
8+3

-Se pensate che quel virus che si è diffuso in tutto il mondo non sia stato prodotto in laboratorio, e che questa tesi sia solo una fantasia cospirazionista, siete degli ingenui. Immagino che sia una cosa difficile da accettare, cioè che l’uomo sia capace di tanto, ma non avete idea di cosa si sperimenti in certi laboratori, le cui attività sono note solo in piccola parte. Date retta a me che in uno di quei laboratori ci lavoro e per questo voglio mantenere l’anonimato…
-Dottor Facondio, può venire un attimo?
-(Shhh, deficiente) … ehm… Scusate l’interruzione, gente di passaggio che cerca qualcuno, non so chi. Dicevo, per fortuna molte ricerche orribili falliscono proprio perché troppo azzardate se non assurde, o a volte semplicemente per qualche evento che non è il caso di definire “sfortunato”. Ad esempio, un giorno un biologo provò a modificare un ragno con il gene di un pesce piranha ottenendo un piccolo mostro con sei zampe soltanto, due corna, una coda e due denti. L’essere che venne chiamato “piragno” si mostrò molto aggressivo ma meno abile nel tessere una tela, e sterminava tutti gli insetti nei paraggi. Il biologo sembrava molto soddisfatto del risultato ma poi accadde che un giorno la moglie andò a trovarlo in laboratorio e, nonostante il marito le avesse raccomandato di non toccare niente, quando si accorse di quello strano ragno pensò che fosse solo conseguenza di scarsa pulizia, così rimosse la ragnatela e uccise il piragno sul cui cadavere infierirono le mosche, prima di essere abbatute dalla signora a colpi di rotocalco. Quando il biologo tornò…
-Dottor Facondio, insomma, vuol venire un attimo? E’ suo quel panino con i gamberoni che si è arrampicato sullo scaffale?
Dicono che bisogna ricordare, ok, però dalla fine della seconda guerra mondiale, cioè da quando abbiamo iniziato a ricordare, ne abbiamo (ri)viste tante e in ogni parte del mondo che proporrei un esperimento sociale: proviamo per qualche decennio a dimenticare e vediamo se tante volte va meglio, ammesso che l’umanità abbia ancora qualche decennio davanti.
Khruangbin – So We Won’t Forget – live
La prossima volta che pubblicate un volume o una collana sulle donne che hanno fatto grandi cose e sono simboli di emancipazione eccetera, e cominciano sempre con Frida Kahlo che io non so se è una buona idea, cioè brava artista povera disgraziata che ne ha passate tante ma sopportava pure quel chiattone del marito che le metteva le corna, e poi perché Frida Kahlo sempre e Tina Modotti mai? Ecco, ora non ricordo più di cosa stavo scrivendo. Ah, sì, perché oltre a Frida Kahlo Alfonsina Strada eccetera non inserite pure Beatrix Potter? O forse pensate che questa qui che disegnava conigli topi e scoiattoli vi abbassa la media? In epoca vittoriana, quando gli “iraniani” eravamo noi europei, a Beatrix Potter i genitori impedirono di iscriversi al college, la sua domanda per studiare ai Giardini Botanici di Kew fu respinta, studiò i funghi che disegnò in 270 acquerelli ma la Royal Society non volle pubblicarli, e tutti questi rifiuti perché era una donna. Su proposta di un’amica inviò il racconto illustrato The Tale of Peter Rabbit a vari editori ma tutti lo rifiutarono, e allora ne pubblicò 250 copie a sue spese. E a me questa cosa piace, forse anche perché l’autopubblicazione, i piccoli numeri, hanno a che fare con il punk, con la filosofia dell’arte postale, e poi se leggete Paolo Albani troverete citate piccole autoproduzioni, plaquette in poco più di una decina di copie, qualcuna addirittura pubblicata in occasione del matrimonio dell’autore, insomma una libidine come direbbero gli ignoranti. Tornando a Peter Coniglio, una copia del libro fu notata da un editore che volle stamparlo ed ebbe successo, e così Beatrix Potter divenne l’illustre narratrice illustrata che voi conoscerete, anche perché lei volle che i suoi libri costassero meno degli altri che erano poco accessibili, e ancora oggi è così.
