
La Zeriba Suonata – Bye bye Love

Negli USA si battono i record: Biden batte quello dei nuovi posti di lavoro, Beyoncé quello dei Grammy e Lebron James quello dei punti segnati nella NBA. Il precedente recordman era Kareem Abdul-Jabbar nato Lew Alcindor. Non ne so niente di basket, ma di Jabbar mi è rimasta impressa questa performance:
In occasione della morte di Gina Lollobrigida i media hanno ricordato che è stata anche scultrice, e a me la cosa ha fatto venire in mente che anche il suo collega Giuliano Gemma era scultore e nel 2000 tenne una mostra a Caserta. Allora avevo iniziato a fare una microfanzine chiamata “Maglia Nera” (nome anch’esso di derivazione ciclistica), e sulla mostra scrissi (allora ancora con la macchina) questo pezzetto che vi propongo pari pari.
Sono nato nel 1960 e quando nel 2014 ho iniziato a bloggare pensavo di essere già troppo vecchio in questo ambiente, poi invece ho scoperto che ci sono anche bloggers più anziani, anzi, direi che l’età media è alta, e penso sia quasi inevitabile che spesso i post rivelino rimpianti per i bei tempi passati che non ritornano più, quando si stava meglio, praticamente l’età dell’oro. Ma ammettiamolo che si può fare il “giovane” fino a un certo punto, ci si può sforzare di apprezzare le cose presenti, ma poi si finisce col ricordare con nostalgia quelle belle cose del nostro passato che erano oggettivamente migliori. E allora, in barba (ops) a quel bastian contrario di Aure70 che ci propone i suoi ricordi di diciamo ristrettezze economiche, eccovi una mia rassegna, parziale, di belle cose che purtroppo non ritornano più, preparate i fazzoletti ché verrà la lacrimuccia anche a voi.
Il surrogato di cioccolato, per gli intolleranti all’agiatezza, non so cosa ci fosse dentro, ricordo solo quelle tavolette piccole e sottili e quella scritta.
Il bustone gigante di patatine sul bancone della salumeria. La pasta venduta sfusa non l’ho vista, ma le patatine sì, potrà sembrare una pratica poco igienica, ma rafforzava il sistema immunitario, non come oggi che basta una piccola pandemia per ammalarsi.
La bella scuola classista di una volta, che non faceva discriminazioni, aveva un occhio di riguardo sia per il figlio del notaio che per il figlio del ricco commerciante del centro, a preservare l’attualità del libro Cuore.
Il sano realismo delle classi differenziali, che non metteva grilli nel piccolo cervello minorato di deficienti e handicappati, inutile illuderli, per loro non era possibile una vita come quella delle persone normali, ma un posto in prima fila nelle manifestazioni religiose nessuno glielo avrebbe negato.
L’insegnamento dei Valori, ad esempio l’amore per la Patria, col ricordo delle imprese eroiche dei nostri militari, come quelli che con i loro superbi aerei combatterono in Africa contro quei primitivi neri con le loro ridicole lance.
I giocattoli pubblicizzati sulle pagine di Topolino o del Corriere dei piccoli che lì rimanevano, ma durava poco, il tempo di crescere e iniziavi a pensare che pure Paola Pitagora rimaneva sulla carta.
I fumetti che alternavano due pagine a colori e due in bianco e nero, per combattere lo spreco ed evitare che i bambini si abituassero troppo bene.
Le casalinghe: in 13 anni di scuola dell’obbligo ricordo un compagno che aveva la madre insegnante, gli altri tutti figli di casalinghe, non perché mancasse il lavoro ma perché non rientrava nella mentalità diffusa.
Il riformatorio, pardon l’orfanotrofio religioso, in cui non tutti erano orfani, mica si era nei cartoni giapponesi, ma c’era anche qualche figlio di genitore indecentemente indigente. Tutti vestiti uguale, e meno di quanto avrebbe richiesto il clima per meglio temprarsi, ma amorevolmente seguiti sia dal prete quasi come se fossero suoi figli (nonostante avesse già i suoi due da mantenere), sia dagli insegnanti. Infatti frequentavano la scuola statale e nella mia classe in prima media dei 10 ai blocchi di partenza ne furono promossi ben 3.
