Può succedere che il primo disco a colpire di un nuovo anno sia in realtà dell’anno vecchio. E’ successo due anni fa con i Cigarettes After Sex, poi l’anno scorso con Tirzah, che fa musica del suo tempo, e succede quest’anno con the innocence mission, che hanno pubblicato See You Tomorrow su cui c’è la data 2019 ma, al contrario di Tirzah, potrebbe essere molto più vecchio, anche se questa volta il loro folk a volte quasi ricorda un altro più famoso duo, gli EBTG, e a volte è più orchestrale, tipo una versione meno roboante dei Beirut, e non a caso un loro estimatore è Sufjan Stevens. Li volle fortemente l’etichetta Bella Union di Simon Raymonde ex Cocteau Twins questi sposini che dicono molto religiosi, e infatti se una frase attribuita a molti dice che non ci sono generi musicali ma solo buona e cattiva musica, questa oltre che buona musica è anche musica buona, ci sono i buoni sentimenti dentro, ma se anche ne parlasse bene pure il MOIGE continuerebbero a piacermi perché, dopo il bel disco del 2018, confermano di saper fare belle canzoni, se vi piacciono, e se non vi piacciono i due vi perdoneranno, credo che funzioni così.
Più che sotto giù quello del Tour Down Under è un ciclismo sottosopra: Richie Porte dalle sue parti non cade mai e vince, non la tappa di Willunga Hill, che aveva vinto per 6 volte consecutive, ma la classifica finale per la seconda volta, e come gregario ha nientemeno che il campione del mondo, mentre lo stilista Nizzolo vince in volata. L’unico che è sempre lo stesso è Ulissi che con la sua aurea mediocritas si piazza e ripiazza, nelle tappe e nelle classifiche finali, mica come Toon Aerts che ha ottenuto tanti secondi posti uno sopra, o sotto, l’altro, senza vincere una tappa della Coppa del Mondo di ciclocross neanche per sbaglio, ma proprio sul più bello si è sbagliato e ha vinto la classifica finale.
Questo racconto può sembrare una parabola ma non lo è, diciamo che è una para-parabola.
La zizzania
Ostilio, quando incontrava il suo amico Clemente, appena ne aveva l’occasione parlava male di una persona che non diciamo chi è, perché se tante volte la conoscete potreste pensare che ne vogliamo parlare male, e invece non è questo che ci interessa. E questa occasione, di parlare male della persona che non diciamo, a Ostilio capitava spesso. Allora a un certo punto Clemente pensò che così la cosa non andava bene, ma non per quella persona, bensì per Ostilio che stava sempre a covare rancore, sembrava quasi che si fosse fissato. E quindi un giorno gli propose di accompagnarlo dal Maestro, una specie di santone, un mezzo eremita mezzo filosofo, che dicevano che aveva la capacità di infondere, con poche parole, serenità o sicurezza alle persone, a seconda della bisogna. E Ostilio acconsentì, anche se aveva qualche dubbio, ma pure lui pensava che in fondo non andava bene il fatto che stava sempre a pensare a quella persona e a parlarne male. Allora i due andarono dal Maestro che viveva sopra una montagna, in una zona dove si arrivava per una stradina stretta che era praticamente una mulattiera. E quando arrivarono, Clemente lasciò Ostilio solo col Maestro a parlargli del suo caso. Questi ascoltò il racconto di Ostilio e poi, con grande calma e con lo sguardo rivolto in alto che sembrava guardare nel vuoto, iniziò a dire: Immagina di essere un contadino, e di avere un piccolo pezzo di terra da coltivare. Cosa sceglierai di coltivare? Frutta e verdura, per alimentarti, o una parte di questo terreno la terrai per coltivare zizzania? Faticherai e suderai per i buoni frutti della terra o anche per una pianta maligna? Ecco, quel terreno è come la tua vita, la quale è breve come esso è piccolo. Sappi scegliere cosa farne. E ora vai in pace. E lo congedò. Quando Ostilio uscì, Clemente gli chiese: Beh, che ti ha detto? E Ostilio: Ma che ne so! Questo vecchio rimbambito mi ha preso per un contadino.
