Una faccenda di cani e gatti

Il Giro attraversa tanti luoghi, compresi quelli comuni. Un sottocane nordnorvegese praticamente artico prende la maglia rosa e i giornalisti scrivono che lui vive tra aurore boreali e orsi polari, anche se ora risiede a Oslo. E il veneto Zoccarato, campione italiano gravel, va in fuga nella tappa di Salerno e sotto la pioggia si rivolge alla moto lamentandosi: “Venite al Sud dicevano, troverete il sole…” E invece i ciclisti si troverebbero più a loro agio se fossero davvero girini, ma nel senso anfibio, perché c’è pioggia fresco e anche tanta nebbia, al punto che Rizzato per fare promozione turistica dice: “Probabilmente c’è un bel panorama ma non lo sapremo mai”. La pioggia rende la strada scivolosa e i ciclisti cadono, anche i pezzi grossi, Evenepoel fa addirittura una doppietta ma la prima caduta è causata da un cagnolino randagio, e i commentatori si scatenano in indagini etnico-sociologiche, più di tutti si distinguono il giornalista masochista Gatti (un nome che nel caso è quasi in conflitto di interessi) che su un sito molto seguito si diverte a fare polemiche al limite dell’offensivo e in risposta si becca un sacco di improperi, e anche Lefevere, il boss di Remco, che paragona le strade del sud a quelle della Colombia (chissà come sono le strade colombiane) e che si è messo a contare i cani per strada, per la precisione 15, specificando anche quanti erano i randagi, quanti i bastardi, quanti quelli sfuggiti ai padroni e di che razza. Di sicuro dall’identikit diffuso dalle forze dell’ordine si può chiarire che il cane che ha fatto cadere Evenepoel non è quello di Tom Pidcock. Lefevere è anche collaboratore di Het Nieuwsblad, e meno male che il sito fiammingo, invece di piangere sul Remco versato, ricorda vari casi analoghi in Francia Spagna Australia e ancora Italia con cani gatti gabbiani e anche cavalli (compreso quello senese che spaventò Demi Vollering), e si è pure dimenticato le mucche francesi. Qualcuno ricorda che nel 1997 da queste parti Pantani cadde a causa di un gatto e tutta la squadra lo scortò all’arrivo, compreso il giovane Garzelli che compromise la sua classifica, ma almeno stavolta nessuno ha detto che la tappa la vinse Manzoni ma nessuno se ne ricorda, con la conseguenza che Manzoni viene continuamente ricordato come quello che ottenne quella vittoria che nessuno ricorda. Salerno è anche la città dello scrittore Alfonso Gatto che causò uno scandalo clamoroso perché parlava di ciclismo senza saper andare in bicicletta. Questa cosa mi colpisce perché è l’obiezione che ogni tanto mi fanno i colleghi, e precisiamo che non basta aver fatto qualche giretto da bambino, perché poi la potente lobby dei cicloamatori pretende che possa parlare di ciclismo solo chi si fa decine di km al giorno e valichi i valichi più famosi. Questa è una delle tante assurdità che si riscontrano solo nel mondo del ciclismo. Sì, immagino che i vecchi panzoni che negli studi televisivi commentano il calcio, dando un’occhiata anche alle scollature o scosciature delle conduttrici, da ragazzi abbiano dato dei calci a un pallone, e che gli appassionati della Formula 1 in città e sulle autostrade superino facilmente il limite di velocità. Ma quelli che hanno la febbre da cavallo e puntano su Camillo Benso IV che è figlio di Pier Varenne ed è forte sul terreno pesante hanno tutti cavalcato o guidato un sulky? Ridendo e scherzando il gruppo arriva a Salerno e in gruppo cascano due volte, la seconda caduta è causata da Remco che si distrae e poi se la prende con i trekkini che lo stanno pure a sentire. Vince l’australiano Kaden Groves che dicono forte velocista, ma in primavera mi ha impressionato vincendo nel Limburgo sotto la pioggia dopo essere rimasto in testa con due Lotti e uno l’ha staccato, l’altro se lo è portato dietro senza chiedergli neanche un cambio e poi lo ha disperso in volata. Segnatevelo: Kaden Groves, potrebbe diventare più forte di Matthews, anche se non è difficilissimo.

