farlo fuori: prima Greg Van Avermaet nelle prove sul pavé eppure non in una squadra fiamminga ma svizzero-americana, ora, direttamente o meno, il buon Viviani. La Zeriba Illustrata vuole esprimere invisibile solidarietà sia al pesce pilota Fabio Sabatini sia al campionissimo Filippo Gilbert che qualcosa al Tour si sarebbe inventato, semmai non di finire in un burrone come l’anno scorso.

“They’ll stone you when you are young and able…”

La Zeriba Suonata – troppo looser

Quando tutti stravedevano per Beck bastava poco per essere paragonati a lui: fare un po’ di folk con piglio nuovo tendenzialmente eclettico, insomma non quello che somigliava ai canti del montanaro appalachiano iniquo e per niente solidale, semmai con un pizzico di elettronica, è capitato a Badly Drawn Boy, meglio se con momenti lenti psychoblues lo-fi; il massimo era avere un nome di quattro lettere proprio come Beck. E Cristian Bugatti scelse come nome d’arte Bugo. I suoi primi dischi potevano essere classificati anche come slacker, quasi naif, ma Bugo era più che altro spontaneo ed esplicito, e inevitabilmente col tempo questo si è un po’ perso, è diventato adulto, anche se devo dire che a un certo punto l’ho perso di vista e in ogni caso quanto somigliasse ai personaggi cantati, quanto ci fosse o ci facesse e chi sia ora sono altri discorsi. Il suo inno era Io mi rompo i coglioni, che aveva una b-side che il paragone con Beck sembrava proprio andarlo a cercare. Quel fasullo personaggio che è Ligabue, “quello che da Mario non ci lavorava” per dirla con gli Zen Circus, cantava di una vita da mediano, ma fare il mediano sarebbe stato già qualcosa per chi invece faceva il Panchinaro (per stavolta niente video, solo link) che inizia un po’ skiantato ma ricorda moltissimo il Looser di Beck, in un pezzo che in certi momenti, soprattutto nelle voci femminili, ricorda anche la preziosissima Azalia Snail, che tra l’altro con Beck collaborò.

La quadratura dei cerchi olimpici

Questo è un periodo in cui si parla di giochi olimpici totali o parziali, quelli veri e propri e quelli circoscritti geograficamente o per categorie, come gli studenti universitari che non sappiamo se poi studiano davvero ma mi viene da credere di sì perché ormai le Universiadi non interessano più a nessuno e non credo ci sia interesse a mentire su questa cosa per schierare qualche atleta più forte. Gli interessi in ballo sono altri e questo spiega l’entusiasmo di organizzatori e promotori e testate collegate, non so quanto condivisi dalle località coinvolte nel senso degli abitanti, ma per loro ci sono le immancabili promesse di posti di lavoro e di infrastrutture che si potranno riciclare, anche se a volte finiscono invece abbandonate e potete chiedere ai carioca. Da spettatore pensavo invece che alle olimpiadi milano-cortinesi difficilmente potrà gareggiare la pattinatrice Francesca Lollobrigida che non avrà più l’età, ma non si può dire con certezza perché in giro c’è anche qualche sua avversaria ultraquarantenne, e soprattutto non credo che da olimpiadi del ghiaccio e della neve verranno trasformate in più generiche olimpiadi invernali o del frescolino per aprirsi anche al cross, corsa campestre e ciclocross. Ma soprattutto, dato che tra poche ore sarà venerdì, pensavo se con questa tendenza del clima si potranno effettivamente tenere queste olimpiadi, se insomma ci sarà neve e ghiaccio a sufficienza, perché se si svolgevano in Svezia ancora ancora, in Italia non so, ma ci può essere sempre la soluzione di spostare tutto sul Gavia a maggio, e lì si va sul sicuro. Poi, sempre da spettatore, mi chiedo da quanti anni la tv di stato non è interessata a trasmettere le subolimpiadi come i Giochi del Mediterraneo e le Universiadi. Non so in Asia Africa Oceania e Panamerica quanto ci tengano ai loro giochi, ma mi pare che tra tutti solo quelli del Commonwealth, forse perché di più lunga tradizione, siano più sentiti e di conseguenza abbiano un più alto livello di partecipanti. Ricordo che le Universiadi negli anni 70 erano un’altra cosa ma allora i calendari dei vari sport erano molto meno fitti, basti dire che i primi mondiali di atletica ci sono stati solo nel 1983, ma oggi è chiaro che le federazioni puntano di più sugli appuntamenti del loro specifico sport e gli atleti preferiscono gare più redditizie. In questi giorni ad esempio, nel disinteresse generale, si svolgono i Giochi Europei a Minsk e nelle gare di ciclismo c’è stata una netta differenza tra il basso livello dei partecipanti alle gare maschili, con molte altre gare in concorrenza, e quello alto delle partecipanti alle gare femminili, che invece sono solo in attesa del Giro e in ogni caso non guadagnano quanto gli uomini nelle competizioni diciamo ordinarie. E in questo scenario, quando la Campania, col suo ambizioso Governatore e il suo ingombrante capoluogo, ha voluto ospitare una di queste rassegne non ha trovato molta concorrenza e ha scelto pure quella più adatta, perché le Universiadi che si apriranno a giorni comprendono solo 18 sport, una cosa fattibile, e tra questi non c’è il ciclismo, perché figuriamoci se quei drogati ignoranti dei ciclisti vanno all’università, mentre il calcio c’è perché notoriamente quei bravi ragazzi molto disciplinati sono pure studiosi e nei social si vantano di aver letto tutti i classici russi superiori alle 300 pagine. Quindi neanche questa occasione si è potuta sfruttare per recuperare il velodromo di Marcianise, ma del resto qui ieri c’era tutta una cerimonia con la fiaccola subolimpica e, nonostante il caldo, a vedere questi qui che portano in giro questo fuoco che sarebbe stato meglio in inverno c’era molta più gente di quanta ce n’era per il cronoprologo del Giro Donne nel 2014, e allora niente, tutto quadra.

