
Compresi i tromboni

Da giovani andavamo per cineclub e una delle cose che più mi sono rimaste impresse di quegli anni fu quando, durante la proiezione de L’Avventura di Antonioni, ai primi sintomi di deprivazione sensoriale e di insofferenza, andammo a verificare sull’opuscolo la durata del film e uno dei presenti, che non aveva problemi di incomunicabilità e capì bene il minutaggio, come in stato di shock iniziò a ripetere: 144 minuti! 144 minuti! 144 minuti!
Capita a tutti di porsi degli obiettivi e mancarli o raggiugerli parzialmente. A ottobre dovevamo avere l’immunità di gregge, abbiamo solo il gregge ed è già qualcosa.
Questo post può essere comprensibile solo ai cultori di uno dei miei film italiani preferiti perché fa riferimento a un dialogo tra la Bisset e Trintignant, agli altri lo consiglio vivamente (il film, del post potete fare a meno).
E’ che c’è una cosa che mi chiedo a proposito della Legge Zan: ma Letta come pronuncia “Boston”? Bàston o Bòston?
In giro ci sono delle cantanti come Lana Del Rey e Billie Eilish che sembrano dire “Vorrei suicidarmi ma con la fortuna che mi ritrovo qualcosa di sicuro andrebbe storto”. Di questa allegra brigata la voce più fascinosa è quella di Elena Tonra che però è poco prolifica sia con i Daughter che come Ex:Re. E con il suo gruppo ha inciso una riverberosa e cupa versione di una clamorosa hit danzereccia.
Ma già che ci troviamo, per il brano originale ci si misero in quattro, due geni come Pharrell e Nile Rodgers e quei due francesi lì, però il brano che è del 2013 somiglia vagamente a una canzone del 2007 che pure parla di fortuna: Boa Sorte della brasiliana Vanessa Da Mata e anche in questo caso si ricorse ai rinforzi nella persona di Ben Harper.
Come saprete, ieri nella principale colonia del Vaticano è stata bocciata la proposta di Legge Zan sulla faccenda lgbt. Pertanto in mancanza di una legge, certi comportamenti offensivi e discriminatori non possono essere puniti e la Polizia ha le mani legate, come mostra questo breve ma scottante documento filmato:
L’augurio è che a un accordo sulla legge si accompagni un cambiamento culturale che renda non più accettabili certi prodotti “culturali”, insomma che la tivvù, massimo strumento didattico, non trasmetta più certi film offensivi e diseducativi o che almeno non li trasmetta in orari scomodi o su canali che, digitale terrestre o meno, non si vedono, perché io il dvd non l’ho ancora trovato e il romanzo non riuscirò a leggerlo finché non accetterò il fatto che dentro il libro non c’è Jacqueline Bisset.
Ma durante il lockdown come gli venne in mente a quelli della tivvù di uscirsene che ne saremmo usciti migliori? Forse era ottimismo drogato e pre-draghiano? E poi non hanno mai specificato in che senso migliori. Forse intendevano dire che avremmo dato più valore alle cose davvero importanti, come diceva quel ragazzino dentro quel film svedese cioè che bisogna saper fare i confronti nella vita per trovare la giusta distanza dalle cose? Forse saremmo usciti più ottimisti? Fino al punto di avere una hit estiva allegra e ballabile di Lana Del Rey casomai featuring Billie Eilish? No, questo sarebbe stato davvero troppo anche per la più ottimistica delle finte previsioni. E infatti da quando siamo usciti le uscite discografiche di Lana Del Rey sono già tre, e dopo il disco di poesie e Chemtrails Over the Country Club ecco ora Blue Banisters, ma il tasso di positività nelle sue canzoni è sempre intorno all’uno per cento.
