La staffetta tra i mondiali di ciclismo e quelli di atletica non ha visto un cambio perfetto perché per qualche giorno si sono sovrapposti, ma RAISport ha da poco ripristinato una differenziazione almeno parziale della programmazione dei canali 57 HD e 58, merito presumiamo di Bulbarelli per altri aspetti finora un po’ deludente, e per l’occasione vi propongo dei microracconti su alcune discipline dell’atletica leggera di cui voi penserete che si poteva pure fare a meno.
Mese: settembre 2019
Il mondiale più pazzo del mondo
Viene il sospetto che l’UCI abbia assegnato i mondiali del 2016 a Doha per creare un paragone per il futuro in cui si potrà criticare un mondiale ma poi si dirà Sì, però Doha era peggio. Nella ridente, ammesso che c’abbiano qualcosa da ridere, cittadina del Qatar ora si svolgono i mondiali di atletica, anch’essi criticati, troppo caldo, una delle poche immagini che ho visto è quella di una maratoneta seduta a cui facevano un po’ di vento, però qui il problema è l’opposto, non tanto il percorso che non sarebbe malvagio, ma i problemi che crea la pioggia in un paese che dovrebbe esserci abituato e invece vediamo strade allagate ma non vediamo molte immagini perché ci sono difficoltà con le riprese televisive.

Un momento della prima fase di corsa.
C’erano alte aspettative per un mondiale ospitato da un paese che ha fatto molti progressi in questo sport, anzi è all’avanguardia nella ricerca e ha la squadra più forte del mondo, poi in una regione che ha ospitato la grande partenza del Tour 2014, c’erano molte aspettative e stiamo ancora aspettando, ah è finita? Purtroppo l’UCI non chiede lumi, o lumini visto il personaggio, al giornalista storico e anche preistorico Beppe Conti, perché lui ha rigidamente fissato le regole sui percorsi dei mondiali e può anche dire chi deve vincere e in quali corse deve primeggiare con la maglia iridata: due classiche monumento e i grandi giri, un identikit che non corrisponde a Rui Costa ma neanche a Marino Basso. Ed eccole, riproposte per la milleunesima volta, le immagini del mondiale che Bitossi perse per una grave vacatio legis, perché ancora non c’è una norma che impedisca di correre alle persone col cognome “Basso”. L’altro ieri dicevo chissà che Rizzato non si infili nelle docce delle donne, non l’ha fatto e almeno l’avrebbero arrestato, ma lui è inarrestabile e oggi si piazza davanti ai bagni chimici e manco a farlo apposta becca subito un olandese, anzi il più importante che gli risponde tranquillo, tanto stavolta non deve partire a tutta come nel ciclocross. Ma quale partenza a tutta? Non solo il percorso viene modificato e accorciato per allagamenti vari, ma si parte anche in ritardo, anzi in ritardo sul ritardo, e l’assurdo è che c’è anche un lungo tratto di trasferimento, ma un tratto triste perché davanti c’è la macchina della giuria e non i brindisi come al Tour né l’auto con lo sgargiante Fanini e le sue sobrie miss come al Toscana Donne. E i ciclisti sono così infreddoliti che approfittano di questo tratto no contest per fare i bisogni che non hanno potuto fare nei bagni chimici per non incappare in Rizzato o perché il freddo ha richiesto uno svuotamento supplementare. La fuga mattutina ha difficoltà a partire e il primo a fare sul serio non è un eritreo o un iraniano, che manco ci sono gli iraniani da quando l’antidoping ha beccato i più vincenti, ma Daniel Martin in persona, ma la fuga che prende consistenza comprende gente pesante: Roglic, Quintana, Carapaz, Dillier, Polanc e rotti. Dietro rompe Gilbert, nel senso che cade e rompe la bici e il vecchietto viene confortato dal ragazzino Evenepoel che gli dice Ti aiuto io ad attraversare la strada, no, pardon, ti riporto io sul gruppo: si ritirano entrambi e il pubblico e i social elogiano il ragazzino che salverà il mondo il venerdì e forse pure la domenica compatibilmente col programma di corse, ma questa non è l’unica buona azione della giornata, poi vedremo. Intanto si ritira pure Valverde colpito da reumatismi, gotta e altre malattie della vecchiaia e dichiara che è un mundial de locos, poi segue Ulissi salvato da un