Bruno Nereo e Neri erano tre ragazzini che si divertivano ad avere paura. Si avventuravano in luoghi in cui i genitori gli vietavano di andare ma ne tornavano sempre impauriti e contenti. Il posto che preferivano era la laguna nera che faceva paura già solo dal nome, e meno male che aveva quel nome lì perché per il resto non c’era niente di che e la fantasia bambinesca sopperiva fino a un certo punto. Poi arrivarono quei tre anni in cui fu vietato uscire di casa e andare in giro tanto meno in gruppo. Quando la paura dell’epidemia finì, i tre, diventati nel frattempo più grandi e più paurosi perché più consapevoli delle tremende cose della vita, pensarono subito di ritornare alla palude. Ma quando giunsero sul posto ebbero una visione orribile e pensarono di essersi sbagliati, forse dopo tutto quel tempo avevano dimenticato la strada ed erano capitati in un altra laguna. Però, a guardare meglio, un cartello che ricordavano bene e un paio di alberi dalla forma particolare e inquietante gli confermarono di essere nel posto giusto, solo che quel bacino era diventato rossastro. Mentre si guardavano intorno cercando di capire cosa fosse successo passò di lì un pescatore e gli chiesero spiegazioni. Il pescatore gli raccontò che a poche centinaia di metri avevano aperto una fabbrica di merendine, le Capròn quelle della pubblicità in televisione, e scaricavano nella laguna residui e liquami, soprattutto i coloranti per fare il rosso della ciliegia e dei frutti di bosco, poi gli mostrò i branzini e un’anguilla che aveva pescato e anche quelli erano diventati rossi, e a mangiarli – disse l’uomo – erano dolciastri. I ragazzi a sentire quella storia si stavano annoiando ma per fortuna all’improvviso apparve sull’acqua una creatura mostruosa, un essere deforme che non somigliava a nessun animale conosciuto e si sollevava dall’acqua anche se di poco. E i tre ragazzi entusiasti e terrorizzati gridavano che era un fantasma, forse di qualcuno morto affogato. “Casomai – rispose il pescatore – strafogato, di merendine. Ma quale fantasma? Quella è una cicogna, si fermò qui e gli operai della fabbrica le buttavano da mangiare le merendine che il padrone gli regalava come benefit ma che loro, ben sapendo cosa contenevano, si guardavano bene dal mangiare. Così la cicogna in poco tempo ingrassò e quando venne il momento non riuscì più ad alzarsi in volo per migrare ed è rimasta qui, ed è ingrassata sempre di più e, tra schifezze che mangia e acqua inquinata, è diventata pure rossa”. Così i ragazzi tornarono a casa delusi e in seguiti preferirono avventurarsi in altri luoghi.
Poi un pomeriggio, mentre facevano merenda con le brioscine Capròn, videro sulla confezione il QR code per partecipare al grande concorso in cui si poteva vincere il peluche della mascotte delle merendine, e quella mascotte era un cicogna rossa.
Oggi in tutto il mondo si celebra (non so se è corretto dire così ma con tutte queste giornate si rischia di confondersi) la giornata dei disturbi alimentari. Se mi chiedessero a me, io risponderei che quello che più mi disturba nel campo alimentare è l’arroganza spaziale, nel senso dello spazio occupato, dei locali ristoratori, che nascono si trasformano si moltiplicano, spesso sospetti lavandai e prestigiatori di partite IVA. A volerne pensar bene, con molta fantasia però, sono comunque in numero ingiustificato anche se sbarcassero in Italia tutti gli affamati terracquei. L’ultimo, che già sarà almeno terzultimo, un locale che si annuncia come pizzeria gourmet cucina tipica, e l’altroieri sulla soglia il proprietario, intento alle ultime rifiniture, si prendeva una pausa e si ristorava con una bustona gigante di patatine: tipico.