Il giorno dopo si parte e si arriva a Napoli e si temono non i gatti ma le sagome dei calciatori per strada e altri elementi di arredo inurbano. Alla partenza due big si contendono la classifica della ruffianeria: Evenepoel palleggia con un pallone con i colori del Napoli e Ganna ne esibisce la sciarpa, direi che visti i trascorsi pallonari del belga la tappa se l’aggiudica Simpatia Ganna. Poi in realtà sul percorso ci sono solo bandiere e striscioni, il pubblico è composto come già l’anno scorso, e quando l’aspirante sceriffo Evenepoel fa segno alla gente di allargarsi è solo perché è la strada ad essere stretta. Insomma si temevano troppe chiacchiere sul Napoli, e non avevamo pensato a Un posto al sole. E da quando la RAI trasmette questa soap opera il suo attore più famoso Patrizio Rispo all’attività di attore ha affiancato quella di presenzialista, e così con alcuni sodali si è presentato sia nella postazione cronaca, con una finestra aperta mentre la corsa ribolliva, e dopo al Processo a parlare a vanvera anche perché hanno avuto più spazio loro di quanto ne abbiano concesso in questi giorni a Marta Bastianelli invitata a partecipare ma poi praticamente mai coinvolta, e poi Fabretti si lamenta dello spettacolo. Durante la tappa si è ricordato che Coppi era legato a questi luoghi perché lì faceva il prigioniero attendente, là viveva l’artigiano che gli diede una bicicletta, da lì partì per tornare a Castellania, e tutti questi posti ricordano in qualche maniera il Campionissimo. Coppi fu costretto a partire per fare la guerra in Africa ma fu subito fatto prigioniero dagli inglesi, che lo riportarono in Italia, ed era attendente di un ufficiale inglese a Caserta nella frazione Ercole, dove da un paio di anni c’è un sobrio monumento che alla fine più che altro ci ricorda che questa è stata sempre una città e una provincia militarizzata, come disse anche Stendhal ai tempi del Grand Tour. Infatti, al contrario di Goethe che soggiornò qui mentre si costruiva la Reggia e forse a priori stava bene perché lontano da Lotte, a Stendhal Caserta non piaceva e disse che Caserta è una Caserma. Magari una sola! Però diciamo pure che il tipo era incontentabile e lo scrittore parmigiano Paolo Nori a proposito de La Certosa di Parma dice che non è che avesse una buona idea neanche di quella città. Ma tornando alla corsa due vecchie conoscenze delle fughe, Alessandro De Marchi e Simon Clarke, resistono all’inseguimento del gruppo e stanno per giocarsi la tappa, poi non per cattiveria ma per generosità iniziano a dire Prego, passa prima tu e Ci mancherebbe, prima tu, e dietro parte sparato Gaviria con la sua fissa per le volate lunghe e li supera ma viene battuto da Mads Pedersen, mentre i due, che visto l’esito non si possono definire vecchie volpi, facciamo vecchi polli, si abbracciano e si consolano a vicenda, e tutti i giornalisti applaudono e tutti i socialisti criticano. Il giorno dopo si parte da Capua e attraverso l’alto casertano si va in Molise, e allora bisogna stare attenti non ai cani ma ai cinghiali randagi. Lo scrittore parlante cita Spartacus ma non precisa che l’Anfiteatro si trova non a Capua ma nella vicina Santa Maria che non a caso si chiama anche Capua Vetere. Speriamo non abbiano creato dei problemi di campanili, come pure più tardi quando una didascalia ricorda che l’incontro storico tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II avvenne a Vairano mentre altri ritengono che sia stato a Teano. Poi si passa per Calvi Risorta e si ricorda il ciclista Luigi Mele scomparso di recente, più che altro perché dopo il ritirò lavorò in RAI come ora uno dei figli. Ma nel suo piccolo Mele si contendeva con il maddalonese Alberto Marzaioli il titolo di miglior ciclista casertano della storia. Ma al di là delle chiacchiere questa non è terra di ciclismo, e prima di lasciare il casertano spunta uno striscione inneggiante a Einer Rubio, probabilmente quei tifosi vengono dal beneventano dove il colombiano corse da under 23 con la locale Vejus che poi si fuse con l’abruzzese Aran e addio squadre campane. Ma bando alle tristezze perché questo è un tappone con la salitona di Campo Imperatore che farà sfracelli in classifica e dopo tanto attendere lo spettacolo è assicurato. Infatti vanno in fuga tre disperati e il campione africano. Quest’ultimo si stacca per il freddo e gli altri tre arrivano, perché in gruppo nessuno azzarda un mezzo attacco. Vince Davide Bais, fratello di Mattia, che disperava di vincere mai una gara, battendo Karel Vacek, fratello di Thomas, che l’anno scorso pensava di ritirarsi, e solo terzo è Petilli, favorito se non altro perché da giovane era una promessa in salita poi non mantenuta e come gli altri due era a zero vittorie. Nel 2017 al Lombardia Petilli e altri ciclisti finirono nello stesso dirupo dove tre anni dopo finì Evenepoel, ma gli italiani compatti, per salvare la faccia dell’organizzazione, dimenticarono il precedente e dissero che il belga era un ex calciatore e quindi non sapeva andare in discesa, anche perché come è noto i campi di calcio sono piatti. E questa è l’unica lancia che potevamo spezzare a favore di Remco, perché lui, perseguendo anche l’obiettivo della classifica della simpatia, va dicendo che Roglic e i jumbi sono nervosi e che lui medesimo è il più forte. Sarà, ma Roglic una volta è caduto l’altra ha forato e non si è scomposto, Evenepoel è caduto due volte e gli sono venute almeno quattro crisi isteriche e il suo boss sta ancora contando i cani randagi.

