Mese: dicembre 2019
La Zeriba Suonata – buchi neri
Dicono il drum’n’bass sì però. Ma “però” lo dico io. In questo 2019 al tramonto c’è stata la notiziona della prima foto di un buco nero. Ebbene, i 4 Hero ben 25 anni prima ci proponevano i Suoni dal Buco nero. Se poi si trattasse dello stesso della foto oppure no questo non lo sappiamo né ci importa, ma è per dire l’anticipo sui tempi nonostante la luce viaggi molto più veloce del suono.
come orche
Seguiranno una rotta?
La Domenica della Zeriba – Il cane che non sapeva scrivere
A volte nasce prima il disegno e poi ci scrivo sopra una specie di storia per giustificarne l’esistenza. Altrimenti cosa dovrei farci secondo voi, dovrei buttarlo? Ah sì? Bravi, questo è il vostro spirito ecologista?
Il cane che non sapeva scrivere
Il cane Rodolfo era un cane che non sapeva scrivere. Non sapeva neanche leggere. A dirla tutta non era capace neanche a far di conto. Una volta passò da quelle parti, cioè dalle parti del cane Rodolfo, il poeta ispirato Aldo Merinos, il quale, saputo dalla gente del luogo che il cane Rodolfo non sapeva né leggere né scrivere, disse: Forse allora sarà capace di fare altro, come insegnare a volare a qualche gabbianella? Ma Rodolfo il cane rispose: Non ci penso nemmeno. Quello è uno stupido lavoro per gatti! Il poeta ispirato se ne andò deluso. La morale di questa storia è che non bisogna stuzzicare il cane che dorme. E al poeta ispirato gli andò bene che il cane Rodolfo quella volta appunto non stava dormendo, perché quel cane là, voi non lo conoscete, sarebbe stato capace di staccargli un anulare con una di quelle cesoie che usano i giardinieri.

Colonna sonora: THE SUNDAYS – “Reading, Writing And Arithmetic”; Rough Trade, 1990
il Vicepadreterno
La croce di Santo Stefano
Quella testa dura di google translate non capisce niente di ciclismo e per lui i ciclisti sono cavalieri e il cross è la croce. E che Santo Stefano sarebbe senza la croce, pardon, senza il cross di Heusden-Zolder? Ormai è un appuntamento tradizionale della Coppa del Mondo la tappa nella località legata anche a uno dei più brutti mondiali su strada della storia. Tra gli uomini ha vinto ancora Mathieu Van Der Poel; i suoi principali avversari sono malmessi e lui non ha inteso fare regali, dicendo E chi sono io, Babbo Natale? Tra le donne Lucinda Brand prima ha sfiancato Marianne Vos, che con l’esperienza e l’abilità tecnica ha supplito a una forma da migliorare, e poi ha vinto una volata lunghissimissima contro Ceylin Del Carmen Alvarado che si è consolata infilandosi in testa alla classifica. La migliore delle italiane è stata ancora Eva Lechner nonostante si intestardisca sempre in scelte tecniche e tattiche che fanno disperare Luca Bramati, ed è andata molto bene anche la giovane Francesca Baroni che dimostra che si può andare forte anche correndo quasi soltanto in Italia. Meno bene del suo solito Alice Maria Arzuffi ma anche lei ha qualcosa con cui consolarsi: lei corre in Belgio dove ormai è più popolare che in Italia, da quelle parti lungo i percorsi di gara si vedono bandiere dedicate ad alcuni crossisti, forse da tifosi o forse dagli sponsor, da anni ne vediamo di giganti col faccione di Laurens Sweeck, e ieri abbiamo visto anche delle bandiere con i volti di Annemarie Worst e Alice Arzuffi, la quale già era comparsa sul sito di Het Nieuwsblad in una fotogallery di sportivi vari in versione natalizia.

Ceylin e Alice Maria vestite da Babbe Natale o quasi.
psycastagne
Renner Renna
Renna Renner
La Zeriba Suonata – Poco prima o forse dopo
Senti un nome esotico e roboante come Reginald Kenneth Dwight e pensi sia un nobile inglese ma invece è Elton John. Allo stesso modo senti William Emmanuel Bevane e pensi a un conte perso nelle campagne inglesi e invece è un musicista elettronico conosciuto con un nome d’arte che già dice molto: Burial. Per chi fosse così pigro da non scomodarsi neanche ad andare su google translate Burial significa Sepoltura e quindi il musicista è quasi omonimo del gruppazzo metallazzo brasiliano, col quale però non c’è affinità musicale, perché il britannico fa musica ambient-jungle-triphop . La parola Burial nella musica fu già usata come titolo di uno storico album dei Death In June negli abissi degli anni 80, roba allegra.
Burial all’inizio non si sapeva chi fosse, era il figlio di un parente inglese di Elena Ferrante o il cugino di Luther Blissett? No, era William eccetera e quando si è saputo aveva già fatto due album e quelli sono rimasti, l’ultimo Untrue del 2007. Dopo ha pubblicato solo singoli ed EP, che proprio poco prima che finisca il decennio raccoglie nel doppio antologico Tunes 2011 – 2019 per l’etichetta Hyperdub, disco spartano nel titolo e nella confezione nera. La musica di Burial è a volte rarefatta, ora più solenne, musica sacra per luoghi sconsacrati astenersi gelaterie o musica sconsacrata per luoghi sacri, ora più spettrale, musica ambient per un brutto ambiente, il pianeta dopo che sarà bruciata la casa di Greta o posti lugubri al cui confronto le dead cities dei Future Sound Of London sono luoghi ameni. Poi la musica si vivacizza, e in fondo questi generi sono nati per ballare, e alcuni brani potrebbero essere suonati perfino al Carnevale di Rio se i carri sfilassero non nel sambodromo ma in un garage sotterraneo. Per finire diciamo che anche Burial è vittima della fantomatica Burocrazia: infatti questo, poiché non è un disco di inediti ma una raccolta, non può concorrere nei vari referendum per il disco dell’anno, favorendo così quel rompiscatole di Nick Cave che continuando a chiagnere e fottere ha vinto sia per Rumore che per Blow Up. Se fossi un dj suonerei volentieri Loner.