Mentre Fem Van Empel ed Eli Iserbyt tagliavano il traguardo del cross disputato nel parco dell’Università di Bruxelles (o Brussels, fate voi) aggiudicandosi pure la terza challenge mondiale, cosa normale per la Fem di quest’anno meno per Eli che ha avuto degli stop per infortuni, alle loro spalle si notava un’inquietante papera gialla gigante. Quale pericolo incombeva sulla doppia capitale? Una razza sconosciuta di anatre, forse aliena, forse geneticamente modificata in laboratori cinesi? No, l’unico pericolo era quello di scivolare nel bagno e dare una capocciata. Chi ha visto qualche gara di cross disputata in Belgio si sarà chiesto cosa rappresentano le grandi papere gialle poste lungo il percorso. Beh, uno degli sponsor che dà il nome anche alla terza challenge per importanza, con la classifica a tempi e non a punti, è la Ditta X2O Badkamers specializzata in bagni che ha scelto la paperella come mascotte. Tutto qui, i brussellesi possono tornare a dormire sonni tranquilli, ammesso che ci riescano dopo aver ingurgitato patatine fritte e birra in quantità proporzionali alle papere.
Abbiamo aspettato più di 100 giorni dall’insediamento del governo di alto profilo, ma alla fine è ritornato in tv lo spot del formaggio sovranista, quello che è di alto profilo perché, come ci spiega l’attore famoso e prezzemolone, le vacche mangiano questo che è buono perché cresce nel nostro territorio mentre quell’altro fa schifo. Ma mi chiedo chissà cosa mangiano, o bevono, i musicisti scozzesi che a loro il pop gli viene buono mentre quello italiano è una schifezza, a cominciare dai nomi dei gruppi, ma sorvoliamo e veniamo al dunque. Dopo neanche un anno da A Bit Of Previous i Belle And Sebastian pubblicano Late Developers. Stuart Murdoch dice che si tratta del seguito del primo, e va bene, perché sono in giro da più di 25 anni, la musica che fanno non è nuova ma non fa la muffa, è un pop gradevole, e poi sono scozzesi e quindi fanno pop D.O.P.
Si può ben dire che il Contino Giocondo Innocentis De Ninnolis abbia portato a termine il lavoro iniziato dal padre. Il Conte Betto infatti era un giocatore d’azzardo tanto accanito quanto sfortunato: al tavolo da gioco aveva perduto la tenuta di Camposuino, la Paperaia, i gioielli della defunta Contessa, alcuni titoli e la culotte autografata della soubrette Antoinette La Toilette. Delle residue ricchezze che ereditò, il figlio dilapidò quasi tutto, vittima dell’alcool, del gioco e delle donne. Giocondo infatti era ossessionato dall’igiene, aveva una fobia per microbi e virus e per questo faceva un uso esagerato di soluzioni alcooliche che finivano per erodergli le finanze e le mani. Poi era un patito e collezionista di giocattoli, da quelli ottocenteschi a quelli elettronici, ne comprava alle fiere e su internet, e li accumulava nelle segrete del castello di famiglia. Infine le donne, anzi la donna, la Baronetta Selvaggina Coccarda De Lusis, conosciuta a un convegno dell’Associazione Giovani Nobili. Giocondo la corteggiava, la invitava al castello e le faceva proposte equivocabili, perché, come quel cavallino che aveva comprato da un bar fallito, le chiedeva: Vieni a giocare con me? E quando lei accettava non immaginava che l’attendeva una serata con la playstation. In realtà Selvaggina si divertiva in compagnia di Giocondo, al punto che il Contino pensò che ci fossero i presupposti per poterle chiedere di sposarlo. Lei arrossì perché non se l’aspettava e rispose con un secco no, al che lui, altrettanto sorpreso, le chiese il motivo del rifiuto: Voi donne dite sempre che vi piacciono gli uomini che vi fanno ridere. E lei, non volendo mortificarlo, rispose: Ma tu sei scemo in testa! Secondo te ci sposiamo e poi ci facciamo quattro risate. Ma non lo sai che in natura la femmina si accoppia sempre con il maschio più forte, quello che assicura la prosecuzione della specie? E questo tradotto in moneta corrente significa l’uomo che c’ha la grana. Tu invece c’hai i giocattoli e questo castello che cade a pezzi. Addio senza rancore. E così Giocondo rimase solo in quel castello, senza soldi, senza compagnia e senza rancore. Ed era invecchiato di colpo, non gli interessavano più i giochi e neanche l’igiene estrema, ora l’unica sua preoccupazione era quella di poter vivere senza ricorrere alla fastidiosa soluzione adottata da tutti, o quasi tutti, insomma da alcuni, cioè lavorare. A tale scopo ricavò una somma ingente, che non avrebbe più dilapidato in giochi e soluzioni alcoliche, dalla vendita del castello alla Locascio Location, una start up di giovani tamarri che sapevano alcune parole inglesi (comprese “start up”) e si occupavano di organizzazione di eventi. Il castello era molto grande, una parte