La Zeriba Suonata – e invece

Non avevo intenzione di comprare First Two Pages Of Frankenstein dei The National (4AD, 2023), ma non per invidia verso il cantante Matt Berninger che trova sempre belle cantanti con cui duettare, no, semplicemente non credevo. E invece.

(Mi piace questa recensione: molto professionale.)

The National (feat. Phoebe Bridgers) – Your Mind Is Not Your Friend

Disegnare, disegnare, disegnare.

Gringos

Tragedia in atto unico

Scena: paese dell’America Latina.

Personaggi. Schlik e Schlok: una coppia in cerca di un utero da affittare; Ymo: rappresentante della comunità locale; Coro greco-romano.

Si apre il sipario

Schlik: Buenas dias, hombre.

Ymo: Buenas dias, gringos.

Schlik: Oh, no no. Noi non siamo gringos. Anzi siamo sempre stati contro gli yankees e a favore dei pellerossa.

Schlok: E’ vero, al cineclub abbiamo pure visto tutto un ciclo di film dalla parte degli indiani.

Schlik: E abbiamo pure firmato la petizione contro i palloni di calcio cuciti dai bambini.

Ymo: No ve gusta el futbol?

Schlok: Proprio no… (si interrompe notando che Ymo indossa la maglietta di una squadra di calcio).

Coro: Po popopo po po po!

Schlik: Entiende, noi siamo dei benefattori occidentali e vorremmo portare un po’ di ricchezza in questo posto povero e squallido.

Ymo: Disculpe, si tu me telefonava ve stendevo un tappeto rojo. E que volete fare, costruire una fabrica por dare trabajo?

Schlok: No.

Ymo: Un hospital?

Schlok: Neanche.

Ymo: Una escuela?

Schlok: Ma no.

Ymo: Una iglesia? No, gracias, ne habemos ya muchas.

Schlik: Niente di tutto questo. Noi cerchiamo una ragazza in buona salute per avere un figlio.

Ymo: Porque, al vuestro pais no se tromba?

Coro: Alé OO Alé OO!

Schlik: Ma no, cerchiamo una ragazza che faccia la fame ma sia in buona salute e sia disposta ad affittare il suo utero per fare un figlio per noi due, perché in Italia è vietato. Paghiamo bene, eh!

Ymo: Escucha, aqui vicino hay l’Orfanato donde estan mil niños abandonados. Porque non ne adoptate uno, dos, tres?

Schlok: Ma noi abbiamo molti soldi, possiamo spendere e il figlio lo vogliamo nuovo, non usato.

Coro: Money don’t get everything it’s true / What it don’t get, I can’t use /I want money / That’s what I want!*

Sipario pietoso

* Money (That’s What I Want) è una canzone di Berry Gordy e Janie Bradford

Orizzonti di boria

“Verrebbe forse da domandarsi come questo paese, fermento comico d’Europa appena un secolo fa, abbia condizionato e confezionato una letteratura prevalentemente seria, se non addirittura seriosa. Boriosa. Piena di sé e della definizione di impegno.” 

(Francesco Spiedo, qui)

Un dio

Fino a poche settimane fa per me Giovanni Testori era uno scrittore, soprattutto di teatro, religioso o interessato alla religione, boh, non sapevo altro. Poi ho letto che Elisa Balsamo, campionessa italiana ed ex campionessa del mondo, si è laureata in Lettere con una tesi sul linguaggio de ll Dio di Roserio, e allora mi sono incuriosito e ho cercato il libro. Si tratta di un racconto, ristampato da Feltrinelli nella versione originale del 1954, in cui abbondano parolacce e riferimenti al sesso e c’è anche un’imprecazione. Il Dio del titolo è un dio molto laico, è un giovane dilettante molto promettente ma con un segreto che deve restare tale, ed è un dio per il presidente della sua squadra: non è difficile diventare un dio.

La Gatta Chikova

Oggi vi propongo una bella favola misogina tratta dal vasto repertorio della grande tradizione favolistica dei paesi slavi.

