La Zeriba Suonata – privi

Privi del chitarrista Fausto Mesolella, morto un anno fa, del serioso prefisso Piccola Orchestra, della Sugar di Caterina Caselli e di tanta napoletanità in cui aveva nuotato soprattutto il cantante Peppe Servillo, che ancora al Sanremo ultimo scorso era a cantare una brutta canzone dell’evitabile Enzo Avitabile,  un po’ a sorpresa sono tornati gli Avion Travel, con l’album Privé, che contiene, secondo me, una delle canzoni migliori della loro carriera, il singolo Come si canta una domanda. La canzone era stato scritta da Servillo e dal contrabbassista Ferruccio Spinetti per l’album Leggera del duo Musica Nuda, quindi si può dire che rimane in famiglia, manca solo l’altra metà del duo, la cantante Petra Magoni, ma lei canta da jazzista mentre gli Avion Travel hanno fatto le cose migliori quando hanno fatto pop e basta.

 

Giro al largo

Quando la fascetta o la pubblicità di un libro dice che è un caso editoriale, quello è un caso in cui giro al largo. Quando sulla fascetta o nella pubblicità di un libro ne parla benissimo uno scrittore famoso di quelli che vanno in televisione, è sempre un caso in cui giro al largo, soprattutto se già giro al largo da quello scrittore famoso che va in televisione.

Quando il libro è di una casa editrice piccola, pure locale, che c’è di male? Ma se è stampato con un brutto font, quasi baroccheggiante, che chissà cosa si credono di fare, giro al largo. Quanti giri mi tocca fare in libreria.

 

Contagio

Se in una famiglia qualcuno si becca un’influenza, un virus, facile che contagi gli altri familiari. Ora è vero che Elia Viviani e Elena Cecchini, nonostante gli sforzi di AdS che non si fa i cavoli suoi, non sono coniugati, ma comunque Elena è stata contagiata dai successi di Elia e, dopo due anni, in cui ormai stava finendo a fare la gregaria della treccina francesina che poi neanche lei vince, è tornata alla vittoria sempre in Turingia, battendo in volata una forte come Coryn Rivera, anche se l’osso più duro rimane AdS.

e poi chiudiamo

Un’ultima cosa sul Giro d’Italia e poi non ne parliamo più. Il sito del giornale fiammingo Het Nieuwsblad posta la foto di uno degli italiani protagonisti al Giro, con qualche riga di commento. Ma non si tratta di Pozzovivo né di Viviani che corre per lo squadrone belga.

Il futuro del Giro e del Ciclismo

A chiusura di questo Giro d’Italia faticoso e con tanti inconvenienti, la Zeriba Illustrata non assegna maglie e trofei, non da voti, ma come commento finale racconta cosa faranno o dovrebbero fare alcuni protagonisti.

CHRIS FROOME. Detto molto sportivamente, vada al Tour e corra per vincere. Così almeno al Mondiale non avrà più energie.

TOM DUMOULIN. Si dia un soprannome da solo, scelga quello che più gli piace e finiamola qui.

THIBAUT PINOT. Se potesse farsi cittadino italiano per un giorno e chiamarsi Teobaldo Pinotti. Vorrei sentire i tifosi travestiti da deficienti gridare “Dai Teobaldo!”

SIMON YATES. In famiglia al momento il miglior risultato in un grande giro resta il quarto posto al Tour di Adam, che è anche quello che va meglio in linea. Per cui se il gemello Simone si da una botta di umiltà in testa male non gli fa.

FABIO ARU. Scendi giù!

ALEXANDRE GENIEZ. Non correndo il Tour può concedersi uno strappo alla regola francescana della vita da ciclista e pranzare nel suo ristorante preferito, scoperto per caso una volta che provava una discesa: la “Trattoria Al Curvone”.

Geniez, impareggiabile animatore di tavolate in allegria.

ROHAN DENNIS. Ma vuoi proprio puntare ai Grandi Giri? Ci sono tante altre cose nella vita, ciclistica intendo.

DOMENICO POZZOVIVO. Al Robertino del ciclismo italiano Massimo Troisi consiglierebbe di toccare le donne, di andare a rubare, che in gergo ciclistico si può tradurre “Attacca, vinci qualcosa”.

Pozzovivo e il suo DS discutono la tattica da seguire in corsa.

GIUSEPPE FONZI. Andrà alla Biblioteca Nazionale e chiederà tutti i libri di Alfonso Gatto, che lui non sa bene chi sia, forse un parente di Oscar, che quindi quando dice certe cose è interessato. E quando troverà scritta la famosa frase “Tutti primi al traguardo del mio cuore” di nascosto tirerà fuori dalla tasca posteriore un piccolo marker nero, di quelli cinesi che fanno disastri sulla carta, e cancellerà la frase in questione. Restituendo i libri penserà tra sé: Gatto, fatti i cazzi tuoi!