Ieri mattina una tivvù, una qualunque perché sono intercambiabili, diceva che riparte l’economia, ripartono i cantieri, ma senza operai. Era uno di quei rari giorni feriali in cui mi sono trovato in giro di mattina e ogni volta che mi capita mi meraviglio di quanti adulti in età lavorativa ci siano in giro, spesso fuori ai bar, e mai con la faccia preoccupata di chi deve cercare il modo di sopravvivere. Ma i servizi giornalistici mirano sempre a qualcosa, e quello cui accennavo mirava sicuramente a dire che la gente al lavoro preferisce il reddito di cittadinanza, soldi buttati che potrebbero essere utilizzati meglio, tipo ristrutturare le case dei ricchi. Ma forse il problema non è quel sussidio pure miserello, sono i valori e la cultura in senso lato proposti dai media e dai provvedimenti governativi e che spesso vanno d’accordo, e non premiano il lavoro ma chi truffa imbroglia o riesce a diventare un vip effimero per il tempo sufficiente a non far niente in 2 massimo 3 reality show. E io resto sempre del parere che la riforma prioritaria e irrinunciabile che si dovrebbe attuare in Italia è quella dell’imprenditoria, che contestualmente non dovrebbe essere più vista come una manica, pardon, una categoria di benefattori che graziosamente creano lavoro, e quindi che lo pagassero decentemente il lavoro di cui hanno bisogno per le loro attività.
Ian Cooper e Paul Hammond sono due musicisti dell’Essex e rispetto a noi la Gran Bretagna fino a prova contraria si trova oltre il mare, e ora con la Brexit lo è anche di più. I due negli anni 80 con il nome A Primary Industry facevano musica etereo-shoegaze e incisero un album intitolato Ultramarine, poi dal 1989 cambiarono ragione sociale, non so se cambiarono pure la partita IVA, e si chiamarono come quel loro vecchio disco. Gli Ultramarine fanno musica elettronica al gusto folk e jazz, e se l’unione di questi due generi vi fa venire in mente Canterbury avete indovinato perché nell’album United Kingdoms canta Robert Wyatt.
Negli anni 10 hanno rallentato con i dischi per tornare nel 2019 con Signals Into Space in cui ha collaborato Anna Domino, cantante non d’oltremare ma d’oltreoceano.
Ho sempre pensato, vabbe’ non sempre, diciamo da un certo momento della vita in poi, che chi crede che si possa avere tutto è un immaturo, uno che non ha capito niente, che non vuole guardare in faccia la realtà, e non parliamo poi di quelli che “vogliamo tutto e subito”. Nel ciclismo ce ne sono molti di tipi così, tra i ciclisti e i commentatori, compresi quei veterogiornalisti che vorrebberro che, con un calendario fittissimo dal quale uscire vivi, i velocisti, per onorare il Sacro Giro, scalassero montagne e montagne senza neanche l’obiettivo di un’ultima tappa con arrivo in volata. Quest’anno poi c’è stato il mezzo flop dei fenomeni che pensavano di poter saltare da una specialità all’altra e vincere dovunque e hanno finito la stagione senza vittorie importantissime. E ora in tanti, dagli ex ai vecchi del plotone come Nibali, dicono che questi giovani che corrono molto e sempre a tutta, difficilmente avranno una carriera lunga. Eppure se si va a guardare dove molti guardano solo di sfuggita, cioè nel ciclismo femminile, una delle annate più intense l’ha vissuta una trentatreenne ciclista tedesca che va forte a cronometro e quindi è stata impegnata sia su strada che su pista, alle Olimpiadi ai Mondiali e agli Europei, nella prova in linea e a cronometro e nella staffetta mista su strada e nell’inseguimento individuale e a squadre su pista, le hanno risparmiato solo la staffetta agli Europei, e nella stagione stradale ha corso le classiche del pavé, ha vinto i campionati nazionali sia in linea che a crono, ha corso il Giro della Turingia e a seguire il Giro d’Italia fino alla fine senza dileguarsi in anticipo come altre che volevano preparare le Olimpiadi, e infine la ricordiamo inseguire la Longo Borghini per cercare di acciuffare il terzo posto alla Roubaix. Ora la Germania ha anche altre inseguitrici forti, hanno occupato tutto il podio ai mondiali, ma lei è ancora la migliore e nella finale ha dato l’impressione di poter raggiungere la compagna ma di non aver voluto infierire. E insomma la Germania può fare a meno di Angela Merkel ma non di Lisa Brennauer.