
Un versetto

La cultura hip hop e il rap nel 2003 avevano già una bella lunga storia, piena di situazioni, di tipi, anche di luoghi comuni, e Ludacris, regolarmente iscritto all’albo dei rappers, nel video di Stand Up ne prende in giro un bel po’. Ludacris è un bel tipo, oltre che rapper è anche attore, da ragazzino era in un gruppo ma, contrariamente a quello che dovrebbero fare gli artisti e i trasgressivi, lasciò per studiare e, come se non bastasse questa stranezza, è nato americano con il nome Christopher Brian Bridges, ma ha preso il passaporto del Gabon. Il regista è Dave Meyers che ha una videografia sterminata e nel tempo libero gira spot pubblicitari.
Le Slits sono state un gruppo fondamentale del post-punk, anticipatrici di tante band successive dai RIP RIG + PANIC alle Warpaint. La formazione è cambiata più volte, ne ha fatto parte anche Neneh Cherry come corista e ballerina, ma il nucleo storico era composto dalla fondatrice Ari Up, la più sballata della comitiva, dalla chitarrista Viv Albertine e dalla bassista Tessa Pollitt. Nel video di Typical Girls, tratto dal loro primo album Cut, suonano nella cassa armonica di un parco e poi fanno i fanghi e se ne vanno a zonzo così diciamo agghindate. Il video fu censurato ed è difficile risalire all’autore. Il gruppo era tra i preferiti del biondino dei Nirvana, che di musica ne capiva, poverino, ma come autore era proprio scarso.
Una delle più famose Tragedie in due battute di Achille Campanile si intitola Fatalità: – Il microbo: Papà, quando sarò grande mi regali un orologio? – Il padre del microbo: Sciocchino, tu non sarai mai grande.“ Ora ne abbiamo una versione aggiornata.
A un Festival un microbo, riferendosi a un altro microbo, dice: “Microbo, datti una calmata.”
Nel 1989 RipRig+Panic e i loro eredi Float UP CP si erano già sciolti mentre i Massive Attack non avevano ancora pubblicato il loro primo disco. Neneh Cherry fece uscire Raw Like Sushi, il suo primo album, che conteneva Manchild scritta insieme a Robert Del Naja alias 3D. Quest’ultimo, a causa di una presunta gaffe di Goldie, è sospettato di essere Bansky ma, dato che è di origini napoletane, potrebbe essere anche Elena Ferrante. Il video di questo brano che è già trip-hop è di Jean-Baptiste Mondino ed è caratterizzato dalle immagini ondulatorie, come le onde del mare o una culla o un’altalena, vai a sapere cosa gli frullava, anzi gli dondolava in testa.
Questo è un post rinfrescante perché dedicato all’alimento che dà un senso all’estate. C’è chi ne canta il lato gradevole nel rito pomeridiano annunciato dal suono di una campanella
Jonathan Richman And The Modern Lovers – Ice Cream Man
e chi ne denuncia le conseguenze socio-economiche in un canto che a distanza di più di 40 anni è ancora di drammatica attualità.
Lo spazio è pieno di satelliti che inquinano e lasciano detriti. Sopportiamo perché pensiamo che quei satelliti svolgano delle funzioni importanti, per le comunicazioni le esplorazioni o lo spionaggio, ma non è sempre così. Un satellite porterà nello spazio gli scarpini di un calciatore amico di boss e dittatori e anche i messaggi dei suoi sudditi orfani. C’è chi dice che gli manca più del nonno e chi dice che ora starà facendo divertire gli angeli giocando a pallone, ma in tal caso gli consiglierei, dato l’ambiente, di non fare battute sulla mano di Dio. Ma la statistica dov’è? Eccola: nel 2013 ci fu un referendum per chiedere agli abitanti delle Falkland/Malvinas se volevano stare di qua o di là, cioè se volevano continuare a essere sudditi della Regina o diventare cittadini presumibilmente affamati di un paese in cui governi populisti si succedono a governi populisti. Lo 0,20 % degli elettori votò per l’Argentina.