incidente meccanico che lo attarda e gli fornisce la scusa buona per ritirarsi lui che con l’acqua non va d’accordo. Il ritiro di Lutsenko è sorprendente per gli uomini RAI, ma il kazako aveva fatto il bello e il cattivo tempo, anzi solo il bello, nelle premondiali italiane corse in genere col bel tempo e sui 200 km, altra cosa sono 261 km di freddo e pioggia. Attaccano delle seconde linee cui se ne aggiungono altre e si palesa l’incubo del mondiale 97 vinto da Tizio davanti a Caio. Dicevo le buone azioni, tra gli attaccanti Kung si accorge che a Teunissen è rimasto un gel e glielo chiede e l’olandese cattivo perché al Tour non faceva bene il gioco di squadra glielo passa senza problemi: sarà il gesto che deciderà la corsa, e che mi ha fatto pensare alle differenza tra il ciclismo e il nuoto che è uno sport per divi e fighetti, provate a chiedere a un nuotatore avversario se vi passa la borraccia, vi guarderà strano, e poi c’è anche il fatto che dopo la corsa i ciclisti tornano in albergo in bici ma non si è mai visto un nuotatore che torna in albergo nuotando, ma vabbe’. Poi scatta Van Der Poel e si porta dietro Trentin, sono le uniche prime linee che si portano sulla testa, e alla fine rimangono in 5 tra cui Trentin e Moscon. Quest’ultimo si candida a diventare la versione maschile di Tatiana Guderzo perché ai mondiali si trasforma e lavora per Capitan Trentin e alla fine sarà il primo a staccarsi ma poi recupera e con sorpresa il primo a staccarsi è improvvisamente Van Der Poel, svuotato, quel gel di Teunissen era l’ultimo rimasto a disposizione di tutta l’Olanda che ora muore di fame, mentre l’Italia ha fame di vittoria e l’ultimo giro è percorso nella convinzione della facile vittoria di Trentin, anche quando resta solo con Kung e Pedersen perché Moscon si ristacca. Ma questo mondiale punisce la presunzione: la spavalderia di Van Der Poel e non quella di Trentin ma dei suiveurs italiani. Trentin sembra il più forte, il più fresco, il più concentrato, guarda che c’ha pure il ghigno, è una gara a interpretare le sue espressioni, dietro lo stopper Bettiol gongola, l’ammiraglia dice che la corsa è finita, dietro non possono rientrare, Ballan dall’emozione si incarta e pronuncia Mattreo Trentin, Pedersen si stacca e si riporta sotto ma sarà stanco, il nostro è il più veloce, è il più lucido perché in RAI dicono che ha le mani basse sul manubrio e in realtà le hanno tutti e tre, ultimo km, rettilineo finale, a 200 metri parte Trentin supera Pedersen che non si smonta gli esce dalla ruota e vince, vatti a fidare di quelli che si chiamano Matteo. Continua l’interpretazione di Trentin, sembra molto deluso, pare vorrebbe andare via dal podio, in realtà sembra tremare. Deluso? No, infreddolito, deluso non tanto perché non è partito troppo presto e non ha perso di poco ma Pedersen ha vinto nettamente, è stato il più forte. Ma alla fine torna in mente il canone beppecontiano e nessuno dei primi tre risponde ai requisiti del campione del mondo ideale, anzi nessun dei primi quattro perché poi arriva Moscon, ed è il quinto che li possiede quei requisiti ed è forse l’unico che oggi può avere dei rimpianti, cioè il solito Peter Sagan partito all’inseguimento troppo tardi. Se vogliamo entrare nei dettagli e vedere i migliori risultati del podio odierno nelle monumento è presto fatto: Trentin 2 volte decimo a Sanremo, Kung 11 a Roubaix, il migliore proprio Mads secondo al Fiandre, chiamalo carneade! Pedersen è il primo danese a vincere il mondiale, non c’era riuscito neanche Sorensen, è ancora giovane, col tempo sapremo se questa è stata un’edizione importante che ha incoronato un campione come fu nel 1999 con lo sconosciuto Oscar Freire oppure no. Trentin alla fine non fa drammi, dice che domani sorgerà il sole da qualche parte e che la vita continua lo stesso, l’ha presa molto meglio della Bastianelli, diamo alle cose il loro giusto peso, prendiamola con ironia come quei tifosi, presumo fiamminghi, che sventolavano una variante della loro bandiera su cui invece che il leone delle Fiandre c’era per un gioco di parole anglofone Ned Flanders dei Simpson.
