Stanno ancora tutti lì a lamentarsi che al Giro mancano le azioni eroiche, e quelli che raccontano la corsa hanno ragione perché con gli attacchi sotto le intemperie verrebbe tutto più facile, sono bravi tutti, è raccontare l’infraordinario ciclistico, tipo Perec, che è difficile. E pure il pubblico si lamenta ma nessuno ne trae le conseguenze, nessuno si suicida, nessuno si alza dal divano e, approfittando del fatto che questa corsa non gli piace, prende una vanga e un paio di stivaloni e va a fare l’eroe in prima persona andando a spalare fango in Romagna, no, perché il problema del pubblico lamentoso è che vuole vedere gli altri fare quelle cose straordinarie che lui, il pubblico, mai si sognerebbe di fare, e il fango anziché spalarlo preferisce buttarlo addosso a qualcuno. E se si parla a vanvera arriva Cipollone, il precoce umarell del ciclismo, che finge di dare un modesto consiglio ai ciclisti ma in realtà attacca il capo del sindacato. Lui ha qualche problema con gli australiani, già l’anno scorso criticò Hindley solo perché si era lamentato di non aver visto i genitori per più di due anni a causa del covid, forse si ricorda ancora delle volate contro Mc Ewen che ha vinto un po’ di meno, era meno possente, ma era molto più spettacolare. A Cipollone non piace l’Australia, non capisce neanche come mai non cadono nel vuoto visto che stanno sottosopra. E ora invita i giovani a non dare retta a chi viene da lontano dove non c’è cultura ciclistica, cioè un paese che ha una squadra in prima serie mentre l’Italia no, ed è senza palmarès, che tradotto significa non date retta a un milionario che invece di starsene a casa a contare i soldi ha terminato 20 grandi giri consecutivi, e non pagava il biglietto per fare il passeggero ma stava in testa al gruppo a tirare, e una volta gli è sfuggito pure di vincere una tappa, ma ascoltate piuttosto chi non ha mai concluso un Tour perché dopo aver vinto le prime tappe se ne andava al mare, oppure chi vinceva i Giri piallati dal Sergente Torriani.

Garzelli è un altro che dice ai miei tempi, beh, di quanto corresse ho già scritto qui, ma aggiungiamo che in questo secolo solo due edizioni del giro hanno visto più ritirati, almeno per ora perché in quelle edizioni c’erano più partenti e alla fine calcolerò le percentuali, cioè quelle del 2001 e del 2002, in cui correva pure Garzelli, e i ciclisti andavano a casa per positività non al covid ma al doping, pure Garzelli, quindi questo è il suo ai miei tempi. Intanto si corre ancora sotto la pioggia, anzi sabato è una delle giornate peggiori e il belga Rex mima una nuotata, e vince ancora Nicodenz, ma esulta troppo presto, vince lo stesso ma alzando il braccio dà una manata a Gee, e non si capisce se vince al fotofinish o per K.O.T.. Bettiol arriva terzo e dice aver lanciato presto la volata perché il computerino diceva che era a 200 metri dal traguardo e invece era a 300, e non ha pensato di dare un’occhiata ai cartelli analogici che scandiscono l’ultimo km. Il giorno prima c’era stata la protesta perché le app preannunciavano un brutto tempo che poi non c’è stato, insomma i ciclisti sono vittime delle fake news. Però se lo spettacolino ha accontentato i criticonzi, comunque c’è stato spazio per un altro scandalo: tra i fuggitivi il migliore in classifica era Bruno Armirail e il gruppo dei big gli ha lasciato un vantaggio sufficiente a prendersi la maglia rosa e con essa tutte le interviste i protocolli e le perdite di tempo supplementari, che per un mezzo miracolato come Armirail, ottimo cronoman e basta, non sono un problema, quando gli capiterà più, ma per uno che punta alla classifica significano andare ai massaggi e al riposo molto più tardi e stare più tempo al freddo, e al Giro vale il contrario: per non prendere freddo non bisogna mettersi la maglia (rosa). Però così si configura il reato di “lesa maglia rosa” e anche chi non vuole farne un (melo)dramma trova strano che si lasci la maglia a poche tappe dalla fine.

La successiva tappa bergamasca riserva un’altra sorpresa: il sole, chi ci sperava più. Si fa il solito percorso con il pavé di Porta Garibaldi la salita della Boccola e la discesa fino all’arrivo, e si scatena Ben Healy. Il ciclista disegnato male si inserisce nella fuga, fa a spallate pure per i GPM, anche se nel caso di un ciclista storto come lui è difficile capire se davvero fa a spallate o è soltanto inclinato, nel finale si trova in testa con Brandon Mc Nulty e l’emergente Marco Frigo e perde dall’americano. Dietro i big si controllano e Armirail conserva la rosa.
In conclusione la Zeriba Illustrata vuole rendere un servizio al Giro, perché è meglio prevenire che lamentare. Se il problema di avere la maglia rosa sono le interviste e i protocolli bisognerebbe snellire la parte burocratica e non perdere tempo con le interviste, tanto più che le domande e le risposte sono sempre le stesse. Quindi, non potendo intervenire sulla parte procedurale, questo blog mette a disposizione un’intervista standard che si può sottoporre all’intervistato che si limita a sottoscriverla per la diffusione senza perdere ulteriore tempo. Ecco quindi l’intervista precompilata.
-Cosa provi?
-Sono molto contento.
-Hai realizzato cosa hai fatto?
-Ancora non mi rendo conto di quello che ho fatto, forse domani.
-Vuoi ringraziare qualcuno?
-Sì, voglio ringraziare la squadra, la mia famiglia e tutti quelli che mi sostengono.