La proprietà commutativa dell’addizione ci dice che cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia, e ne abbiamo una dimostrazione anche in musica.
Diana Ross & The Supremes + The Temptations – medley
Ecco un tranquillo weekend di metà ottobre con le due classiche più autunnali e pomeridiane del calendario: il sabato il Lombardia detto la Classica delle foglie morte e la domenica la Paris-Tours che si chiamò anche G.P. d’Autunno, due corse che non si pestano i piedi e neanche le ruote perché la prima è per scalatori e la seconda per passisti veloci. E direi basta così, ottimo per chiudere la stagione su strada e passare al ciclocross. Ma, un momento, anche la stagione del cross si dilata scoprendo il Nuovo Mondo e negli USA già parte la Coppa del Mondo Vecchio e Nuovo, ma in fondo va bene ché in Italia sarà domenica sera. Inoltre già il sabato sera è previsto il tentativo di record dell’ora di Filippo Ganna. Sì, scusa, ma non è in questo weekend che si corre il primo mondiale gravel? Nient’altro?
Gli organizzatori del Lombardia si sono lamentati della data scelta dallo staff di Ganna senza pensare che, al di là degli orari differenti, un eventuale record smorzerebbe la delusione dei tifosi nazionalisti per il prevedibile scarso risultato degli italiani al Lombardia. E poi cosa dovrebbero dire quelli della Parigi-Tours che da qualche anno hanno inserito nel percorso dei tratti su sterrato e si vedono portare via probabili protagonisti dal mondiale della specialità neonato nel giorno sbagliato? Parliamo di Van Der Poel, Sagan, Van Avermaet e Stybar, no Stybar no perché corre con la squadra di Lefevere che è contrario agli sterrati tanto da non mandare i suoi corridori alla Paris-Tours e si augura che il mondiale di specialità riduca la presenza di ghiaia nelle gare su strada.
Il Lombardia inizia la giostra e va tutto secondo le previsioni: doveva essere contesa tra Pogacar e Vingegaard o tra Pogacar e Mas, è stata la seconda e ha vinto lo sloveno raddrizzando alla fine una stagione piena di vittorie ma di peso minore. Come prevedibile il miglior italiano è fuori dai primi 10, si tratta di Andrea Piccolo undicesimo proprio come Vincenzo Albanese a inizio anno alla Sanremo. In questo weekend chiudono la carriera molti ciclisti, in particolare qui Nibali e Valverde e in Francia Gilbert e Terpstra, e tra i meno famosi Nieve che finisce la carriera finendo in ospedale, Rebellin chiuderà in Veneto, Casagrande che ancora andava in mtb ha smesso per un problema fisico, peccato solo che non si vogliano unire Froome che si trascina tristemente e Pozzovivo che continua a cadere. I due grandi vecchi Valverde e Nibali non fanno miracoli in corsa ma fuori sì, la gente li applaude e li tocca come a cercare una grazia, ed ecco tra il pubblico parallelamente due vecchi in carrozzina, uno tocca Nibali e non ritorna a camminare ma si butta con la carrozzina in una discesa spericolata, e un altro tocca Valverde e poi potrebbe riprendere a camminare ma dice aspettiamo un altro po’. E già, perché la carriera di Valverde è stata così lunga che i giornalisti RAI l’hanno già dimenticata dicendo che agli inizi era un attendista ma dopo la squalifica diventò più spettacolare. E invece in quei primi anni dopo il rientro a Valverde toccò anche il ruolo di villain nella rivalità con Purito Rodriguez, grazie alla quale riuscirono a perdere il mondiale del 2013 a beneficio di Rui Costa.