E infatti proprio alla fine c’è una bella notizia a saperla vedere: proprio in chiusura scorre l’ordine d’arrivo e 46esimo ultimo arrivato e comunque non ritirato è il ceco Vakoc che dopo un grave incidente non si sapeva neanche se sarebbe tornato a correre.

Eccezionalmente un’occhiata al twitter di Trentin e trovo tutt’altro, perché scrive: “La cosa peggiore del discorso di Greta Thunberg all’ONU sono tutte le persone che applaudono e fanno gridolini. Forse non hanno capito che loro sono gli imputati e non il pubblico di uno show televisivo.”
La lunga marcia degli elefanti
Tanta strada da fare
Tanta strada è stata già fatta dal ciclismo femminile, quando ho iniziato a seguirlo i mondiali si correvano sulla distanza di una 60ina di km e oggi la vincitrice su 149 ne ha fatto 105 in fuga, lei ne ha fatta di strada oggi, ma tanta strada c’è ancora da fare. Prendiamo il programma dei mondiali dell’anno prossimo: per tenere distanti una settimana la gara a crono e quella in linea maschili si è sconvolto il programma e le donne avranno la cronostaffetta mista il martedì, la crono il giorno dopo e il sabato la prova in linea. E poi c’è la RAI che inizia la diretta parlando della gara maschile e perdendosi la presentazione della partenza, ma almeno abbiamo le interviste ad alcune italiane e non so in quanti sport c’è un’atleta simpatica come Tatiana Guderzo. Inevitabile poi tornare a parlare dell’assurda vicenda di ieri e dato che quello che Beppeconti ha detto ieri sera noi lo ricordiamo lui non so, riassumiamo: ieri prima della squalifica Higuita con la Vuelta nelle gambe aveva falsato la gara portando sui primi il vincitore Eekhoff, oggi si cambia e tutti dicono che la giuria se aveva già gli elementi per la squalifica doveva comminarla in gara e non dopo ma Conti aggiunge che, se avesse vinto Higuita, Eekhoff avrebbe falsato la gara perché ha riportato il colombiano sulla testa della corsa, insomma non si capisce chi ha portato chi, ma questa non è l’unica perla giornaliera del giornalista storico. Oggi le favorite erano Vos e Bastianelli, che però avrebbero potuto marcarsi troppo e in generale la rivalità Italia-Olanda avrebbe potuto favorire le altre nazioni, comunque il percorso lo dicevano poco selettivo, ecco, semmai dall’anno prossimo portate sempre Viviani a visionare i percorsi che lui ne capisce ed è quello che ha interpretato meglio quello di Harrogate. L’anno scorso si pensava che Annemiek Van Vleuten sarebbe andata via verso la vittoria e invece è andata verso l’ospedale con un ginocchio rotto, quest’anno difficile che avrebbe potuto rifarsi, e poi guardate com’è dimagrita anche rispetto al Giro Rosa, una viscontessa dimezzata, se notassimo un conoscente dimagrire così in due mesi penseremmo che non sta bene, invece Van Vleuten sta bene eccome, logico che abbia perso qualcosa a cronometro ma qui parte a 105 km dall’arrivo e vince rendendo giustizia a sé stessa, perché sembrava brutto che non avesse mai vinto il mondiale una ciclista col suo palmarès e che per di più ha vinto anche a poche centinaia di metri da casa mia, e a dire del percorso le prime cinque arrivano alla spicciolata. Semmai quello che ha fatto Annemiek si pensava che potesse farlo la giovane Dygert, e l’ha fatto ma in scala ridotta, partita a 40 km dall’arrivo più per prendere l’argento, elogiata per come scattava e per come prendeva le curve, bene, sa correre, non è solo potenza, illude quando riduce il distacco, ma appena detto questo inizia a perdere e viene ripresa e superata da Van Der Breggen e la sempre piazzata Amanda Spratt ma non da Elisa Longo Borghini che finisce quinta tantomeno dal gruppo con Bastianelli