Kate Bush studiò danza e mimo, anche con Linday Kemp, e nei suoi primi video ballava sempre, ballava nell’inaudito esordio Wuthering Heights e in Babooshka, poi negli anni 80 si diede una calmata, duettò con Peter Gabriel ballando un lento molto statico e nel famosissimo Running Up The Hill si limitò a recitare. Era attratta anche dallo studio della religione e del misticismo, nessuno è perfetto, e in Them Heavy People, un brano in levare quasi reggae contenuto nell’esordio The Kick Inside del 1978, cantava di dervisci ben prima di Battiato e citava Gesù e il mistico Gurdjiev, però nel video Kate Bush non è molto mistica, casomai è molto sensuale e pure litigiosa perché con i due loschi figuri che l’affiancano finisce a botte da orbi come se fosse Bud Spencer, anche se i due non hanno proprio il fisico del ruolo dei rissosi da bar.
Per una ciclista che solo su strada ha vinto 241 corse UCI può sembrare facile vincere una tappa del Tour, ma non è così. Però che Marianne Vos stia meglio in maglia gialla che con la divisa color discarica abusiva della sua Jumbo questo sì che c’est plus facile.
E’ finito un Tour de France che rimarrà memorabile, almeno finché la memoria ci assisterà, eppure non è stato esente da errori. La sconfitta di Pogacar dovrebbe risollevare tutti perché un fenomeno imbattibile poteva nuocere al ciclismo da vari punti di vista, e lo sloveno ha detto che dovrà imparare dai suoi errori, ma non sappiamo a quali si riferisce. Molti pensano ai tanti scatti e all’aver inseguito un Rambic poco credibile perché, anche se nessuno sapeva che aveva delle fratture, pochi giorni prima si era sistemato la clavicola da solo. Altri pensano che sia stato un errore correre alcune classiche primaverili come il Fiandre, anche se io ho avuto l’impressione che, per motivi di scuderia, nella prima parte della stagione l’obiettivo da centrare a tutti i costi era l’UAE Tour e poi abbia continuato a correre sfruttando la condizione. Ma anche il vincitore Vingegaard ha fatto uno sbaglio che poteva essere ben più grave: nella crono del sabato ha corso a tutta come se fosse lui a dover recuperare e ha rischiato di sfracellarsi in discesa. Rimasto in piedi ha poi rallentato, forse per la paura, forse per lasciare la vittoria di tappa a Van Aert, o forse per godersi una passerella finale salutando il pubblico. E già, perché la tappa finale di Parigi è praticamente la passerella ufficiale, ma c’è ancora da sudare perché lì è come se un laureando prima festeggiasse con amici e parenti e poi andasse a discutere la tesi. Poche volte non si è arrivati alla volatona accidentata sul pavé degli Champs-Elisées, e la più clamorosa fu nel 1979 quando andarono in fuga i primi due della classifica Hinault e Zotemelk e se la giocarono allo sprint; allora vinse Hinault ma erano tempi in cui non si storceva il naso di fronte allo strapotere di qualcuno. E quest’anno visto che i primi due hanno corso sempre vicini vicini si poteva ipotizzare un finale analogo, e all’inizio della tappa davvero è partito Van Aert ed è stato raggiunto prima da Tadej e poi da Jonas ma era per ridere e si sono rialzati, e quindi via ai brindisi e alle foto, il primo con la moglie e i genitori, poi con lo zio e i cugini, cioè no, però tutti i Jumbo e poi tutti i danesi. La foto più difficile era quella della Ineos che ha vinto la classifica a squadre e sono arrivati alla fine tutti e otto, bisognava farli entrare tutti nella fotografia ma allo stesso tempo stare attenti a non allargare troppo l’immagine perché ai lati della carreggiata c’erano vari ciclisti previdenti che svuotavano la vescica prima di arrivare a Parigi. Dicevo gli errori, non li hanno commessi solo i ciclisti, ma pure i giornalisti. Nella conferenza stampa definitiva del sabato qualcuno ha chiesto a Vingegaard se fa uso di doping; ma siete scemi? Intanto la domanda è infelice e mi fa pensare anche che i sospetti sul doping nascondano pensieri etno-razzisti: Vingegaard è danese come