fu trasformata in un locale così ampio da poter ospitare anche due eventi contemporaneamente, e la parte più vecchia e più lontana dal parcheggio fu lasciata com’era perché rimodernare tutto sarebbe costato troppo, ma i proprietari si ripromettevano di farlo se avessero avuto successo e soprattutto fondi statali. Giocondo per iniziare una nuova vita pensò di darsi allo sport, provò quelli praticati dai suoi amici nobili ma scartò subito polo e dressage perché montare a cavallo era già troppa fatica, e allora optò per il canottaggio iscrivendosi al Circolo Raro Nantes. Lì capì subito quale era l’armo che gli si confaceva: l’otto con, lui era “con”. Alla fine della stagione fu organizzata la tradizionale cena sociale con la partecipazione di tutti gli iscritti e, tra i tanti locali pure troppi, il Presidente scelse il Royal Low Cash. Gli invitati seguirono le indicazioni di Magna Maps, l’app per mangioni erranti, e arrivati a destinazione scoprirono prima che il locale era proprio il castello appartenuto a Giocondo e poi che il nome era fuorviante in quanto era solo una specie di anglicizzazzione di quello della ditta e non si riferiva ai prezzi. Ma non era il momento per le tristezze, bisognava festeggiare e divertirsi. La serata procedeva bene ma un certo punto si iniziarono a sentire urla e risate sguaiate, poi si sentì anche una voce lagnosa che cantava una canzone cacofonica, qualcuno chiese notizie a un cameriere che anche con una punta di orgoglio, come a sentirsi parte di un evento straordinario, rispose che c’era il matrimonio di Don Maddaleno Capasanta con la Baronetta De Lusis. Giocondo commentò: E così la bella Baronetta ha trovato un marito ricco e potente per il nobile fine della prosecuzione della specie: che specie di prosecuzione! Infatti Capasanta era il boss del mercato ittico e aveva scelto quella location fuori mano per evitare brutte sorprese. Qualche canottiere sbirciò nella sala per curiosare ma si ritrasse subito perché a cantare c’era la star del neomelodico Ariello Scannacefalo, sembrava ieri che aveva esordito a 12 anni con l’album “Guaglione prodiggio” e invece ora pareva un giovane invecchiato presto e male ed era già arrivato al quarantunesimo disco, intitolato solo “41” con grande sfoggio di semplicità, disco che aveva avuto così successo che ne era uscita pure la versione deluxe intitolata “41bis”. Il boss e gli invitati inoltre, accaldati eccitati e avvinazzati, si erano messi comodi togliendosi cravatta giacca e pure camicia e restando in canottiera. I raro nantes non ebbero neanche il tempo di tornare a sedere che iniziarono strilli e litigi tra i bambini della festa confinante, i quali a un certo punto iniziarono a rincorrersi sconfinando nell’area dei nobili e urtando invitati e camerieri, in particolare causando la caduta di quello che portava la torta con panna che finì in faccia al Bisconte Castore Polluce di Scilla e Cariddi. Visto che il personale non osava invitare i commensali degli sposi a contenersi e trattenere i bambini, i nobili si mossero personalmente per lamentarsi di tutto quel chiasso ma furono accolti in malo modo con strafottenza con pernacchie e con quelle parole che vengono definite “irripetibili” ma erroneamente perché i presenti in canottiera le ripetevano eccome e più volte. Insomma stavano per fronteggiarsi canottieri e canottiere e venire alle mani quando spuntarono alcuni revolver, e in quel momento Giocondo ebbe l’intuizione di invitare i suoi sodali a scappare dietro di lui. Non si trattava di una vera e propria fuga, Giocondo aveva notato che solo una metà del castello era stata ristrutturata e attirò tutti nella parte rimasta intatta. I canottieri riuscivano a correre più veloci perché più atletici mentre gli inseguitori erano lenti e goffi a causa dei panzoni e, quando i secondi furono al centro di un ampio salone, Giocondo tirò una leva segreta nascosta in un posto segreto e si aprì una botola segreta nel pavimento in cui gli inseguitori precipitarono come sacchi di patate e si sfracellarono su un pavimento polveroso rompendosi almeno un paio di arti cadauno. Quando arrivarono polizia carabinieri e ambulanze, che alla fine i ristoratori erano stati costretti a chiamare di malavoglia, gli agenti raccolsero i feriti e le testimonianze e già che c’erano rilevarono varie infrazioni alla normativa igienico-sanitaria contributiva e fiscale dello stesso locale. Per cui tra queste irregolarità e le denunce incrociate per minacce lesioni eccesso di legittima difesa danni materiali e morali e tutto quello che la fantasia degli avvocati poteva suggerire, tutti i coinvolti ebbero un bel po’ da fare negli anni seguenti e i loro legali vissero felici e contenti.