settima e poco sportiva all’arrivo, sobillata dalle domande di un giornalista roseo malevole nonché sconcertanti per uno che segue il ciclismo per lavoro, al termine di una corsa tatticamente rivedibile, perché con Paladin erano in due nel ristretto gruppetto di testa e hanno lavorato entrambe per ritrovarsi senza forze, e ancora una volta nell’Italia di Salvoldi succede che quella che sta meglio lavora per altre e nonostante questo a volte ci scappa pure la medaglia, come Ratto 2013 e Guderzo 2018, ma oggi no. Allora la RAI si accontenta di mandare le immagini degli altri mondiali vinti dalle azzurre, ma dimenticando il più importante, quello di Alessandra Cappellotto, non fosse altro perché fu il primo, e hanno iniziato da quello che io ricordo con più piacere e che invece per tanti anni è stato come rimosso per la strana vicenda di doping che coinvolse Marta Bastianelli anche lei all’epoca in fissa per il dimagrimento, ma quando si parla del mondiale di Tatiana Guderzo arriva il colpo di scena di Beppeconti: se ieri il titolo under 23 è stato assegnato dopo la gara oggi lo storico giornalista, dall’alto della sua autorità, a distanza di 10 anni ha assegnato il mondiale a cronometro 2009 a Noemi Cantele che arrivò seconda dietro la Armstrong, e qualcosa mi dice che un errore del genere non l’avrebbe commesso se si trattava di uomini.

Tra il numeroso pubblico era presente anche Shaun The Sheep
Un clamoroso equivoco
Gli italiani hanno la cultura forense e dicono “sub judice” mentre gli inglesi hanno le detective stories e dicono “results under investigation” e in questi mondiali disastrosi per i percorsi il programma gli orari le cadute le forature gli incidenti più altri dettagli ci mancava solo il finale thrilling ma ci sono altre due gare e si può ancora peggiorare. Samuele Battistella avrà pure corso bene ma nel finale commette vari errori, comunque molti meno di quelli delle varie voci RAI che storpiano parole, usano il congiuntivo fantozziano e cambiano nazionalità ai ciclisti per cui il britannico Pidcock diventa bretone, e nonostante quegli errori Battistella riesce ad arrivare secondo sbattendo il pugno sulla bicicletta quando semmai avrebbe dovuto essere il contrario e la bici avrebbe dovuto dargli un ceffone per come ha corso, mentre quello che non sbagliato niente e sembra il più forte è l’olandesone Nils Eekhoff. In RAI hanno trovato il colpevole nel colombiano Higuita che ha corso la Vuelta e che, grazie al lassismo dell’UCI, si è permesso di venire qui a competere contro questi poveri ragazzi ingenui, da Battistella che ha corso le premondiali dei professionisti a Mc Nulty che ha vinto il Giro di Sicilia battendo Guillaume Martin a Eekhoff che ha corso il Tour of Britain eccetera eccetera. Molti dicono che anche in campo femminile si dovrebbe costituire una categoria intermedia tra juniores ed élite, e dimentichiamo che Vos ha vinto il mondiale a 19 anni, Bastianelli l’anno dopo ne aveva 20, una pausa, poi arriva Dideriksen anche lei ventenne, e poi ci sono tutte queste ragazzine terribili italiane e Wiebes, ma se qualcuno dovesse pensare che sia una faccenda delle donne, dimenticando Saronni e Pozzato e Cunego, proprio negli ultimi anni sono arrivati Evenepoel, Bernal, Pogacar e tutti i fenomeni del ciclocross, e allora invece di aggiungere la categoria under 23 donne sarebbe il caso di eliminare anche quella degli under 23 uomini che sembra non avere più tanto senso. E dicevo i fenomeni del cross, tra questi c’è proprio Pidcock che ci va piano con i passaggi di categoria e oggi è così deluso per il quarto posto che quasi fa seppuku poi invece pensa più igienico scusarsi