Le assemblee studentesche in cui avevano diritto di parola tutti quelli che la pensavano allo stesso modo.
Gli studenti armati di manganello, e quelli politicamente più preparati anche con coltelli e pistole, che si affrontavano in nome dei loro ideali, altro che edonistici gavettoni. E a questo proposito voglio rivolgere un pensiero a quelli che non hanno potuto vedere realizzato il loro sogno rivoluzionario perché finiti ingabbiati in condizioni penose, costretti a fare il medico, l’avvocato, il banchiere o il giornalista.
L’ideologia che tutti i cervelli si porta via, così comoda perché dentro c’era già tutto pensato. Ma sono crollate davvero tutte le ideologie? No, c’è rimasta la religione, vuol gradire? No, grazie, come se avessi accettato.
Studenti e operai uniti nella lotta, bastava solo che gli studenti capissero che gli operai non erano quelli color verde fosforescente con le orecchie a punta e il più era fatto.
I cantau… cough… dicevo, i cantaut… etciù! Scusate, mi è stata diagnosticata un’allergia a quelli là.
I politici di una volta, capaci di virtuosismi linguistici che legittimavano tutto senza sbilanciarsi. Emblematiche le “convergenze parallele” di Aldo Moro che hanno fatto scuola, basti vedere l’attuale governo “vengo anch’io” e la scissione del M5S con una parte che sta con Draghi e l’altra che appoggia il governo.
I “liberi” di Skorpio e Lanciostory, ai quali avrebbe dovuto riservare tutta la sua arte Roberto Recchioni invece di toccare Dylan Dog: Vade retro, Xabaras!
La diretta degli ultimi 5 km della Parigi-Roubaix, scelta felice perché iniziando la trasmissione quando non c’erano più tratti di pavé da percorrere si evitava al pubblico che gli venisse il mal di mare e che si annoiasse con una lunga diretta.
Al Giro è finita la pacchia, fino a Torino si è scherzato, quella di Superga era una salitella, ora arrivano le montagne con la emme maiuscola, e infatti a Torino sono volati i minuti di ritardo e la classifica è stata sconvolta, mentre da Cogne si scende con la classifica invariata: il ciclismo è una scienza inesatta. Dopo la débâcle del giorno prima la Ineos torna compatta in testa al gruppo a presidiare la corsa e lascia andare solo la fuga di giornata, nella quale si infila pure Van Der Poel che altrimenti si annoia, ma Stupor Mundi non va lontano. Con una settimana di ritardo rispetto alla tappa abruzzese c’è invece Giulio Ciccone, che può essere paragonato a vari ciclisti del passato e del presente: ha le doti diplomatiche del corregionale Vito Taccone, l’intelligenza tattica di Claudio Chiappucci e la fortuna di Sep Vanmarcke con cui si scambia le figurine di farmaci e presidi medico-chirurgici, meno male che almeno è forte. Dicevano che per migliorarsi Ciccone doveva stare calmo, non innervosirsi e non litigare come succede sempre quando è in fuga, e lui deve aver ascoltato i consigli perché stavolta ha litigato ripetutamente solo con il giovane colombiano Buitrago. Ha smesso solo quando sull’ultima salita è riuscito a staccare gli ultimi avversari, ma, quando il britannico Carthy si è riportato su Buitrago al suo inseguimento, Rizzato ha avvisato che essere in due è sempre meglio che essere da solo, e se questa norma in genere vale per il sesso può valere anche per il ciclismo. E com’è successo il giorno prima per la vittoria di Yates tutti hanno detto che questo è il vero Ciccone, ma non è vero che questo è quello vero, ormai sono arrivati alla maturità e possiamo dire che è vero tutto Ciccone come tutto Yates, quello che un giorno perde un giorno vince e l’altro crolla. Mica è obbligatorio essere campionissimi fortissimi, e del resto i grandi giri sono solo tre in un anno e se togli quelli vinti dagli sloveni resta poco. Anzi, Ciccone come pure lo Yates che c’è e anche il gemello che è altrove prima prendono coscienza dei loro limiti e rimodulano in base a essi le loro ambizioni è meglio è, e se Giulio non è il nuovo Nibali può essere il nuovo Mollema. Sul rettilineo finale Ciccone fa lo show, chiama l’applauso, lancia gli occhiali al pubblico come esplicitamente previsto dal contratto, e poi si mette a piangere, e dopo sarà festeggiato anche da quell’altro piagnone di Jumpin Perez, secondo è Buitrago pure lui piangente, è tutto un piagnisteo, non sappiamo se piange pure il terzo perché quando è prossimo al traguardo la RAI, oscurando gli arrivi almeno fino al sesto, manda la pubblicità, e verrebbe da augurargli che i soldi da essa ricavati vengano opportunamente spesi per farmaci e presidi medico-chirurgici.