Storia di una falconella e del nobile che le insegnò a volare

Esistono tante applicazioni, chissà se ce n’è una che applicata alla trasmissione del Giro filtri la retorica e il lirismo e non faccia passare le letterine svolazzanti dello scrittore parlante e la sigla esclamativa di Gualazzi. Ma il Giro è un grande e multiforme spot turistico, c’è Martini che scherza col cibo, un giorno assaggiando arrosticini l’altro cercando di scroccare una cena. E’ un ritorno alla comicità basica, quella sulla fame, e mentre lo scrittore parla della castagna che oggi costa un occhio e ieri era cibo per poveri capita che l’elicottero inquadri due tifosi che si contendono una borraccia, siamo forse passati alla sete? No, quella è solo un trofeo da portare a casa per esporla fino al primo trasloco utile. E poi ci sono le antiche tradizioni, con dei tipi in costume medievale che ci ricordano che a Melfi c’è l’unico Castello in cui è scientificamente provato che abbia abitato Federico II, ci fanno un baffo quelli di Castel del Monte. La cosa è stata certificata dall’Unesco, forse nel periodo in cui l’Italia era rappresentata da Lino Banfi, non so su cosa si siano basati, forse documenti, pergamene, bollette della luce o c’erano ancora le pantofole federiciane vicino al letto. Ma i tipi in costume sono soprattutto degli abili falconieri, certamente più bravi con i falconi che con l’italiano, e ci fanno una presentazione tautologica della loro attività. Chi sono i falconieri? Quelli che praticano l’arte della falconeria. Ma cos’è la falconeria? Semplice, l’arte dei falconieri. Anzi la “nobile” arte della falconeria, e tutti in RAI concordano, pure quelli che semmai hanno condannato alla dannazione eterna il ciclista plebeo che sparò al gatto sanmarinese. Allora chiariamoci le idee su internet. Il falcone è un rapace naturalmente portato alla vita sedentaria e a grattarsi sotto le ali, ma il falconiere gli insegna a volare e a cacciare. La bestia non è grande come un’aquila e non può catturare il vitello grasso, per cui ci si accontenta di piccoli uccelli, quelli che con il loro canto e il loro volo ispirano i poeti, e forse topi e gatti, e l’abilità dell’addestratore sta nell’insegnare al falcone la differenza tra il gatto randagio o di una gattara e il gatto di un ministro, che poi si va a finire su tutti i giornali. E’ un arte da tramandare ai “prosperi”, immagino che siano i posteri cui le cose andranno bene, perché a quelli cui le cose andranno male è meglio non tramandare niente, il falcone sarebbero capaci di farselo arrosto. L’augurio è che ci sia altrettanta attenzione anche per l’altrettanto nobile arte della tauromachia.

