Siete di quelli che hanno problemi col sito di qualche Pubblica Amministrazione o attendete una risposta a una vostra domanda? E quando qualche politico parla di troppa burocrazia vi sentite coinvolti e annuite con la testa? Guardate che non sta parlando di voi, che nella faccenda potete tutt’al più servire da pretesti. Oggi, per dire, mi è capitato di sentire il consueto Discorso del venerdì alla Nazione, pardon, alla Regione, di un Governatore, che parlava di sburocratizzazione con molte “s” “b” “r” e pure “z”, e accennava agli appalti, al ruolo delle sovrintendenze e ai troppi vincoli ambientali. Viceversa, se volete costruire un albergo a pochi metri dal mare o sull’argine di un fiume sotto un costone di roccia, beh, la cosa vi può interessare.
Piera Detassis, Presidente dell’Accademia del Cinema Italiano, quando ha annunciato che il Premio David di Donatello alla carriera sarà assegnato a Sandra Milo, ha definito l’attrice “bionda vaporosa e svanita”, va bene, niente in contrario, però gli XTC, pardon, The Dukes Of Stratosphear non dedicarono a lei la canzone sulla ragazza che svaniva.
Questa non la sa neanche Beppe Conti: se il Giro d’Italia 2021 è dedicato ai 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, il Giro del 2022 sarà dedicato ai 60 anni dalla nascita di Diabolik, partirà dall’estero e la prima tappa sarà una cronometro da Clerville a Ghenf.
Sulla faccenda del genocidio degli armeni Diamanda Galas ce l’aveva soprattutto con gli Stati Uniti che per convenienze economiche e politiche facevano finta di non riconoscerlo, ma ultimamente qualcosa è cambiato e il Presidente ha detto che a guardarlo bene sembra proprio un genocidio. Meglio di niente, l’ideale sarebbe che lo dicesse pure la Turchia, ma per ora non se ne parla, e non per cattiveria, ma la tempistica per il riconoscimento di errori e orrori del passato è molto lunga, ci vogliono secoli, pensate alla Chiesa cattolica.
Gli italiani di notte sognano Ursula, ma non quella che come una Venere un po’ mascolina sorgeva dalle acque dopo averne depredato i fondali, no, l’altra, quella dell’Europa, perché trovano più erotici i soldi europei. Ma per avere quei soldi bisogna prima fare i compiti e l’esame e come materia è uscita Le Riforme. Non so se chiederanno delle riforme a piacere o scelgono loro, io vedrei bene la riforma dell’imprenditoria e pure quella delle banche ma pare che non possono essere toccate, e allora andrebbe bene semplificare le leggi, però non possiamo aspettarci indicazioni opportune da persone così rigide per i nostri politici così contorti: che cosa vuoi rendere semplice se non si comincia dalle teste? E già, perché a quanto pare l’incidente turco non è stato causato solo dal padrone di casa che, accortosi che c’era una donna in piedi, le voleva chiedere di preparare un caffè per gli ospiti, ma anche dal rigido protocollo che gli europolitici redigono per sé stessi. E con questa rigida classe eurodirigente non so quanta fiducia si può avere nell’arrivo di quei soldi che permettano di mantenere lo stesso alto tenore di vita, pur continuando a bivaccare nei dintorni dei locali, a un popolo crapulone che con autoironia ha eletto suo Santo Patrono il Poverello d’Assisi. Ma del fatto che qualcosa sia cambiato nel paese, soprattutto nella consapevolezza di quale sia l’attività trainante per l’economia, ce ne accorgeremo quando finirà lo smart-working e allora prevedo che la tivvù di impegno incivile, tra una tetta e una chiappa, pedinerà i dipendenti pubblici per esporre alla gogna quelli che dopo aver timbrato il cartellino andranno a lavorare invece che al bar a sostenere l’economia del paese.