Sarà vero che Papa Giovanni Paolo I, detto il Papa dal volto umano, fu avvelenato, e che Bonifacio VIII dopo lo schiaffo di Giacomo Colonna Sciarra, invece di porgere l’altra guancia, replicò con un’empia capocciata in bocca, e che Celestino V fece il gran rifiuto per dedicarsi alla mountain bike? Chi può dirlo? I segreti vaticani sono segretissimi. Ed è vero che ci fu una Papessa donna di sesso femminile che per giunta ebbe un figlio? Beh, questo abbiamo chi può dircelo: Aure1970 nella sua pierangiolesca rubrica 5 cose che ancora non sai sulla Papessa Giovanna.
La famosa lotta alla famigerata Burocrazia secondo me è difficile proprio perché potrebbe essere semplice, cioè per risolvere il problema basterebbe semplificare le norme, ma le cose semplici possono farle solo persone capaci di cose semplici e non quelli che invece si incartano con leggi che nascono già contorte perché vanno dietro al chiacchiericcio dell’attualità. Ora in questa battaglia scendono in campo addirittura Nathan Never e Legs Weaver che nell’albo ancora in edicola, o forse non più, indagano per conto di una ditta di demolizioni che fornisce argomenti utili alla causa. Devo dire che Legs Weaver la preferivo quando aveva un albo tutto suo e girava per le pagine mezza nuda, e che in questo periodo sto comprando qualche albonello (=albo di Bonelli) per le medaglie celebrative degli 80 anni della ditta. Ho apprezzato un numero di Julia, ho perso quelli di Martin Mystère e con grande sorpresa ho scoperto che è ancora possibile leggere un Dylan Dog decente, a patto che non ci metta mano l’attuale curatore. E questo albo di NN non è male, però la Bonelli ormai è un’istituzione e in quanto tale si propone anche fini educativi, come fa il Giro d’Italia della RAI, e ad esempio in questa storia alcuni personaggi sono di quelle persone che si chiudono in casa con la loro strumentazione elettronica ed evitano i contatti umani, e così viene toccato un tema sociale scottante che proprio perché tale sarebbe meglio non toccarlo, però semmai un’altra volta si potrà parlare anche del tema delle ustioni. Ma per l’argomento principale abbiamo il titolare della ditta di demolizioni che ha un’ufficio che neanche Jeff Bezos, polemizza contro le tempistiche delle amministrazioni comunali e si rivela filosofo cinico e persona onesta, ma è un imprenditore di fantasia.
Il Buon Vecchio Zio Martin Mystere è il Detective dell’Impossibile e per questo, secondo me, sarebbe opportuno che indagasse su come sia possibile che ormai non è più possibile leggere Dylan Dog, che da quando è in mano a quel tipo imbevuto di luogocomunismo rock peggiora pure se ogni volta sembra impossibile poter fare peggio, con brutte storie, brutti disegni, che però uno può sempre spacciare per sperimentali, e dialoghi ridicoli, insomma un incubo, e se il loro obiettivo era l’orrore l’hanno raggiunto.