STEFANO RIZZATO. Tra qualche settimana seguirà il Giro d’Italia Femminile e potrà dimenticare tutte le brutte cose sentite durante il Giro maschile, che poi sono quelle che raccontava lui. E l’anno prossimo uno scatto d’orgoglio, basta con le rubriche di curiosità tipo giornale di enigmistica e parli di ciclismo. O di figa, come gli consigliava Cicloweb.

ALESSANDRA DE STEFANO. Lasciali in pace quei due, ora devono pensare a correre in bicicletta, poi quando si ritireranno potranno sposarsi tutte le volte che vorranno. Cioè non volevo dire questo, sono stato frainteso, ma insomma ci siamo capiti, una cosa per volta.

LAURA BETTO. La ragazza ne capisce di ciclismo e si appassiona ancora, per cui può fare di meglio che recitare piccole particine scritte da altri. Propongo l’hashtag Bet-too.

Com’è difficile trovare una foto della Betto in bicicletta.

IL GOVERNO DEL  CAMBIAMENTO. Il governo prossimo (s)venturo vuole mettere mano alla Legge Fornero, così il ciclista Davide Rebellin e il biker ex ciclista Francesco Casagrande potranno finalmente andare in pensione. Altrimenti bisognerà abbatterli.

IL FUTURO DEL GIRO. Ma il Giro mai come quest’anno si è visto che ha bisogno di grossi capitali, e con l’attuale congiuntura economica e politica e il rischio che il Governo del Cambiamento ci faccia uscire dall’Europa, disprezzare da tutte le agenzie di rating  e ridurre in miseria, non è detto che ci sia la possibilità di continuare a organizzarlo, per lo meno come l’abbiamo conosciuto in questi anni. Ad esempio, invece di limitarsi a partire dall’estero si potrebbe disputare completamente in altri paesi, con passerella finale sfacciatamente sponsorizzata dallo sponsor di Marcello e disputato negli stabilimenti A. sul circuito denominato Shamp-Élysées, o potrebbe diventare una corsa minore, con squadre africane emergenti dall’Eritrea e dal Rwanda, i meccanici per rendere le bici più aerodinamiche dovrebbe toglierle campanello e portapacchi, ci sarebbe più spazio per i ciclisti italiani, soprattutto per la squadra del Principe che venderebbe tutti gli altri suoi titoli nobiliari per fare cassa e guiderebbe i suoi uomini dalla sua fiammante apecar blu, la classifica più che dalle imprese sarebbe determinata dalle crisi di fame, ma sarebbe un ciclismo pulito, perché non ci sarebbero soldi per l’antidoping ma neanche per il doping, tanto meno ci si potrebbe permettere i motorini nascosti. Il pubblico seguirebbe il Giro scroccando i giornali o la differita di mezzora alle tv in bianco e nero nei Bar dello Sport, che sostituiranno i locali falliti uno dopo l’altro, e vecchi rincoglioniti dall’alimentazione precaria racconterebbero di Tour vinti da Chiappucci. Ma ci sarebbe da stare attenti alle miss, che sul palco, per la fame, invece di baci potrebbero dare morsi.

Finiamo come abbiamo iniziato, con i Blonde Redhead che cantano Pink Love. Questa canzone si potrebbe proporre come sigla della prossima edizione al posto di quel video che per musichetta e immagini sapeva un po’ di french touch anni 90 di seconda scelta.