I belgi hanno due cose in testa, forse pure la terza ma quella è sottintesa. Nel weekend dedicato ai campionati nazionali i due rivaloni si sono astenuti con varie motivazioni e in Belgio Michaelone Vanthourenhout conferma che questa è la sua stagione battendo Laurensone Sweeck. Ma quest’ultimo accusa i meccanici della squadra del rivale (che è anche la sua ex squadra) di averlo volutamente ostacolato durante il cambio bici. Het Nieuwsblad vuole tenersi al di sopra delle parti e commenta scrivendo che un cross senza polemiche è come un bar senza birra, il primo paragone che gli viene in mente.
Il periodo delle festività di fine anno è spesso caratterizzato da grandi e laiche abbuffate, magna magna senza ritegno. Personalmente preferisco la ormai tradizionale abbuffata fiamminga, di cui si può beneficiare anche a distanza, tutta a base di ciclocross di prima scelta, e di cui la tappa di Coppa del Mondo disputata ieri a Gavere è solo la seconda portata. Un bel percorso duro che ricordava quello di Namur e, per una serie di fortunati eventi, un campo partecipanti ricco per qualità e anche quantità. Mancavano Marianna che centellina le ultime energie di una lunga carriera, la famiglia Alvarado e i due infortunatisi nell’assurda gara in Val di Sole, Van Empel e Iserbyt, che avevano mandato il certificato medico. I cosiddetti tre grandi, dopo aver occupato il podio a Mol nel cross pomeridiano dell’antivigilia, una gara fuori dalle varie challenges, già che c’erano si sono presi anche quest’altro, con Tom Pidcock sempre terzo e gli altri due che si sono alternati, a Wout Van Aert la gara attorno al laghetto artificiale con le luci artificiali, a Mathieu Van Der Poel il cross fangoso di Gavere, e l’unico degli “altri” che è riuscito a guardare quei tre da vicino è stato il solito Michael Vanthourenhout che con i percorsi duri e fangosi ci va a nozze, si fa per dire, perché un matrimonio in una fangaia significherebbe divorzio immediato e invitati che vorrebbero indietro i regali.
Tra le donne le prime due piazze si sono ripetute uguali, la gara crepuscolare di venerdì è filata liscia, ma a Gavere ci sono stati errori e non solo di gioventù. La ventenne Puck Pieterse ha saltato un cambio di bici e, quando aveva già mostrato di non essere al meglio, si è ritrovata con la ruota incollata dal troppo fango, e ci sta, è giovane e a volte troppo sicura di sé, ma Lucinda Brand ormai non è neanche più under 33. E’ successo che davanti c’erano quattro ragazzine, di cui la più giovane era la ancora junior Zoe Backstedt, ma la svolta c’è stata quando la convalescente Brand era quinta e l’esperto cronista RAI ha detto che sembrava spenta, è stato allora che ho capito che sarebbe andata almeno a podio. Lucinda ha iniziato una rimonta clamorosa saltando le ragazze che la precedevano e andando all’inseguimento della compagna di squadra Shirin Van Anrooji, che era in fuga come già venerdì, ma forse ci ha messo un po’ troppa foga, capitò pure alla Vos l’anno scorso sulla neve trentina, e quando ha affiancato la compagna ha accennato pure una spallata, ma Van Anrooji cui non manca la grinta ha reagito senza il cosiddetto timore reverenziale, non ha fatto né inchini né riverenze ma un’altra progressione e se n’è andata per non essere più ripresa. Alla fine ci siamo ficcati in un piatto ricco ma è ancora presto per alzarsi da tavola.