Intanto la corsa arriva ed è uno di quei rari giorni in cui a Michael Matthews gira tutto bene. Tutto bene? No, perché il giorno prima Fabretti si era lamentato di queste tappe per velocisti noiose e troppo lunghe, e fa un elenco di “sue” proposte da sottoporre all’UCI per migliorare lo spettacolo, sempre a favore del pubblico, che infatti sui social all’unanimità stronca Fabretti e la RAI tutta. Il conduttore ricorda quello che si è fatto nel tennis e nella pallavolo, sì, ricordo che proposero pure di accorciare i pantaloncini delle pallavoliste, le quali gentilmente si rifiutarono. Ma viene il sospetto che la preoccupazione di Fabretti sia un’altra, cioè che arrivando in ritardo la corsa si accorci il tempo a sua disposizione, perché se davvero in RAI si preoccupassero dello spettacolo manderebbero a casa Petacchi e Fabretti stesso. Non mi capitava di vedere una cosa del genere dai tempi delle ultime Paris-Bruxelles di cui Bulbarelli comprò i diritti e che Pancani in diretta definiva corsa insignificante. E oggi la RAI vi dice che lo spettacolo pubblicizzato da spot magniloquenti è in realtà una boiata pazzesca. Per fortuna la successiva tappa di Lago Laceno è più movimentata anche se il fatto principale era già noto. In primavera sono stati molto criticati gli arrivi in parata nelle classiche, soprattutto la Gent regalata da Van Aert a Laporte, e qui Evenepoel aveva chiaramente detto che avrebbe lasciato la maglia rosa, ma non si dicono queste cose anche se si sospettano. Il belghetto già ha molta pressione al suo paese, e almeno dismettendo la maglia la squadra non deve stancarsi a controllare la corsa e lui a salire sul palco e a “subire” le interviste. Ma dato che è ancora abbastanza giovane da avere pure la maglia bianca l’ideale sarebbe lasciare andare in fuga un giovane che se le prenda tutte e due, sono due maglie usate pochissimo, come nuove. E quel giovane ce l’abbiamo, è il norvegese Andreas Leknessund che in verità alla vigilia era indicato tra i sottocani, non proprio il carneade dezaniano. Ma in corsa non c’è stato niente di pacifico, neanche l’accordo tra i due rimasti in testa a te la tappa a me la maglia, perché Leknessund già che c’era voleva tutto e Aurélien Paret-Peintre almeno la tappa e alla fine ha vinto. Ancora una volta è stato protagonista pure Vincenzo Albanese che correva dalle sue parti, ma lui che vive in Toscana è dalle sue parti un po’ ovunque essendo nato, secondo internet, a Oliveto Citra (SA) Laviano (SA) e Cusano Mutri (BN) e chissà che nella tappa di Salerno non si scopra qualche altra località in cui è nato. Comunque, tornando a Evenepoel, c’aveva ragione il ragazzino perché la squadra si è sbriciolata a tenere la fuga a distanza di sicurezza figuriamoci cosa capiterà quando ci sarà vera battaglia. Per Remco è stata una fatica conquistare la maglia ma pure perderla è stata dura, perché ha trovato dei gregari non richiesti nei granatieri Ineos che hanno inseguito dicendo Non ti preoccupare, te la facciamo conservare noi la maglia, così continuerai a stressarti con premiazioni e interviste. Poi il piano inglese è fallito per pochi secondi, ma viene il sospetto che da quando non c’è più il bacio delle miss ma solo la stretta di mano del presenzialista di turno queste maglie eccitino di meno. Ecco quindi una cosa che bisognerebbe tenere in considerazione per rendere più spettacolari le corse, il fatto che evidentemente, come dicono i poeti, tira più un pelo di f*** che tutta la Ineos in testa al gruppo.

A dimostrazione dell’eccessiva attenzione in Belgio per Evenepoel, un trio di sfigati belgi ha registrato “Remco perché ti amo” sulla falsariga della canzone dei Ricchi e Poveri, con un video pieno di luoghi comuni non solo italiani, perché i tre mangiano la pizza in cima al Kapelmuur.