Poteva andare peggio

Poteva andare peggio, l’ultima tappa è pericolosa, ma per fortuna sono stati limitati la retorica, il celebrazionismo, il fabrettismo, il marchettismo. C’è stato un riassunto del Giro di Fabretti e Garzelli, un’accoppiata che poteva essere fatale dopo il pranzo domenicale, poteva indurre una pennicchella col rischio di risvegliarsi a tappa conclusa, se la tappa fosse stata normale, ma così non è stato. Come concludere il Giro? Con una cronometro che può lasciare insoddisfatti per scarso spettacolo o ribaltoni immeritati (vedi Fignon e pure Fignon), o una crono a inseguimento, tipo Gundersen, in tempo reale, come volete chiamarla, così arriva il primo, il secondo, il terzo, il primo italiano che non è prima del quinto, ma poi o la limiti ai primi 20 e non sarebbe giusto nei confronti degli altri, o aspetti 5/6 ore i comodi di Fonzi o chi per lui. Già, alla fine si parla solo di Froonzi, del primo e dell’ultimo, e nessuna gloria per quelli in fondo alla classifica che non hanno neanche la soddisfazione della maglia nera, come Simion o Frison. Ma dicevo l’ultima tappa, si potrebbe prendere ispirazione dalle piccole corse a tappe, dove i ciclisti sanno che non è ancora finita e c’è ancora un arrivo come quello di Nizza o il Muur del Binck Bank Tour,  oppure si opta per la più tradizionale passerella finale, ma che sia tale e non si rischi di compromettere tutto con una caduta o una foratura, insomma un circuito di 50 km, che sono sufficienti per fare quello che si deve fare, su larghe strade cittadine, e per esempio se volete arrivare a Roma si va all’EUR dove hanno fatto il GP con le auto elettriche. E invece già sono tutti stanchi, i ciclisti, le fidanzate dei ciclisti, tutta la carovana e pure noi spettatori che seguiamo la corsa da più di tre settimane e avremmo anche altro da fare, e non bastasse il megatrasferimento da Cervinia, ci sono pure 110 km finali, con partenza alle 4 di pomeriggio, ner centro de Roma pieno de buche e de sampietrini. In RAI sono occupati a parlare di cose loro in un clima goliardico e si accorgono tardi che il gruppo va piano, e che si discute tra leader del gruppo e rappresentanti delle istituzioni. I ciclisti forse non hanno molto tempo di informarsi o comunque non si aspettavano un fondo stradale in quelle condizioni e così hanno fatto il gioco dei Poteri Forti che non sanno più cosa inventarsi per mettere in cattiva luce la Giunta del Cambiamento, non mi chiedete il cambiamento di cosa, e riescono a ottenere una meganeutralizzazione. Parte la corsa vera, davanti vanno a tutta quelli interessati alla tappa, dietro gli altri se la prendono comoda e Froome, in compagnia di tutta la squadra e del Coso di Maastricht, si fa la più lunga e tranquilla passerella della vita. In volata Bonifazio fa a testate con tutto il gruppo, Viviani parte in testa ma, sempre per mettere in cattiva luce la Giunta del Cambiamento della Giunta, sbanda con la ruota posteriore, e vince Sam Bennett ancora con la fidanzata al seguito. Finisce senza incidenti, ma poteva andare peggio, poteva piovere.

Anche Het Nieuwsblad si allinea con i famosi Poteri Forti

Froome’s not dead

A Cervinia arriva l’ultima tappa di montagna del Giro, l’ultima speranza di cambiare la classifica, e prima del passaggio della corsa si devono ripulire le strade dai vetri e dall’olio che qualcuno ha buttato sul percorso, si dice i No-Tav, sarebbe un raro caso di teppismo filo-governativo, e già si teme per domani a Roma dove la giunta anch’essa filo-governativa potrebbe disseminare buche sul percorso. Fabretti parla per pochi minuti in totale ma sufficienti a fare errori, come quando assegna tre vittorie di tappa a Bennett. Vanno in fuga tutti quelli che erano venuti al Giro per vincere qualcosina, per vincere mezza tappa o fare una mezza classifica e tra questi, mentre Grossschartner si stacca appesantito dalle troppe “s”, va a vincere il ciclista asimmetrico Mikel Nieve, che è stato anche il miglior gregario di Yates, al contrario di quel Kreuziger che ormai tanti anni fa sembrava uomo da grandi giri e invece poi ha fatto meglio nelle corse in linea. Parentesi internazionale: oggi in Bretagna ha vinto Pasqualon e in Belgio Vanendert, che come Nieve vincono poco, e quindi fa ci piacere questo tris, chiusa parentesi.

Per fortuna lo svolgimento del Giro è stato tale che solo oggi s’è visto il trenino Sky con anche Puccio, uomo da pietre che tira in salita mentre già tanti scalatorini si sono staccati.