La Zeriba Illustrata augura a tutti i lettori buone feste, a ognuno secondo i suoi gusti, ed esprime la propria vicinanza a quanti per motivi dietetici gastrointestinali odontotecnici o allergici dovranno girare al largo dalla frutta secca.
I fedeli devoti avevano offerto al convento tante cose buone da mangiare e i monaci avevano trovato il modo giusto di spartirsele: le divisero in tre pentole poi sospese in alto nel cortile e fecero il gioco della pentolaccia. Per primo si fece avanti il monaco anziano che fu bendato e poi fatto girare tante volte su sé stesso che un altro al suo posto avrebbe perso l’equilibrio e sarebbe caduto per terra. Invece il monaco agì come se sapesse con precisione in quale punto del cortile si trovava e con un solo colpo secco colpì una pentolaccia, poi si tolse la benda e solennemente disse: “L’uomo che ha raggiunto la saggezza conosce il suo posto nel Mondo”. Detto ciò si sedette su un muretto, venne velocemente a conoscenza del suo premio e iniziò a sgranocchiare della frutta secca così meritatamente guadagnata. Fu il turno del monaco di mezza età che, una volta bendato e fatto girare su sé stesso, iniziò a barcollare, poi fece qualche passo inciampando, tre colpi andarono a vuoto ma al quarto colpì la pentola. Tolta la benda dagli occhi e visto velocemente quello che aveva così faticosamente conquistato, il monaco disse: “La Via della Saggezza è lunga e piena di ostacoli, ma vale la pena percorrerla”. Infine toccò al monaco giovane il quale, essendo nel fiore dell’età e nel pieno delle forze, non fu sbilanciato dai giri su sé stesso e, appena gli altri lo lasciarono, saldo sul terreno e con tutta l’energia che aveva in corpo assestò un unico colpo deciso sulla testa del monaco anziano facendogli andare un fico secco di traverso. A quel punto il monaco giovane si tolse la benda e rivolgendosi al vecchio disse queste parole: “Mi sa che ti sei messo nel posto sbagliato”.
Chi in Italia desidera la musica impegnata che veicola i messaggi deve solo chiedere, non ha che l’imbarazzo della scelta. C’erano e ci sono ancora i cantautori, l’unico problema è che non durano molto, dopo un po’ iniziano a dire che sono solo canzonette, che Craxi in realtà era un grande uomo politico e che sono credenti e praticanti. Ma poi sono arrivati i rappers, gli isolani nel cantiere, i 99 che li possino, i kalashnikov, che avevano capito tutto ma non se lo tenevano per loro, anzi molto generosamente cercavano di farlo capire anche agli altri che non ci arrivavano, e per questo usavano quelle frasi come “senti bene cosa sto per dirti” o cose del genere, sempre dalla parte degli ultimi, degli sfruttati. E di recente un rapper campano ha preso a cuore le condizioni di lavoro dei riders, simbolo dello sfruttamento e della precarietà, che rischiano la vita spesso senza essere assicurati, e se ne è fatto portavoce con un video molto diffuso che sicuramente sarà comparso anche a voi quando su internet cercate di vederne qualche altro. Il rapper dice: “Parte a razzo il rider su una ruota sola” e poi, rivolgendosi ai clienti della ditta di consegne a domicilio che sponsorizza il video, li avverte: “Tu resta a casa che fuori è un casino”. Per forza: è pieno di riders che sfrecciano su una ruota sola.
Restate a casa, a meno che non ci sia una gara di ciclocross nei paraggi con Puck Pieterse che arriva a razzo su una ruota sola.