Oggi è iniziata la terza stagione di classiche dell’anno, e in tutte le annate ci sono tre blocchi di corse in linea, solo che in genere la prima finisce il primo maggio a Francoforte e invece quest’anno è stata troncata due mesi prima, la seconda tra agosto e settembre vede delle corse che quest’anno sono state parzialmente cancellate ma ha ospitato quelle italiane di primavera e di autunno, e poi ci sono le classiche d’autunno che quest’anno sono per lo più quelle di primavera. E infatti oggi si è disputata la Waalse Pijl con il tradizionale arrivo sul Muur Van Hoei e domenica seguirà la Luik-Bastenaken-Luik, e voi mi direte ma di cosa stiamo parlando, e in effetti non è corretto chiamare in fiammingo delle corse valloni che poi non si riconoscono, però anche a guardare il Muro di Huy senza pubblico era difficile riconoscerlo, e questa cosa in diretta l’ha fatta notare solo la sensibilità di Giada Borgato, che può sembrare frivola quando si dichiara esperta di gossip ciclistico ma è molto più dentro il ciclismo vivo dei colleghi uomini che ci sorbiremo nei giorni a seguire, e quando poi la gara maschile è stata un’altra testimonianza del ricambio generazionale lei ha detto che finalmente non c’è più il nonnismo che impediva ai giovani di emergere, che è una cosa che andrebbe approfondita e non si è mai sentita dai commentatori maschi, forse ne sa qualcosa Eros Capecchi? E gli uomini RAI hanno iniziato questa stagione con la solita lamentela sul Giro danneggiato dal nuovo calendario, dimostrando la stessa testardaggine e lo stesso orgoglio fuori luogo degli organizzatori del giro medesimo che non hanno voluto tenere conto dell’eccezionalità del periodo e non hanno voluto accorciarlo un poco, ma basterebbe pensare proprio al Belgio che ha un’unica corse a tappe nel World Tour, per di più in comproprietà con l’ex Olanda, una corsa adatta agli uomini da classiche, ed è stata programmata contemporaneamente alla Freccia Vallone, per non parlare della Spagna con la Vuelta spostata a novembre e che dovrebbe passare sul Tourmalet che però è già innevato. Per la vittoria si attendeva lo spareggio tra Anna Van Der Breggen e Marianne Vos, le due ex olandesi più in forma del momento entrambi vincitrici di 5 edizioni e ha vinto Anna che, come ha commentato la Borgato, ha fatto quello che non bisogna fare, una progressione anziché una volata, lunga, in testa senza mai guardare indietro. Ora qualcuno vorrà invece guardare l’ordine d’arrivo tutto per verificare se qualcuna è caduta, ma delle favorite nessuna, ha forato la Ludwig ma è agevolmente rientrata con tanto di traino delle ammiraglie e sfacciato bidon collé perché la borraccia l’ha poi buttata, ed è arrivata seconda davanti alla Vollering. Le due piazzate sono le ultime vincitrici del Giro dell’Emilia e non è un caso, perché più volte il Muro di Huy è stato paragonato alla salita di San Luca e la famosa “esse” è stata paragonata alla Curva delle orfanelle, ma la brutta notizia è che l’anno prossimo il Giro dell’Emilia femminile non è in programma, e non credo sia a causa delle mortadelle di Amici che minerebbero la linea delle cicliste, peccato che agli organizzatori e ai politici che si vantano del mondiale e del giro intatto nessuno vada a chiedere conto di un calendario femminile sempre più misero. Si corre poco qua, è significativo che Giada Borgato che correva soprattutto in Italia ricordi l’emozione del pubblico sul Muro di Huy e non di quello del Giro Rosa, che infatti non esiste, e forse per questo Rossella Ratto da anni cerca fortuna all’estero e non sempre ci azzecca, eppure nelle poche occasioni in cui corre dimostra che il potenziale per fare bene c’è sempre e in un paese in cui vanno forte soprattutto le passiste veloci, che suppliscono alle poche corse su strada con l’attività su pista, di cicliste come Rossella c’è ancora bisogno. Quest’anno corre (si fa per dire) con la sciagurata squadra belga Chevalmeire di cui non si conosce neanche la maglia e oggi è arrivata 76esima, difficilmente poteva far meglio avendo corso poco, ma comunque è la prima della sua squadra, famosa anche per aver ingaggiato Puck Moonen che da qui inizia il piano quadriennale per diventare campionessa del mondo, intanto oggi si è ritirata come nelle altre corse UCI disputate quest’anno ma c’è tempo, però se non mostra progressi sportivi e non mostra neanche più le foto che l’hanno resa famosa qualche suo fan potrebbe restare deluso. La Van Der Breggen, dicevo, ha vinto facendo quel che non si deve fare sul Muro di Huy, non sprecare energie e scegliere il momento giusto per partire, e quando è quel momento giusto alcuni hanno impiegato un’intera carriera per scoprirlo, invece Marc Hirschi l’ha saputo al primo tentativo, come se venisse qui da anni, approfittando anche dell’assenza dell’intero podio dell’anno scorso ma gli avversari scafati c’erano e hanno assistito alla consacrazione di un campione, forse.

O vogliamo dire che Anna Van Der Breggen ha vinto perché nella gara maschile è caduto Vansevenant?