C’era una volta un contadino di nome Kirill che rimase vedovo ancora giovane. La moglie Methodia aveva voluto un gatto e alla sua morte Kirill volle tenerlo perché gli ricordava la defunta, essendo grasso e vorace come lei, che infatti si era strozzata mangiando. Ma col passare del tempo Kirill iniziò a stufarsi di questo gatto che non smetteva mai di mangiare, avido che sembrava uno zar, e allora lo infilò in un sacco e lo portò in un bosco, dove lo liberò dicendogli: Ecco, ora fai lo zar della foresta. Lì il gatto trovò ugualmente da mangiare ma non abbastanza. Poi un giorno passò di lì una gatta che cercava un marito, ma non uno qualunque, uno importante, e si presentò: Ciao, io sono la gatta Chikova, e tu chi sei? Lui convinto di quello che aveva detto Kirill rispose: Io sono Soryan, lo zar della foresta. La gatta pensò: Accidenti, è lo zar. Questa è l’occasione della mia vita e non devo farmela scappare. E iniziò a dire che uno zar doveva avere degli eredi e che casualmente lei aveva l’apparato riproduttivo in esclusiva, come avrebbero potuto confermare anche le altre gatte, che infatti quando la vedevano così commentavano: Quella sembra che ce l’ha solo lei. Lo zar, cioè il gatto Soryan, acconsentì e sposò la gatta Chikova senza tante cerimonie perché tra gli animali non si usa. Il giorno dopo i due sposini si svegliarono con appetito ma con niente da mangiare e Soryan disse che si sarebbe aspettato che gli altri animali avessero omaggiato i regnanti con doni, e la gatta concordò: E’ davvero disdicevole, ma ora ci penso io. Chikova si incamminò per il bosco e a ogni animale che incontrava diceva di essere la zarina e che lo zar si attendeva di ricevere doni dai suoi sudditi, altrimenti avrebbe potuto offendersi e condannare tutti a morte, e lo disse allo scoiattolo e alla gazza, alla volpe e al gufo, poi anche al lupo Drago che in verità avrebbe voluto sbranarsela ma a quelle parole si trattenne. Lo stesso accade con l’orso Yago. Qualche animale ritenne prudente portare un dono allo zar, e anche Drago si incamminò più che altro perché incuriosito e incontrò Yago che aveva pensato la stessa cosa, volevano vedere chi era questo zar, doveva trattarsi di una bestia importante e potente. Drago diceva: Avrà almeno 100 denti. Yago rispondeva: Sarà enorme come un olmo. Ma quando arrivarono nei pressi del covo del gatto e sentirono Chikova chiamare quel grasso ma comunque piccolo animale “mio Zar” i due si guardarono sollevati e all’unisono dissero: E questo coso sarebbe la bestia potente e feroce? Ma ora ci divertiremo un po’. E afferrato il gatto iniziarono a usarlo come palla, uno lo passava all’altro che lo afferrava anche con le unghie e poi lo tirava al compagno e andarono avanti così tutto il pomeriggio, poi quando iniziò a imbrunire e si era fatta ora di tornare ognuno alla propria tana, l’orso Yago afferrò il gatto palla e lo scagliò verso le alte fronde di una quercia dove rimase impigliato in un ramo. Quando all’alba del giorno dopo riuscì a liberarsi e scese dall’albero, Soryan trovò Chikova che lo guardava delusa e che gli disse: Ma lo sai che in natura la femmina si accoppia col maschio che assicura la prosecuzione della specie? E tu invece guarda come sei ridotto. Come potresti un giorno difendere i tuoi figli se malauguratamente ne avessi? Mi cercherò un altro maschio, beninteso non lo faccio per me ma sempre per la prosecuzione della specie. Addio. La gatta Chikova uscì allora dal bosco per cercare fortuna e solo mezzora dopo fu catturata da un’aquila. Il gatto Soryan quando si riprese imparò a procurarsi il cibo da solo, a stare sempre in guardia e imparò anche che non era vero che la gatta Chikova era l’unica ad avere l’apparato riproduttivo, ed ebbe tanti figli di cui un paio sopravvissero felici e contenti.

I 5 assenti

I mercati e la recessione
Le misure per l’alluvione
Il piano e la transizione
Il bonus e l’inflazione
Gli stipendi e la finanza
Giorgio Armani e la Lufthansa.
Solo i 5 morti sul lavoro
In sole 24 ore
Non sono in prima pagina
Su Il Sole 24 ore.

Ecuazione (equazione ecologica)

Si dice che bisogna ridurre il packaging alimentare, e fin qui ci siamo, anche se con delle eccezioni direi, tipo che senza un po’ di carta ondulata attorno parti dal negozio con i crackers e arrivi a casa con un mezzo chilo di briciole. Però, e qui sta l’equazione, bisognerebbe ridurre anche il packaging libresco, cioè le copertine cartonate che sono inutili, anzi occupano spazio (le mie campagne sociali sono sempre finalizzate innanzitutto alla mia convenienza), e dovrebbero dare un tono al libro, e forse c’è chi ne ha bisogno non potendo puntare su altro, e non a caso le migliori case editrici (tipo Adelphi o Quodlibet giusto per non fare nomi) non pubblicano mai libri cartonati perché a loro basta il contenuto.