con la gente del posto che è anche il suo posto, ma oggi cosa volete farci, c’era questo Eekhoff troppo forte. Già, un po’ troppo forte, è caduto all’inizio e ha perso un paio di minuti ma ha recuperato su un gruppo lanciatissimo, come avrà fatto? E qui entra in gioco la cultura del sospetto, si va a vedere la VAR e la giuria vede un traino e squalifica l’olandese, qualcuno potrebbe dire vendicando Battaglin, che perse un mondiale da Jan Raas trainato dai compagni, e di Moscon, che per lo stesso motivo fu squalificato a Bergen, e senza volerlo si attizza la rivalità Italia-Olanda che domani tra le donne può portare alla vittoria di una terza incomoda. Ma in realtà quello odierno è tutto un equivoco, ci si dimentica che oggi c’è lo sciopero verde che spiega bene cosa è successo: Eekhoff si avvicina all’ammiraglia e si fa dare una borraccia, beve ma gli sembra brutto buttarla a terra proprio oggi e la ripassa all’ammiraglia che però gli dice di buttarla pure tanto la raccatterà qualche tifoso in cerca di cimeli ma Eekhoff insiste e insomma sono andati avanti per svariati km attaccati ammiraglia e ciclista che così per magia si è trovato in coda al gruppo. Giuria impietosa, di questo passo si finirà per abbattere i ciclisti caduti. Così prima vediamo il folletto Rizzato scatenarsi e tentare di intrufolarsi nel pulmino della giuria, poi nel pulmino dell’Olanda, sempre allontanato con le buone e più volentieri con le cattive, facendo anche un po’ la vittima degno erede di AdS, chissà che domani non cerchi di infilarsi anche nella doccia delle donne, e poi tutti i delusi si rianimano, Pidcock raccoglie un bronzo e presumiamo ritiri le scuse e Battistella vince un titolo che l’Italia non vinceva dal 2002 manco a farlo apposta col diesse attuale di Battistella, quel Francesco Chicchi che poi tra i pro ebbe una brillante carriera, cioè, una carriera in cui la vittoria più importante fu … boh, ora non ricordo neanche. E la RAI si collega al telefono con Chicchi e ripropone le immagini un po’ dimenticate del suo mondiale e forse era meglio se non le facevano rivedere perché in quel rettilineo Chicchi fece così tanti cambi di traiettoria che oggi l’avrebbero squalificato di sicuro.

La Zeriba Illustrata esprime solidarietà a tutti i ciclisti azzurri che vincono un mondiale e dopo sono costretti a cantare i ridicoli versi dell’inno nazionale.
a livello umano
Teen agé
Quando Quintana esplose Bulbarelli diceva più o meno che non sembrava poco più che ventenne ma poco meno che anziano. Oggi nel mondiale juniores non era la stessa cosa: uno dei favoriti era lo statunitense Quinn Simmons ma se i ragazzi americani sono ancora come quei cazzoni delle commedie sceme e più sceme che purtroppo attraversano l’Oceano per arrivare qui non bastassero gli avanzi di Colorado, facile che ieri sera abbia combinato qualche ragazzata e che oggi non abbia potuto correre. E a giudicare dall’aspetto quello che ha corso doveva essere il padre, un barbuto signore di una certa età che ha battuto facilmente gli avversari, primo tra tutti nel senso di secondo Alessio Martinelli.
Intanto un’ombra inquietante si allunga sull’Olanda: ma cosa mangiano a colazione? Con una fermata al primo bagno utile Casper Van Uden si propone come l’erede di tom Dumoulin.
La Zeriba Suonata – Sì, è la BBC
Ho letto che stasera la RAI trasmette un programma con quel personaggio partenopeo e parte foggiano intitolato No non è la BBC, e purtroppo lo sappiamo che la RAI non è la BBC, che per anni e anni su BBC Radio 1 ha trasmesso le famose Sessions di John Peel, il dj che sulla sua lapide ha voluto una frase di uno dei suoi gruppi preferiti, gli Undertones.