Un’altra cosa prevedibile era che i commentatori sociali invocassero la fine del ciclismo in Italia, gli stessi che davano già finito Ganna. A Filippone bastava un metro in più del precedente primato, così diceva, ma così il record sarebbe rimasto alla portata del primo svizzero con pratica di velodromi che avesse voluto tentare, Kung o Bisseger. E invece Filippone non solo batte il record ufficiale dell’ora dell’Ing. Dan Bigham (che curiosamente si è sposato in questi giorni con Joscelin Lowden anch’essa ex primatista dell’ora) ma anche la miglior prestazione di Chris Boardman che fu retroattivamente cancellata dall’albo dei record perché ottenuta con un modello di bici non più riconosciuto. La bici di Ganna invece costa uno sproposito ed è stata stampata in 3D in una lega chiamata Scalmalloy (scandio alluminio e magnesio, lo scrivo a beneficio di Aure70). A Ganna molti contestano che non corra per una squadra italiana mentre dovrebbe essre chiaro che senza i soldoni della Ineos, i frackassatori dei 7 mari, questo tentativo Filippo l’avrebbe potuto fare con una graziella su una vecchia pista in cemento di 400 metri. A dire il potere di questo team basterebbe ascoltare il loro tecnico ed ex ciclista Dario Cioni, che fino a pochi anni fa aveva il suo accento toscano e ora ha l’accento inglese, by jove! Su come la RAI abbia seguito questa intensa giornata è meglio sorvolare, perché non è possibile commentare senza essere offensivi. In genere ultimamente per i grossi appuntamenti costringevano il pubblico a saltare da RaiSport a Rai2 e viceversa, ma per l’occasione hanno aggiunto al salterello anche RaiPlay, e poi durante il Lombardia si sono più volte collegati con il velodromo di Grenchen dove c’era Rizzato, lo specialista delle interruzioni inopportune che mandava qualche intervista registrata, niente di “urgente” ma si poteva pensare che la RAI stesse montando l’evento, gli desse molta importanza, e infatti quando Ganna è partito l’hanno alternato con un incontro del campionato nazionale di volley.
Insomma è andata tutto secondo le previsioni, anche il mondiale gravel femminile che è stato vinto da Pauline Ferrand-Prévot al quarto titolo mondiale in pochi mesi dopo short-track, cross country e marathon, decimo mondiale in carriera di cui già altri tre (strada ciclocross e mtb) detenuti in contemporanea tra 2014 e 2015. Terza è arrivata Chiara Teocchi che qualche anno fa era contesa tra l’ex cittì del ciclocross e l’ex cittì della mtb e ora ha ottenuto finalmente una medaglia in questa specialità di mezzo, e altre azzurre l’hanno seguita in top ten a iniziare dall’italiana attualmente più eclettica ovvero Barbara Guarischi, mentre solo 35esima è arrivata Eva Lechner, che a livello nazionale ha fatto come PFP a livello mondiale, ma ormai inizia a sentire gli anni e se il gravel fosse stato “ufficializzato” un po’ prima ne avrebbe sicuramente aggiunto la maglia tricolore alle altre che sono almeno 26 ta le varie discipline. Tra quelle che l’hanno preceduta c’è stata anche Puck Moonen, qualificatasi sul campo e finalmente convocata nella sua nazionale. Fino a ieri la conterranea di Marianna un po’ faceva ridere e un po’ faceva rabbia, perché diceva di voler vincere un mondiale a dispetto dei suoi scarsi risultati e si lamentava della scarsa considerazione che aveva nell’ambiente, anche se certe foto con ridotto abbigliamento da ciclista sui social le postava lei stessa. E invece Puck Moonen è anche lei (ri)nata col fuoristrada e, nonostante sia rimasta senza compagne né accompagnatori per una serie di sfortunati eventi (questa ragazza è tanto bella quanto sfortunata, capitano tutte a lei), è arrivata 24esima dimostrando che oltre le gambe c’è di più, cioè le gambe, non so se mi sono spiegato. E poi ricordiamo che qualche ciclista di nobili (ciclisticamente) natali ha preferito la tivvù e il gossip alla fatica, mentre lei che potrebbe tentare nel mondo dello spettacolo preferisce faticare e non sull’asfalto.