Decenni fa già alla visita militare per far familiarizzare i ragazzi con l’ambiente minacciavano quelli che non si comportavano bene di sbatterli a Pordenone, forse perché è una città al confine, ma nonostante Caserta sia quasi al centro pure mi chiedevo se per contro quelli di Pordenone li minacciavano di sbatterli a Caserta. Tanto, le probabilità statisticamente erano alte, Caserta ai tempi del servizio di leva obbligatorio era piena di caserme, ed enigmisticamente si tratta di un cambio di consonante: Caserta-caserma, e pare che pure Stendhal già ai tempi del Grand Tour si lamentò di questa cosa. Però in quegli anni lì a Pordenone succedeva qualcosa di grosso, anzi di grande, un Grande Complotto, proprio così, The Great Complotto, ma non roba da cospirazionisti, roba da punk, un movimentato movimento, una cosa multimediale forse meno squillante di quello che succedeva a Milano ma una delle vicende fondamentali della storia del punk italiano, a livello della scena di Bologna, e se non ne sapete molto ma siete curiosi potete cercare il cofanetto libro+CD+altro che la Shake Edizioni realizzò qualche anno fa (titolo quasi ovviamente: The Great Complotto). E di questa cosa i pordenonesi vanno ancora fieri, e forse non ne usciranno mai vivi. Prendiamo i Tre Allegri Ragazzi Morti, quando Toffolo e compagni si sono guardati allo specchio, però senza le maschere, e hanno contemporaneamente avvertito dolorini qui e lì, hanno capito che non potevano continuare a fare gli adolescenti, però da adulti gli prendono i 5 minuti di nostalgia per il glorioso passato e cantano di una città dove c’eranoi punk meglio vestiti al mondo, un po’ come dire il nano più alto del mondo, ma va bene così. Tutto questo succede in Calamita, brano con chitarrine alla REM tratto sempre da Sindacato dei sogni, nel cui video c’è una ballerina online che balla con sullo sfondo un disegno di Alessandro Baronciani, pesarese.
La pagina di Het Nieuwsblad dedicata al ciclismo non mi dispiace, è varia, ci sono notizie, risultati, commenti, gossip, però c’è una cosa che suona sciovinista e anche offensiva verso certi ciclisti stranieri, e mi riferisco al fatto che nel titolo spesso non vengono identificati col loro nome ma come ploegmaat, cioè compagni di squadra di qualche importante ciclista fiammingo, tipo il compagno di Van Avermaet ha fatto questo oppure al compagno di Evenepoel è successo quest’altro. Ci manca solo la versione fiamminga di Beppeconti che dica che Peter Sagan potrebbe essere di Bruges e chiamarsi Peter Sagan, uguale.
Sanremo la preoccupazione era il Poggio, chiuso nella stagione delle frane, ma Sagan dice di averlo già provato quindi sarà stato riaperto. Ma prima c’è l’altro Sanremo, quello delle canzoni, e per quello la gente non sa che per una sorprendente vacatio legis non c’è l’obbligo di seguirlo. Però diciamo che è difficile sfuggire alle notizie che sbucano dappertutto, al chiacchiericcio che punta a suscitare curiosità. Mi pare che nel campo partecipanti non ci sono sorprese: ci sono quelli che esistono solo a Sanremo, le presunte vecchie glorie che non vogliono finire nella balera di Cantando Ballando, gli avanzi di talent e poi la quota indie, cioè minimo un gruppo che almeno una volta nella carriera sia stato recensito, va bene anche se per sbaglio, da Rockerilla Rumore o Blow Up, e quest’anno ce ne sono addirittura due, di cui uno che per mettersi avanti col lavoro ha fatto già uscire il libro a fumetti. Poi, dato che gli organizzatori stessi non credono che i concorrenti attirino abbastanza pubblico, ci sono gli ospiti e i superospiti, tra cui qualcuno che scandalizzi fa d’uopo. Quest’anno allo scopo c’è un trapper mascherato che ha fatto un pezzo contestato sessista violento volgare, e non so se questa faccenda della maschera impressioni ancora qualcuno, certo ci sono sempre i critici di una certa età che per dimostrare di essere al passo con i tempi sono capaci di spacciare per significativa novità qualsiasi fesseria. Per quanto riguarda il tema dell’identità ci sono stati ben altri progetti in altri ambiti, tra cui il semi-famoso Luther Blisett degenerato poi in Wu Ming, e pure Elena Ferrante c’ha un’età e i reumatismi, poi le maschere, i Daft Punk per dire sono in giro da più di venti anni per non andare ancora più indietro fino ai Residents, e di trappani che con la maschera ci risparmiano la loro faccia ormai ce ne sono molti, sembra quasi una moda, o forse preferiscono giustamente non essere riconosciuti. E la cosa si diffonde anche a livello locale, qui ad esempio un duo multietnico, cioè uno mascherato e l’altro no, hanno girato in una scuola un video contro la medesima. I Cure invece si manifestavano a volto scoperto, per quello che possono essere scoperti volti truccati peggio di vecchie zie del dopoguerra. Il loro primo singolo si intitolava Killing An Arab e per questo titolo ha avuto molti problemi, sia prima che durante le guerre di religione, ma in realtà quella canzone citava il romanzo Lo straniero di Albert Camus. I trappani invece non so chi citano, forse il bullo del loro quartiere, o forse i conduttori televisivi. Una curiosità finale su questo diffuso cognome inglese: gli Smiths sono stati ospiti a Sanremo nel 1987, cosa che gli portò bene, infatti di lì a poco si sciolsero, l’anno dopo Smith Mark E. con i suoi Fall partecipò al Sanremo Rock delocalizzato in un palazzetto, Smith Robert e i Cure non sono mai stati a Sanremo, forse neanche in gita.