Cose da pazzi
La settimana scorsa i belgi facevano gli spiritosi, scrivevano che i ciclisti della Ineos vanno in vacanza prima degli altri, e io pensavo Voi ridete, ma forse non sapete che Gerainthomas sta preparando il mondiale a crono e di sicuro ci tiene a vincerlo dato che si corre in casa, e quel giorno ne riparliamo. Oggi è quel giorno ma Thomas non c’è, s’era già defilato, ha detto di non essere al meglio, e l’ha sostituito l’inseguitore Archibald che abituato a correre sui 4 km ha fatto bene anche sui 54 della crono odierna a smentire quelli che dicono però la distanza, e spesso lo dicono per gli italiani, che è un mistero come mai sono tornati ad andare forte nelle crono in un paese che le crono quasi le bandisce, se proprio ne dovete mettere una nei grandi giri che non sia lunga più di 3 km, 3 km e mezzo, e che sia una cronoscalata, altrimenti vengono troppo penalizzati i famosi scalatori, quali scalatori poi non si sa, e a ulteriore dimostrazione oggi mica lì c’era Cassani, no, era in Italia con quelli della prova in linea, e in Inghilterra c’era Marco Velo, e allora a quegli italiani che fanno i sospettoni e dicono com’è che quel ragazzino lì va così forte e non è neanche italiano ricordate che Marco Velo ha vinto 4 campionati italiani a crono e nell’albo d’oro però c’è solo 3 volte. E dicevo gli italiani invece a crono vanno forte, e uno dei pochi della Ineos che non è andato già in vacanza è Filippo Ganna che ha vinto il bronzo, e siccome non siamo superstiziosi non crediamo che abbiano influito quelli della RAI che a un certo punto, loro che durante i grandi giri fanno il doposcuola e spiegano le cose giuste e importanti, hanno iniziato a sperare che dopo Ganna venisse a piovere così gli avversari avrebbero avuto problemi a fare le curve, e infatti pochi secondi dopo questa gufata è andato giù Campenaerts che rialzatosi si è messo a correre a piedi in attesa della bicicletta come ha insegnato Froome. Non inquadrato è caduto pure Lampaert, per cui anche se hanno avuto ragione sulla faccenda delle vacanze Ineos i belgi non hanno avuto molto da divertirsi perché poi Evenepoel non ha fatto l’exploit che si pensava ed è arrivato “solo” secondo. Sul podio senza casco Evenepoel mostrava la sua faccia da ragazzino che sembra quasi minorenne e non ha neanche un fisico prestante, è piccolo come l’altro connazionale che si sta mettendo in mostra in questi giorni il crossista Eli Iserbyt: nel ciclismo c’è spazio per tutti. Un’altra convinzione che è stata smentita è che per andare forti nelle grandi occasioni bisogna correre nelle gare vere, non basta allenarsi, ed ecco che Primoz Roglic che esce vincente dalla Vuelta parte 3 minuti prima di Rohan Dennis, che invece non correva da inizio luglio, e viene raggiunto e solo da lì in poi cerca di restargli attaccato e va addirittura a fare una specie di sprint sul rettilineo finale, così che se l’umanità avrà un futuro e qualcuno un giorno vedrà la foto di questo arrivo penserà che si trattava di una corsa in linea. Dennis ha lasciato il Tour in maniera quasi puerile, ha fatto polemiche sulla bici che secondo lui non era abbastanza performante, ma già prima aveva fatto delle considerazioni un po’ inquietanti mostrando di avere una visione della cronosquadre degna della Sparta di Frank Miller. Ora è tutto in mano agli avvocati, qualcuno in RAI pensa si possa ricucire, come si dice, ma certo Dennis The Menace nonostante il secondo mondiale consecutivo potrebbe avere difficoltà a trovare squadra perché, oltre ad aver fatto cattiva pubblicità alla bicicletta co-sponsor l’ha fatta anche a sé stesso che ormai ha fama di pessimo carattere, e oggi ha voluto correre con una bici della marca con cui correva fino all’anno scorso anche se con le scritte coperte con uno scotch nero che chissà se poi non riduce l’aerodinamica della bicicletta.

Sono Pazzi Questi Rohani.