Al giro scremato oggi c’è stata una tappa piatta piattissima, quasi una tappa di trasferimento come c’erano una volta e come una volta c’è stata la fuga-parenti con Lorenzo Fortunato accolto a Bologna come avesse appena vinto il Giro. C’è spazio per gli Extraliscio che all’inizio mi incuriosivano, oggi meno, perché quel loro leader lì non mi convince, non mi sembra sincero, e poi c’è l’intervistatrice che tra Romagna e Pantani provoca un’ondata di banalità e luoghi comuni. C’è tempo anche per riprendere qualche moto che sfreccia sull’autodromo di Imola, ma questa è una cosa inopportuna in quanto è stato vietato il super-tuck perché pericoloso e perché il pubblico era portato a emulare i discesisti folli, ma se si ritiene che il pubblico del ciclismo è facilmente impressionabile non mostrategli le moto col rischio che poi lo spettatore si metta a correre nel traffico cittadino piegandosi nelle curve, che poi non è molto lontano da quello che accade realmente nelle città. Ma il fatto è che il Giro in bici è sponsorizzato dai motori, anzi c’è una guerra di sponsor tra i due commissari. Il Super Commissario di Tutte le Nazionali Cassani pubblicizza una marca d’auto, mentre una marca concorrente è reclamizzata da Saligari, che passò al ciclismo con molta voglia di imparare e per questo faceva sempre domande, tanto che Baronchelli disse che gli sembrava un commissario e da lì gli venne il nomignolo, e poi nello stesso spot ci si mette pure Pastonesi che gironzola su una motorella eufemisticamente definita bici a pedalata assistita. Però quest’anno Cassani non è più testimonial delle barrette miracolose e forse per ripicca mangia prodotti genuini locali in favore di telecamera. Siamo dalle sue parti, il supercittì ne approfitta per ricordare Monica Bandini ma per dare l’idea del tempo passato dalla vittoria mondiale di Bandini e compagne fa una cosa che sarebbe contro le buone maniere, cioè chiede l’età di Giada Borgato che però non si fa problemi a dirla, e del resto se qualcuno fosse curioso basta un qualsiasi sito di ciclismo. Si va verso il mare e si pensa alle vacanze, ma si scopre anche una grave carenza legislativa perché il legislatore ciclistico ha proibito ai ciclisti di lanciare borracce e gettare cartacce, ma delle bucce di banana, che sono biodegradabili ma scivolose, non ha detto niente e allora che si fa? In attesa di una risposta dall’UCI i ciclisti possono approfittarne per alimentarsi con tutto quello che non rientra nelle categorie delle cartacce e delle borracce e portarsi dietro uova, come Binda, gavette pentole tegami e volendo anche una moka ma quella forse non serve poi vedremo perché, e poi si può continuare a sperimentare con le lingue e ancora Garzelli parla di “pelle di banana”. L’andamento lento si vivacizza in vista del traguardo volante e, sarà che le varie classifiche non sono ancora definite, quest’anno non ci sono cortesie per i traguardi parziali ma sprint combattutissimi, i fuggitivi Tagliani e Marengo fanno una volata che sembrano WVA e MVDP e poi arriva lanciatissimo il gruppo. L’avevano appena definita una tappa rilassata e rilassante, ma con un relax simile chi ha bisogno di stress? In gruppo diventano tutti nervosi, ecco perché dicevo che della moka non hanno bisogno, Sivakov la settimana scorsa aveva detto che il capitano è Bernal ma che in corsa può succedere di tutto, e infatti è caduto. Poco dopo è caduto anche Landa, stavolta non per colpa sua ma per una deviazione improvvisa di Dombrowski che ha abbattuto un vigile spartitraffico, e così il Giro scremato perde altri pezzi. Intanto la regia continua a perdere le volate e a non far capire cosa succede e si perde le acrobazie di Caleb Ewan che vince uno sprint confuso in cui l’unica certezza è il secondo posto di Giacomo Nizzolo che si avvia a stabilire un record. Ma ancora più confuso è il Processo dove AdS invita a parlare tre persone contemporaneamente e subito toglie la parola a tutte e tre per sentire una quarta. Poi accenna al rapporto di Alessandro De Marchi con la scrittura, ma rimanda a domani, e allora c’è l’internet per scoprire che ha partecipato a un libro a più mani pubblicato da quelli di Bidon, ma quest’anno un’altra iniziativa interessante è il Diario dall’ammiraglia di Giovanni Ellena, diesse al servizio del Principe Duca Conte, pubblicato su Cicloweb.