Il golden boy

Avevamo lasciato Lefevere, il boss della Soudalquickstep, intento a contare i cani randagi, ma nel frattempo quel capo di stato straniero che la domenica con molta umiltà invita a turisti a pregare per lui aveva rimproverato una donna perché chiedeva la benedizione per il suo cagnolino invece di pensare a tutti i bambini che muoiono di fame. Allora colpito da questa parole Lefevere ha lasciato stare i cani e ha iniziato a contare i bambini randagi. Intanto al Giro si continua a discutere della noiosa tappa di Campo Imperatore, un fatto gravissimo, e se un giorno la gente non scenderà più in strada a veder passare la corsa, se la RAI rinuncerà a trasmettere il Giro, se nessuno lo organizzerà più, se il ciclismo in Italia finirà e centinaia e migliaia di famiglie di ciclisti dièsse meccanici massaggiatori e preparatori faranno la fame la colpa sarà della tappa di Campo Imperatore, dove c’era questo bell’altipiano in mezzo al niente adattissimo agli attacchi contro vento e contro senso ma nessuno si è voluto sacrificare. C’è lo scrittore parlante che piange perché così non può scrivere la poesia, e se Damiano Caruso, che è sempre elogiato e da sempre stimato per l’esperienza e la professionalità, dice che contro vento non era il caso di attaccare, tutti dicono che sono scuse e tra lui e lo scrittore danno ragione allo scrittore. Vabbe’, c’è la tappa successiva da Terni ai famosi muri marchigiani. Stavolta la fuga è più nutrita e ci sono dentro Valentin Paret-Peintre, fratello di Aurélien che ha vinto la quarta tappa, e Mattia Bais, fratello di Davide fresco vincitore sul Gran Sasso, entrambi ben consapevoli che in Italia è un periodo favorevole ai Fratelli ma anche ai cognati. Quando il gruppo di testa si sfoltisce Zana inizia a litigare proprio con Bais perché non tira, e così in soli due giorni sembra completamente cambiata la reputazione dei fratelli Bais prima applauditi perché generosi fuggitivi seriali e poi criticati perché in quelle fughe starebbero sempre a ruota. A una cinquantina di km dal traguardo Zana tenta un attacco e tutti quelli che lamentano il poco spettacolo dicono che è presto per attaccare, chissà qual’è la loro idea di spettacolo, ma un secondo dopo parte Ben Healy, il ciclista disegnato male, e non lo vedranno più, forse non era poi così presto. Nel gruppo dei big tirano i jumbi ma poi si fermano per consentire a Roglic un pipì-stop, strana pretattica o solo coincidenza, perché nei km finali Roglic attacca, Evenepoel tenta di seguirlo per verificare se è davvero nervoso come gli era parso ma scoppia e solo Coso Hart e Gerainthomas riescono a raggiungere lo sloveno e guadagnare secondi sul divetto belga, che all’arrivo ha l’ennesima crisi isterica e allontana bruscamente un cameraman randagio, ma nessun problema perché lui è tranquillo, anzi ammette pure di aver sbagliato a seguire subito Roglic e di avere imparato una grande lezione, e ormai sembra un cosplayer del manga Golden Boy che a ogni fine puntata correva in bici e gridava: Imparo! Imparo! Imparo! Ora se per Remco l’imminente ritorno in testa alla classifica generale non sembra più tanto sicuro, per la classifica della simpatia non dovrebbe avere avversari perché il suo agguerrito rivale Ganna si è ritirato per covid. Ma chi non segue la corsa si chiederà perché si attendeva il ritorno di Evenepoel in maglia rosa. Semplice, la domenica c’è la lunga crono romagnola. E Remco vince e prende la maglia rosa ma non è contento perché gli avversari non hanno perso, perlomeno non quanto lui si augurava. I veri sconfitti sono i tanti saputoni del ciclismo che subito dopo la presentazione delle tappe avevano detto in coro che Evenepoel in questa crono avrebbe dato due minuti a tutti e ucciso il Giro, mancava solo che lo scrivessero pure sul Garibaldi, il famoso manuale con le istruzioni per la corsa. Invece il vecchio Gerainthomas ha perso per meno di un secondo, Coso Hart è arrivato a 2 secondi e sono ben 30 i primi dell’ordine d’arrivo compresi entro i 2 minuti. Però Golden Boy continua a imparare perché dice di essere partito troppo forte, altro errore altra lezione, ma non è l’unico a farlo perché pure la tivvù sta imparando. In RAI dicevano che per rendere più spettacolare la corsa bisogna “guardare” (questa si rivelerà la parola giusta) cosa si è fatto negli altri sport come la pallavolo, ed ecco che quando Evenepoel arriva al traguardo ed entra nel recinto degli addetti ai lavori spunta l’inseparabile Oumi e il cameraman alle sue spalle subito abbassa l’inquadratura in modo da mostrare diciamo il pantalone che la Signora indossa.

A sinistra Ben Healy il ciclista disegnato male (stavolta da me), a destra Remco Evenepoel il golden boy del ciclismo fiammingo.