Riis e Rasmussen quindi si droga, ma prendete pure Marcell Jacobs, credo che se fosse stato statunitense nessuno avrebbe sospettato niente ma un italiano come si permette di vincere i 100 metri alle Olimpiadi? E parlando di atletica, perché nessuno va a fare la stessa domanda a chi in questi giorni ha avvicinato i record di personaggi inquietanti come Florence Griffith-Joyner buonanima? Ma poi che ingenuità: ma pensate davvero che se qualcuno si dopa poi lo dice tranquillamente ai giornalisti? Armstrong e Virenque, per dire, hanno negato finché hanno potuto e Pantani se glielo chiedevano si arrabbiava. Vabbe’, ridendo e scherzando i ciclisti passano nel Louvre ed entrano nel circuito finale, gli ex come il Garzo dicono che a quel punto viene la pelle d’oca ma pure per gli spettatori è una liberazione perché si inizia a fare sul serio. E di tentativi di fuga ce ne sono, anche di Pogacar nel finale ma nello stesso momento Ganna ha la stessa idea e finiscono per pestarsi i piedi a vicenda. Si arriva alla volatona con quel bestio di Kristoff che fa a spallate con la lanterna rossa Calebino Ewan (Alexander si sarà abbassato un po’ perché la spalla dell’australiano gli arriva al ginocchio) e vince Jasper Philipsen, confermando che in questi ultimi anni non c’è un velocista nettamente e costantemente superiore com’era stato in passato con Cavendish e Kittel, il contrario di quello che avviene tra le donne con Lorena Wiebes. E infatti poche ore prima sullo stesso circuito si era conclusa la prima tappa del Tour femminile, che fa la staffetta con quello maschile, e Lorena ha dato un po’ di biciclette alle sue avversarie, da Kopecky terza a Balsamo settima passando per Barbieri quarta. Sì, però qualcuno informato dirà che Wiebes ha vinto di pochi centimetri, ed è vero, ma la battuta è Marianne Vos che è un mondo a parte.
Questa viene ritenuta la prima edizione del Tour femminile, come se quelli corsi in passato fossero dei falsi, dei Tour made in China, eppure ricordo che ai tempi di Maria Canins si correva parallelamente agli uomini. Comunque sia, gli uomini RAI hanno accennato alla cosa esclamando: “Finalmente, era ora!”, ma la RAI ha fatto il grave errore di non comprare i diritti per la trasmissione della corsa, anche se ciò non sminuisce la bontà del prodotto offerto in queste tre settimane, almeno secondo loro, e infatti Pancani si è complimentato con Rizzato, Rizzato si è complimentato con Pancani ed entrambi si sono complimentati con Garzelli, il quale ha voluto finire alla grande con la sua esatta pronuncia del luogo che ha ospitato l’ultima tappa: gli sciamp elisé, che potrà sembrare un errore ma è solo un lapsus spiegabile con il fatto che il Garzo ha dovuto elidere gli sciampi dalla sua vita.
Dato che siamo in tema di “estetica” parliamo pure di maglie. In occasione del Tour alcune squadre, che ci si è abituati a vedere con una divisa, per l’arrivo di nuovi sponsor o omaggi vari o altre circostanze, cambiano maglia e quest’anno è successo che più squadre si sono buttate sul blu e si aveva difficoltà a distinguere Trek, Alpecin, Israel, mentre quella inconfondibile era la maglia color discarica della Jumbo-Visma.
E’ sul blu pure la maglia che indossa la SD Worx nella gara femminile, ma si tratta di una divisa disegnata l’anno scorso da Amy Pieters che a dicembre fu investita e andò in coma, ma dopo mesi ne è uscita e sta recuperando, quindi ben venga questo omaggio. In chiusura un ultimo errore è stato dei media in generale per non aver dato abbastanza spazio a una vittoria altrettanto significativa se non di più. E’ vero che l’ha ottenuta la meno vincente delle squadre professionistiche in una corsetta slovena, il G.P. Kranj, ma il vincitore è Andrea Peron, finora noto soprattutto per le lunghe fughe nella Milano Sanremo, che corre nella Novo Nordisk, la squadra giramondo che ingaggia solo ciclisti con il diabete, e pensavo che tra antidoping covid e diabete chissà quanti controlli fanno ogni giorno.