La Zeriba Suonata – Cose che non sapevo

Dalla copertina del suo ultimo disco Lana Del Rey chiede Did you know that there’s a tunnel under Ocean Blvd? No, non lo sapevo, anzi non so nemmeno dove si trova questo boulevard. Ma già che ci siamo, Cara Lana, “cara” nel senso che un ciddì nuovo in genere lo pago 17/18 euri mentre il suo l’ho pagato 22, confezione jewel case, non so perché costa tanto, c’è dentro lei in persona? No, non c’è e allora non lo sapremo mai. Dicevo, Dear Lana, quello che ero curioso di sapere è se quando piove anche quel tunnel lì si allaga come succede da noi qui. Per il resto quello che sapevamo tutti è che nel dischetto avremmo trovato la solita fascinosa retromusica americana di questa fascinosa retrocantante, ma in realtà qualcosa di nuovino si sente, prendete A&W che a un certo punto diventa trip-hop o la conclusiva Taco Truck x VB. E poi c’è la partecipazione del pianista cantante jazz Jon Batiste, che fino all’estate scorsa non sapevo chi fosse ma poi è esploso con un video coloratissimo girato a New Orleans. Però, se devo essere sincero, Dear Jon, nel genere “andiamo a fare un tuffo nella musica di New Orleans” preferisco la scoppiettante Stop This Flame di Celeste.

La Zeriba Suonata – Sì, viaggiare

Il weekend santo e la settimana in albis sono una buona occasione per viaggiare e nessuno ci rinuncia. In Italia sono attesi miliardi di turisti, forse vogliono vedere i luoghi in cui sono ambientate le serie criminali e sperano semmai di assistere a qualche omicidio dal vivo. Per il resto, l’imprenditore vuole tirarsi su di morale dopo essere stato costretto a licenziare una comitiva di suoi dipendenti, il percettore di reddito di cittadinanza vuole raggiungere un’altra cittadina a bordo della sua divano-mobile, l’ambientalista vuole immergersi nella natura incontaminata di un lontanissimo spicchio di paradiso terrestre accessibile a pochissimi e solo con un viaggio aereo supersonico intercontinentale. E poi ci sono certi musicisti che si ostinano a voler andare in vacanza in Cambogia.

Primus – Holiday in Cambodia

Dead Kennedys‘s not dead.

Non i primi

E’ bello avere delle certezze. E’ ormai una certezza il fatto che l’Italia è un paese freddo: è l’unico a organizzare una gara di ciclocross deliberatamente sulla neve, e da anni, come nel freddo Belgio, e a differenza dei caldi paesi mediterranei come Spagna e Francia, la stagione su strada inizia solo a fine febbraio. Ed è una certezza che si vada a correre dove ci sono i soldi senza stare a fare gli schizzinosi: si corre su strada, pure sterrata, nell’Arabia Saudita, e pure nel ciclocross si bada più ai soldi che alla qualità dei percorsi. Vedendo ad esempio l’ultimo giro della gara maschile di Coppa del Mondo a Besançon, quando all’inseguimento di Van Der Poel c’era un gruppetto di una decina di uomini, ci si poteva chiedere se era cross o strada. Prevedibile che, con la Coppa del Mondo già assegnata matematicamente a Sweeck e Van Empel, i grandi favoriti per il mondiale si evitassero nel weekend, e così il sabato hanno vinto Van Aert e Van Empel nella challenge belga e la domenica hanno vinto Van Der Poel e Pieterse in Coppa. Come volevasi prevedere, nelle già numerose gare su strada hanno vinto tanti giovani aspiranti emergenti e ci sono state cadute a cascata. L’incidente più assurdo è avvenuto nell’ultima tappa della Vuelta a San Juan dove Fabio Jakobsen, proprio quello già miracolato al Giro di Polonia 2020, è stato colpito dal telefonino di uno spettatore che non era l’unico a sporgersi, era solo quello che si era sporto di più, e a vedere le immagini sembrava piuttosto che volesse passare una telefonata a Jakobsen. Dicevo le certezze, in Australia hanno tanti ciclisti che riescono a vincere gare più o meno importanti, a cominciare da Caleb Ewan quelle poche volte che inizia la volata da una posizione decente, ma i ciclisti più rappresentativi degli ultimi anni, Michael Matthews e Amanda Spratt, riescono sempre a trovare qualcuno che li precede, e dopo il Tour Down Under e la corsa dedicata a Cadel Evans torneranno in Europa a mani vuote. Ricordiamo che Matthews l’anno scorso vinse una tappa al Tour de France solo perché l’avversario di giornata era Alberto Bettiol che in quanto a secondi posti non è secondo a nessuno. O forse quella volta ebbe più coraggio del solito. A volte ce ne vuole molto, e la nuova squadra prof Corratec lo ha avuto due volte, prima per avere ingaggiato come diesse Fabiana Luperini in un ambiente ancora abbastanza maschilista, e poi per averla fatta esordire proprio in Arabia Saudita. La Luperini, che già ha lavorato con le donne e poi con i giovanissimi ed è sembrata spesso scettica riguardo ai riconoscimenti al ciclismo femminile, non è la prima donna sull’ammiraglia di una squadra maschile ma forse è la prima con un palmarès così ricco. Ma nel ciclismo non ci sono solo quelli che vincono tanto, o quelli che si piazzano spesso, ci sono pure quelli che non vincono mai o quasi. Uno di questi è il francese Geoffrey Soupe che è prossimo ai 35 anni e aveva vinto solo una tappa alla Tropicale Amissa Bongo nel 2011. A distanza di 12 anni nella stessa corsa non solo ha rivinto una tappa ma alla fine ha vinto pure la classifica generale. Lui è uno che in genere tira in testa al gruppo o tira le volate ai velocisti, insomma potrebbe passare inosservato tra i tanti che svolgono gli stessi compiti, ma da anni è ben riconoscibile perchè porta un folto barbone. Neanche in questa, che a un certo punto diventò una tendenza parzialmente rientrata, mi sembra sia stato il primo in questo periodo storico, probabilmente il primo è stato il tedesco Simon Geschke, ma la barba di Soupe lo fa sembrare un personaggio da fumetto, da bande dessinée, più precisamente ligne claire: Tintin o Blake et Mortimer o loro derivati.

