Sventurato lo sport che ha bisogno di eroi

Il giro arriva a Rivoli, col solito grappolo di ritirati e con una tappa intermedia, di quelle che a metà giro va via la fuga e arriva così sicuro che ci si può pure scommettere. Sì, però ci si mettono in trenta come se qualcuno avesse detto Avanti c’è posto e infatti alla fine il vincitore Nico Denz, tedesco il cui cognome tradisce le origini lucane, non le tradisce? vabbe’, allora le tradisce il nome che sarebbe diminutivo di Domenico, dicevo che Nicodenz dice che alcuni non volevano tirare ma volevano fare i passeggeri, ma trenta fuggitivi è difficile farli andare d’accordo. Però la successiva fuga dalla fuga non è partita con scatti e controscatti ma con un’inconsapevole fagianata, a una rotonda in sei si erano trovati davanti di qualche metro senza accorgersene, poi quando se ne sono accorti hanno tirato dritto, e alla fine sono rimasti in tre e se la sono giocata loro la tappa, e per fortuna dei cronisti ha vinto questo tedesco col cognome facile, perché l’alternativa sarebbe stata il lettone Toms Skujins (al netto di segni grafici inattesi e misteriosi) che in carriera ha avuto tre fasi, quella in cui lo chiamavano Skùgins, poi la fase Squìnc e ora la fase Skùins. Nella fuga c’erano pure Bettiol e Formolo, ma come spesso gli accade stanno sempre a tirare o scattare per fare un’ulteriore selezione, poi litigano, poi attaccano di nuovo, ma quando parte la fuga giusta stanno sempre altrove. Altrove ma da quelle parti c’è il primo museo italiano di arte contemporanea, che non poteva sfuggire al servizio per il doposcuola, e hanno mostrato la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, e pensavo che quando, in linea con le politiche dell’attuale governo ma anche di quelli passati, ai poveri vorranno togliere pure l’arte povera per darla ai ricchi, che comunque ce l’hanno già, quell’installazione sarà ribattezzata Venere degli abiti vintage. E a proposito di Pistoletto, sul percorso sono comparsi tre pistola, tre attivisti climatizzati che non potendo buttare sostanze biologiche a km zero nelle fontane pregiate si sdraiano sul percorso di una corsa ciclistica. Già si è visto che personalizzare certe proteste, come nel caso di Greta, rende più agevole la propaganda a favore della tesi opposta, basta attaccare il personaggio cercando errori o ipotizzando manovratori, ma con questi individui mi verrebbe da fare il complottista e pensare che siano manovrati da chi vuole mettere in cattiva luce la causa ambientalista, perché mi sembrano molto stupide oltre che controproducenti queste azioni. Comunque gli darei lo stesso un consiglio: inutile fare azioni di protesta durante una corsa ciclistica che non la vede nessuno, sdraiatevi piuttosto su un circuito automobilistico durante un GP di Formula 1, e se le auto non riusciranno a frenare pazienza, anzi meglio, diventerete dei martiri dell’ecologismo e vi faranno pure un monumento, ovviamente biodegradabile.

E poi, sempre per gli attivisti sdraiati, si informino bene sui percorsi, che rischiano di rimanere in mezzo alla strada come dei pirla (dite che già lo sono?) in attesa di una corsa che non passerà mai, e se tutto andrà bene gli passerà addosso solo qualche motorhome. E’ quello che è successo nella successiva tappa di Crans Montana. I ciclisti dicono che la discesa dalla Croix de Coeur è pericolosa e appellandosi al weather protocol chiedono di evitarla prendendo la scorciatoia dopo il Gran San Bernardo. Vegni fa una controproposta: sopprimiamo il Gran San Bernardo e facciamo solo la Croix de Coeur e i ciclisti accettano convinti di aver fatto un affare. Apriti cielo (non nel senso meteorologico): non potendo disporre di una tappa epica i giornalisti la buttano sul melodrammatico e si strappano i capelli, soprattutto Fabretti che ne approfitta per ribadire che il prodotto che lui propone è una schifezza e all’arrivo dice che ha perso il ciclismo, però non dice contro chi giocava. E’ tutto un pianto e un’indignazione generale, dicono che al Tour non sarebbe successo, è vero, se ricordassero la tappa in cui Bernal praticamente vinse la corsa ebbene quella non fu segata prima ma durante, quando si resero conto che andavano a finire in una strada allagata. C’è sempre quel complesso di inferiorità, quella rivalità coi cugini transalpini, eppure l’Italia merita rispetto, se non altro per la faccenda dei bidet, che all’estero non ce l’hanno e noi siamo più civili e puliti, e il bidet dovrebbero metterlo pure sulla bandiera lì dove prima c’era lo stemma sabaudo, è uguale, anche se all’estero potrebbero cambiare discorso e parlare del water turistico-alberghiero che ha trovato Gerainthomas, ma noi in Italia non ci facciamo caso, niente che non si veda in bagni pubblici, stazioni, uffici e locali. E dicono che il ciclismo è uno sport da veri uomini, eppure immagino che la maggioranza di quelli che dicono queste cose nella vita vadano al lavoro, se lavorano, rigorosamente con l’auto privata e non prendano in considerazione nessun luogo che non sia dotato di ampio parcheggio e che vadano a prendere i figli a scuola entrando in aula con l’auto. E dicono che il ciclismo è così, con freddo pioggia neve terremoti e ossa rotte, ma sventurato lo sport che ha bisogno di eroi, pensate il calcio dove i tifosi sono i primi a dire che con il campo acquitrinoso bisogna sospendere la partita, soprattutto se stanno vincendo gli avversari, o il tennis dove nessuno si scandalizza se si smette di giocare con poche gocce di pioggia, che non sia mai si creano delle pozzanghere rischia di sporcarsi il completino.

Pare che Vegni abbia patteggiato una tappa breve purché si dessero battaglia, e invece manco quello, anzi il risultato è stata la dimostrazione che non è detto che le tappe brevi assicurano lo spettacolo. Gli uomini di classifica arrivano in gruppo, o gregge a seconda dei gusti, e un po’ di spettacolo lo fanno i fuggitivi, se non altro per i litigi tra Pinot e Cepeda. Pinot scatta e poi si lamenta che Cepeda non collabora, Cepeda fa finta di niente, mille attacchi mille battibecchi, Pinot dice, chissà in quale lingua, se non vinco io non vinci neanche tu, Cepeda continua a fare finta di niente e continua a succhiare le ruote a Pinot, ma a sua volta Einer Rubio succhia le ruote del succhiaruote, e quando i due litiganti attaccano lui perde terreno arranca e poi recupera, e nel km finale scatta Cepeda e mentre Pinot sta per rispondere Einer Rubio li passa in tromba e vince. Il colombiano ha fatto l’apprendistato a Benevento e da under 23 era una promessa, vinse pure il G.P. di Capodarco che si corre il 16 agosto. E la corsa agostana mi fa venire in mente l’estate ciclistica italiana, tutti stanno a lamentarsi quando si applica il weather protocol ma nessuno ne contesta l’applicazione preventiva organizzativa, cioè nessuno eccepisce niente sul fatto che in Italia non ci sono corse per professionisti a febbraio, che spesso è più mite di maggio, e a luglio e agosto manco a parlarne, corrono solo i dilettanti.

In conclusione, se molti sono delusi dal taglio della tappa, pure io sono deluso, perché giornalisti commentatori e tifosi l’hanno fatta così grave che mi aspettavo che qualcuno si suicidasse, buttandosi dalla Cima Coppi o sdraiandosi sui binari quando passa il treno rosa, invece niente, che vili.