 

La Zeriba Suonata – Ma La Notte Sì

Un altro disco che, dopo quegli degli Eugenio eccetera, mi ha attirato per la copertina disegnata (artwork di Giulio Noccesi) l’ho trovato tra gli usati: si tratta di Volevo fare bene dei La notte, Woodworm 2018, prodotto da Karim Qru degli Zen Circus, ed è il secondo della band toscana. Dicono che il primo fosse tipo grunge e quindi questo qui molto più pop dispiacerà ai fans della prima ora. E chi se ne frega, stiamo ancora dietro a quella musica sterile e reazionaria che era il grunge? Qualche altro recensore dice che addirittura lo indispone il nome del gruppo che denota scarsa ricerca e fantasia; forse costui preferisce nomi da incubo come Management del dolore post-operatorio o Il parto delle nuvole pesanti. Qualcun altro addirittura parla di cantautorato, e il disco infatti era stato nominato per il Premio Tenco, ma poi per fortuna non ha vinto e questo è un buon segno. E a proposito di parto delle nuvole pesanti, il brano che vi propongo è Temporale estivo, non proprio una summer hit, ma almeno un auspicio meteorologico.

Sciovinisti moderati

Saranno pure sciovinisti i francesi ma sono ben consapevoli che i loro pupilli Bardet e Pinot difficilmente possono battere i più forti specialisti delle corse a tappe, e allora scrivono che in pratica il prossimo Tour è un’occasione unica specie che quest’anno c’è stata una grande morìa di ciclisti, come voi ben sapete.

La Zeriba Suonata – gioia e (moto di) rivoluzione

Se non fosse stato per la confezione non avrei fatto caso a Natura Viva che risulta essere il terzo disco dei torinesi Eugenio In Via Di Gioia. Il nome curioso di questo gruppo nasce dall’unione di nomi e cognomi di tre dei componenti del gruppo, che sembra suonassero per strada e ora eccoli qui già al terzo disco, che poi sembra un esordio. Non conosco i dischi precedenti ma mi sembra che i ragazzi debbano migliorare l’amalgama di testi e musica perché i primi mi sembrano un po’ costretti con la forza nella seconda, o forse sono io poco avvezzo alla musica italiana parlata tipo rap a cui a volte finiscono per somigliare. Al meglio invece mi ricordano certi ensembles folti e casinisti dei fantastici zero, come Architecture in Helsinki o Tilly And The Wall. Gli Eugenios sono ambientalisti, lo esprimono nei testi, che forse per questo a volte sembrano come dicevo, e nella confezione ecologica, che non approfondisco ma mi limito a segnalare che la casa discografica che ha assecondato con pazienza i desiderata del gruppo è la Universal/Virgin. Il package, praticamente formato 7 pollici, per il resto è un album da colorare, un disegno per ognuna delle 10 canzoni, tra le quali scelgo di farvi ascoltare Cerchi. E se sono  cerchi nel grano che sia grano biologico equo e solidale, ma cerchi è pure voce del  verbo cercare, non so se mi spiego.

Gianni sarà Savio

Gianni Savio ha sempre cercato talenti sudamericani, ma non proverà a ingaggiare il giovane Ardila che ha dominato il Giro Under 23, sa bene che il ragazzo riceverà offerte da grossi team. L’uomo che fa per la sua squadra, tra quelli che hanno corso il Giretto, stavolta non deve neanche andarlo a cercare tanto lontano, almeno non in Sudamerica, perché già corre in Italia ma nel lontano centro-sud in una squadretta mezza beneventana e mezza abruzzese, e per lui non ci sarebbe neanche il problema di ambientarsi in Italia. Rubio vince poco ma bene, potrebbe essere uomo da singole tappe (2 nelle ultime due edizioni) o classiche (ha vinto sotto i coriandoli di Capodarco che poi qualcuno dovrà scopare). Questo è allo stato il ruolo di Savio, rimettere in sesto corridori smarriti (Cattaneo) e lanciare ciclisti giovanissimi (come Bernal che era un ragazzino) o meno vincenti tra i dilettanti e per questo non cercati dalle grandi squadre, come Ballerini, di cui colpiva solo l’omonimia, ma che oggi ha finalmente vinto una corsa importantissima ai Giochi subolimpici Europei di Minsk, su una distanza importante, vabbe’ solo 180 km, però su un tracciato duro, insomma qualche salitella c’era, contro avversari fortissimi. Chi sono quelli saliti con lui sul podio, Jakin e Auer? Vabbe’, l’importante è cominciare.