Racconto sfuso – Viaggiatori della domenica

Sterno e Sterzo sono due amici che si completano a vicenda perché il primo legge gli scrittori e il secondo c’ha l’automobile. E se vi sfugge com’è che si completano eccovi il racconto di una loro gita. Un sabato mattina sono al bar e Sterno dice che ha scoperto che proprio dalle loro parti c’è il villino dove soggiornò per un paio di anni quel famoso scrittore straniero. “Incredibile, è qui vicino e non lo sapevo, ci potremmo andare domani mattina che è festa, sono poco meno di 70 km, o forse poco più, forse 80, di sicuro non più di 90, non molto più di 90. La villa si può visitare, c’è la foto su internet, c’è pure l’indirizzo e due commenti su trippadvaisor, e poi da quelle parti c’è qualche ristorante dove si mangia bene”. Sterzo non sembra entusiasta, ma l’incuriosisce Sterno quando poi dice che in quel villino lo scrittore c’aveva i convegni amorosi con quella famosa attrice del teatro, e insomma la gitarella si fa. La domenica mattina appuntamento al bar quasi di buonora, insomma non sul tardi, veloce colazione se non altro perché i soldi sono contati, e si parte. La gran parte del viaggio è tranquilla, poche strade trafficate, più quelle accidentate tra i boschi e le campagne, poi quando si arriva dalle parti dove dovrebbe essere il villino si comincia a consultare stritviù, ma quello non capisce, li manda in una strada omonima ma di un’altra città, poi dopo vari tentativi sembra che ci siamo, ma all’improvviso stritviù fa un salto avanti e finisce quasi in un altro comune, prova e riprova meglio iniziare a domandare alle persone, qualcuno non lo sa, qualcuno gli da indicazioni che non si capiscono. Intanto s’è fatta ora di pranzo, il paese si spopola, a un certo punto arrivano davanti alla chiesa, la messa è finita e c’è solo il parroco che sta chiudendo, chiedono a lui dov’è il villino del famoso attore e il prete si fa la croce con la sinistra e scappa via, perché in paese ancora si ricorda la tresca peccaminosa e scandalosa con l’attrice e il fatto che lo scrittore era uno scomunicato senzadio. Si gira ancora, Sterno sale su una torretta mezza diroccata per guardare il panorama e vedere se c’è da qualche parte qualcosa che assomiglia a un villino, ma niente, o forse sì, potrebbero essere quello. Si avviano ma dall’alto sembrava più vicino, però quando arrivano c’è la soddisfazione di vedersi di fronte questa villa in stile… sì, ora non saprei ma era lo stile che si portava all’epoca, e poi due targhe sull’ingresso. La prima targa conferma che è proprio il domicilio scelto dal famoso scrittore e c’è scritto pure che ci incontrava l’attrice, e vai! Poi sull’altra targa c’è scritto che si può visitare il martedì e il venerdì su prenotazione. Beh, si fanno almeno un giro tutt’intorno alla villa e fanno qualche foto. E a un certo punto sentono lo stomaco che si lamenta, allora lasciano stare la villa e lo scrittore e l’attrice e cercano almeno un ristorante dove mangiare qualcosa di buono, ma è pomeriggio e quei pochi che trovano stanno già chiudendo, e gli tocca di fare altri chilometri fino all’autogrill dove mangiare un panino unto. Mentre mangiano, Sterno si accorge che l’amico è deluso, e allora cerca di consolarlo citando scrittori, quello che scriveva che bisogna andare non sapeva dove ma bisognava andare e quell’altro che scriveva che l’importante non è la meta ma il viaggio, ma Sterzo gli dice: “Tutti drogati e ubriaconi i tuoi scrittori”. Finito il panino si mettono a guardare le cose in vendita nell’autogrill, il peluche di un metro e ottanta, la tavoletta di cioccolata da 350 grammi, tutte cose formato famiglia, a Sterno cade l’occhio su un libro di quel poeta, lo mostra a Sterzo e dice: “Lo sai che qua vicino c’è il bosco che gli ispirò quella famosa poesia? Saranno non più di cento km, che dici, vogliamo andarci domenica?” E Sterzo non dice né sì né no, dice solo che deve andare un attimo in bagno, e mentre Sterno continua a guardare i libri lui devia per l’altra uscita, fa il giro, si infila in macchina e abbandona l’amico all’autogrill come un cane.