Con la Liegi-Bastogne-Liegi finisce la primavera delle classiche senza neanche l’appendice del G.P. di Francoforte e si potrebbe fare un bilancio. Con il rinvio della Roubaix all’autunno rimanevano tre classiche monumento e si partiva con tre fenomeni, tre giganti, tre grandi, tre tenori, che però avevano finora vinto una monumento cadauno, un po’ poco per dei fenomeni, ma potevano rimpinguare il palmarès vincendone una ciascuno di questa collezione primaverile e sarebbero stati tutti contenti. Invece niente, i tre grandi tornano a casa con classiche minori: Van Der Poel con le Strade Bianche, Alaphilippe con la Freccia Vallone e Van Aert con la Gent-Wevelgem e un’Amstel sempre più dubbia vinta con un fotofinish che non ha convinto nessuno, e forse quelli che parlavano dei tre grandi non sapevano contare fino a quattro, perché se Stuyven e Asgreen sono stati delle sorprese relative Pogacar proprio no, anzi il vincitore del Tour ultimo scorso aveva avvisato tutti già alla Tirreno-Adriatico battendo tutti e tre i grandi in un colpo solo. E paradossalmente la sua vittoria alla Liegi potrebbe anche fargli venire un doppio rimpianto, sia per la Freccia di mercoledì non corsa per una positività in squadra sia per la Liegi dell’anno scorso in cui Alaphilippe con la sua deviazione frenò sia Pogacar che il suo futuro cioè attuale compagno Hirschi. Volendo metterla sul drammatico si potrebbe dire che la volata di ieri è stata iconica ed emblematica di un cambio generazionale, con Valverde che lancia la volata in testa, Woods che sembra poterlo superare ma finisce per lanciare Alaphilippe che a sua volta fornisce la scia a Pogacar e basta così. Ma il cambio generazionale sembra riguardare anche la generazione Sagan, ammesso che esista, perché se lo slovacco sembra in declino il suo storico amico-rivale Kwiatkowski sembra riciclarsi come regista e chioccia dei giovani, e casomai in questo ultimo ruolo dovrebbe insegnare a quel disastro di Sivakov ad andare in discesa. E anche per le donne, per stare al passo con gli uomini, ci vorrebbe un ricambio generazionale visto che l’élite mondiale è composta da veterane tra le quali la più giovane è Elisa Longo Borghini prossima ai 30. E allora, se per le volate ci sono già ad alto livello Wiebes e Balsamo, per le gare più impegnative la danese Ludwig non fa ancora il cosiddetto salto di qualità, mentre più promettente è la nederlandese Demi Vollering. Anche se ha buttato via una Freccia del Brabante per aver voluto alzare troppo presto le braccia la ragazza ne capisce di ciclismo e mercoledì ha insistito con la dubbiosa Anna Van Der Breggen perché corresse per vincere alla Freccia Vallone, le ha detto di non preoccuparsi che sotto al Muro di Huy ce la portava lei e così è stato. E per ricambiare ieri la campionessa del mondo nel finale si è messa in testa col suo ritmo che impediva attacchi, ha staccato Marianne Vos che è meglio non portare alla volata, e poi ha preso in ostaggio Van Vleuten Niewadoma e Longo Borghini e ha tirato fino a poche centinaia di metri, e a questo punto un’altra avrebbe potuto sentire troppa responsabilità, invece Vollering è partita e ha vinto nettamente e ha festeggiato con la capitana che pure nel ruolo di gregaria è un fenomeno, ma l’anno prossimo davvero Vollering rischia di trovarsi addosso troppe responsabilità in una squadra che in un sol colpo perde Van Der Breggen Blaak e D’Hoore, e pure il rapporto d’amicizia con Anna dovrà cambiare un poco. La campionessa infatti abbandonerà per cambiare completamente vita e passerà dal ciclismo al … ciclismo, diventerà direttore sportivo della squadra e all’occorrenza dovrà fare qualche cazziatone alla futura capitana, anche se non sembra una cosa congeniale a lei e vorrà dire che delegherà Chantal Blaak che la seguirà in questa avventura. Ma una cazziata si spera che l’abbia fatta pure la Bronzini all’amica Elisa che col terzo posto a Liegi davanti proprio alla Niewadoma può rimpiangere, anche lei, un’Amstel buttata via. Però almeno, a forza di piazzamenti, Elisa Longo Borghini è tornata in testa alla classifica del World Tour che si contende con Marianne Vos non so se mi spiego, e se fosse stata nuotatrice o tennista con questa notizia ci avrebbero aperto tutti i telegiornali.
Quando il Mondo era diviso in due blocchi, e lo sport era diviso in dilettantismo e professionismo, nell’Est Europa di professione i ciclisti facevano i dilettanti. All’epoca il G.P. della Liberazione di Roma era una corsa importantissima per i dilettanti, anche se la definizione di Mondiale di Primavera era esagerata e sciovinistica perché era una gara né lunga né selettiva e spesso finiva in volata. Poi la corsa ha perso un po’ di importanza, ma nel 2016 le affiancarono una gara femminile, internazionale anche se di classificazione inferiore, che prendeva il posto del G.P. Liberazione di Crema. Due edizioni le vinse Marta Bastianelli che ci teneva perché laziale, la terza la vinse Letizia Paternoster, poi il G.P. Liberazione ha avuto dei problemi e per due anni non si è disputato. Oggi ritorna e in tono trionfalistico hanno detto che si fa in tre, ma oltre alla gara principale, per under 23 ex dilettanti, c’è una prova per juniores e una per allievi e, forse a evitare che in Italia si faccia un po’ troppo per il ciclismo femminile, della gara delle donne si sono liberati.