Ma non si lamenti Puck, in gruppo non c’è rispetto per nessuno. L’altra settimana quando Nibali è scattato nel finale della Tre Valli ho pensato stai a vedere che lo lasciano andare e nessuno se la sente di inseguire il vecchio campione. Beh, se la sono sentita eccome. Allo stesso modo avevano apparecchiato la tappa regina del neonato Giro di Romandia femminile nel giorno del 40esimo compleanno di Anniemiek Van Vleuten a cui non restava altro che fare un attacco dei suoi e festeggiare. E invece a guastare la festa arriva Ashleigh Moolman Pasio a cui è mancato sempre qualcosa per vincere e invece stavolta non le è mancato niente, ha vinto la tappa e il giorno dopo la classifica generale e ha fatto bene a fare marcia indietro sul ritiro e continuare a correre.
La Paris-Tours è stata per tanti anni una classica per velocisti, nel 1965 la vinse l’olandese d’Olanda Gerben Karstens, ciclista dalla carriera turbolenta morto in questi giorni e che è stato al centro di alcuni racconti del medico napoletano Gian Paolo Porreca. Però l’ultimo sprint a Tours c’è stato nel 2013, mentre nel 2016 Gaviria l’anticipò da finisseur. Infatti negli ultimi anni, per rendere la corsa più impegnativa gli organizzatori hanno inserito nel percorso salitelle e tratti di sterrato, per lo più cammini nelle vigne come forse non c’erano neanche al mondiale gravel. In Italia una corsa nei vigneti l’abbiamo da tempo, si disputa a Faè di Oderzo ma è onestamenta inserita nel calendario del ciclocross. E insomma quest’anno hanno inserito un ulteriore tratto di sterrato, c’erano uno sparpaglìo per tutto il percorso, anarchia tattica, eppure nel finale si è magicamente ricomposto un bel gruppotto e ha rivinto Démare davanti a Theuns e un Bennett insolitamente all’attacco e ancora con la forza di buttarsi nella volata: provaci ancora Sam!
Per avere una sorpresa ci voleva il mondiale gravel maschile. La prova femminile era stata dominata dalle bikers, quella maschile dagli stradisti, ma non da Van Der Poel terzo o Van Avermaet quarto o Stybar e Sagan più indietro, ma da Daniel Oss secondo e Gianni Vermeersch primo. Strana parabola quella del fiammingo col nome italiano, era un buon ciclocrossista che stentava a guadagnarsi un posto in nazionale per i mondiali, se la giocava con Tim Merlier, poi, quando la squadra di Mathieu ha fatto grossi progressi su strada Merlier è diventato un buon velocista, ma già un po’ ridimensionato, che nel weekend affollato ha preferito vincere una corsetta in Belgio davanti a Cavendish, mentre Vermeersch ha lavorato da gregario ma si è preso questa bella soddisfazione battendo il suo capitano che all’arrivo si è felicitato con lui e l’ha abbracciato. Viene in mente che quest’anno mondiale ed europeo su strada sono stati vinti da corridori della Quickstep e in quelle occasioni abbiamo visto alla fine i danesi Morkov e Honoré e il ceco Stybar felicitarsi con il belga Evenepoel e il gelderlandese Jakobsen, e forse le corse per nazionali stanno diventando una cosa superata, con buona pace di Fratella Giorgia e Fratello Viktor.
I siti musicali, pur di non affrontare la spinosissima questione dell’inquinamento causato dalla produzione di dischi di vinile, preferiscono dispensare notizie amene, come quella del bizzarro regalo ricevuto da Nile Rodgers per i suoi 70 anni. Il suo amico astronomo Simon Lowery gli ha regalato un asteroide che ora porta il suo nome. Non sappiamo se Rodgers abbia gradito o se magari preferiva una cravatta, una cravatta chic o una cravatta freak fa lo stesso, oppure una scatola di matite colorate. E poi l’asteroide è lontano 300 milioni di miglia e se anche una ditta di trasporti glielo consegnasse è un coso ingombrante, difficile trovargli posto nel giardino o in salotto.
Paolo Pergola è uno zoologo e narratore che con Attraverso la finestra di Snell illustra alcuni comportamenti animali con brevi e divertenti racconti che hanno per protagonisti degli etologi. Manca solo un racconto sul comportamento dell’uomo di fronte a un libro con le pagine intonse (cioè ancora attaccate, come usa l’editore Italo Svevo) dopo che con l’evoluzione della sua specie ha perso l’uso del tagliacarte.