Tecnica mista: carte colorate e pennarelli, che scritto così sembra quasi una cosa seria.

Un fumetto brutto sporco e quasi cattivo

Stamattina ho scritto del fumetto buono anzi ottimo e ora passiamo a quello cattivo anzi pure brutto e sporco. L’autore è Bruno Luverà, che neanche sapevo chi fosse perché seguo poco la tivvù e ho scoperto che è praticamente l’erede di Vincenzo Mollica che pure volle scrivere libri illustrati. Il volumotto edito da Comicout si intitola Raus e si sottotitola Fumetto sporco, e credete forse che i librai quando lo nominano usino il titolo che pure è breve e così comodo? No, dicono “fumetto sporco” che chi lo sente può pensare che stai a comprare una cosa tipo “Sukia a letto con Vartàn”. Ma mi incuriosiva il soggetto, una gita in bici sul Danubio, e pensavo a un viaggio tipo quelli di Paolo Rumiz. Solo che Rumiz viaggia per ascoltare scoprire e semmai farsi sorprendere, Luverà invece sembra che sia partito con un’idea fissa in testa, il nazismo, e abbia solo cercato conferme, che crede di aver trovato nella diffidenza degli austriaci, ma se in piena pandemia vai in gita senza mascherina non puoi certo sperare che ti accolgano a braccia aperte. Questo libro non è lungo ma non è facile da leggere perché appesantito dall’ideologia, è roba da intellettuali di sinistra, che forse qui si divertiranno come i ciclocrossisti si divertono a pedalare nel fango appiccicoso. Ho fatto male a fidarmi dell’esperto di Internazionale che scrive di “gioiello fresco” e, a proposito dei disegni brutti e infantili, di “ritorno alle origini poetiche dell’infanzia del fumetto e dell’arte” tirando in ballo i dadaisti, e forse sarà per quello che ‘sto coso che costa 19 euri sarei tentato di buttarlo nella Fontana di Duchamp.

La cosa migliore è la copertina.

Dentro la notizia

Domenica Mathieu Van Der Poel è tornato a correre e anche a vincere e può mettersi alle spalle il brutto episodio dell’arresto in Australia la notte prima dei mondiali. Ma viene da pensare che l’ha scampata bella, perché poche settimane dopo alla missione dell’ONU per la prevenzione della tortura è stata impedita l’ispezione nelle carceri australiane. Però questa notizia ne nascondeva un’altra al suo interno, giù sotto, perché solo altre tre volte le visite della Commissione sono state sospese: in Ruanda, in Azerbaigian e in Ucraina; sì, proprio nello stato di cui si caldeggia l’ingresso nell’Unione Europea.

E che ci sarà in Ucraina, le carceri di Piranesi?