Ma le forze sono esaurite, oggi l’unico che sale forte è lo Spread, Saligari dice che Dumoulin non ha una bella cera, ma invece il Gorilla Bianco di Maastricht e Froome duellano nel finale, per poi coalizzarsi negli ultimissimi km per andare ad acciuffare i due che lottano per la classifica delle facce da schiaffi, con Lopez che si prende la maglia bianca e il terzo posto in classifica e Carapaz che studia alla Scuola di Attendismo del luminare Unzué. Ma salgono un po’ tutti in classifica perché l’unico che va davvero in crisi è Pinot, che si era intestardito a voler correre il Giro, e immaginiamo che ora il suo diesse Madiot sia contento come quelle mamme che quando la figlia viene picchiata dal marito possono dire trionfanti di averle sempre raccomandato di non mettersi con quel tipo. In questo Giro, con tanti trasferimenti e tappe sempre combattute, anche in pianura, c’è stata una turnazione di crisi, alla quale è sfuggito il solo Dumoulin: Chaves, Aru, Froome della cui crisi gli avversari non hanno approfittato, il gemello Simone, Pozzovivo e oggi Teobaldo. E a meno di sorprese nella cosiddetta passerella di Roma, il pink carpet, il Giro lo vince Froome, che secondo Martinello parla l’italiano meglio anche di alcuni italiani e chissà che non pensava a Garzelli. Ma c’è ancora un trasferimento, il più lungo, i ciclisti prenderanno l’aereo, il Principe Duca Conte ospiterà i più combattivi della sua squadra sull’Air Force AndrOne, e poi sarà finita. I pro e i contro su Froome e sul modo di correre suo e della Sky rimangono, però con questo Giro si aggiungono due grossi “pro”, perché, oltre all’impresa di ieri, tutti hanno notato la disponibilità di Froome con i giornalisti, e allora l’atteggiamento diciamo riservato tenuto in passato forse non è colpa sua o della Sky ma del Tour de France. Però va detta un’altra cosa, almeno da quando è nella Sky  Froome corre due grandi giri ogni anno, a prescindere se gli vada bene o no, e poi tante piccole corse a tappe spesso vinte, cui aggiunge pure un po’ di medaglie olimpiche e mondiali. Insomma è uno cui piace correre, e dopo l’impresa di Bardonecchia ha detto che questo è ciclismo selvaggio e si dice che correre sullo sterrato gli ricorda l’Africa, quando correva libero e brutto tra rinoceronti suricati e farfalle non di Maastricht senza che nessuno criticasse il suo stile punk. Ma per contro il ciclista più serioso del mondo, quello che parla come un libro stampato, e stampato pure con un brutto font, anche se ha l’attenuante di aver fatto il classico, e pure io l’ho fatto e non sono ancora riuscito a liberarmi di tutte le prescrizioni grammaticali e linguistiche, quel ragazzo lì, cosa sognava da ragazzo quando correva il ciclocross sopra una bici che sembrava un cancello, sognava di correre anch’egli libero e brutto o di fare ritiri in altura?

Un’ultima cosa a proposito della Sky, del suo gregario pocket, vorrei dire che è vero che tutti parlano o credono di parlare l’inglese, tutti leggono all’inglese, pure i “Devid” di Donatello, però Kenny Elissonde è francese, e il francese è vero che non è facile da pronunciare correttamente, bisogna fare le smorfie, ma almeno le parole francesi si pronunciano tronche e quindi non pronunciatelo tipo “E’lison” con l’accento sulla “e”.

Imprese private

Fastcoso crea problemi e si va al negozio, dove c’è chi si lamenta, chi ha cambiato gestore e chi entrambe le cose. Vi consiglio di girare al largo da fastcoso. Si va da un altro gestore e lì invece c’è chi si lamenta, chi ha cambiato gestore e chi entrambe le cose. Sono imprese private e la cosa tragica è che in tanti credono o vogliono far credere che le privatizzazioni sono la panacea di tutti i mali del mondo, e anche per questo prima abbiamo avuto i governi economisti e oggi quelli populisti-misti. Prendete quello che s’è fatto il treno privato, bravo, ma nessuno che gli abbia detto: Bravo, ti sei fatto il treno privato, però ora viaggia sui binari privati. E’ facile fare il treno privato sui binari pubblici. Ma lasciamo stare e passiamo al Giro, che c’è da dar conto di due tappe in una volta. La prima arriva a Pratonevoso, e uno pensa nevoso sarà un arrivo in salitissima con selezionissima e distacchissimi. Invece no, perché incrociando tutte le variabili ciclistiche, dall’altimetria alla classifica alla collocazione nel Giro e altre ancora, si ottiene che la tappa in questione è la tappa adattissima alla fughissima, quella vera da lontano, è importante specificarlo, perché qualcuno ha chiesto: Ma scusate, e quella di Mohoric non era una fuga? E gli hanno risposto di no, era una fuga non fuga, in fondo Matej si è fatto solo 40 km da solo, boh, comunque non approfondiamo. Sta di fatto che c’è stata la fuga corposa e da lontano, c’era anche Fonzi che ha messo a rischio la sua maglia nera, e c’erano due Androni, seguiti dal Principe Duca Conte che per l’occasione ha guidato la sua nuova vecchia Isotta Fraschini blu che dal passaggio nella zona dei laghi ha preso il posto della Torpedo anch’essa blu. Quando la fuga arriva ai piedi della cosiddetta ascesa finale, che dire così crea sempre un’atmosfera quasi mistica, si sente la rarefazione dell’aria, iniziano gli scatti e il primo a tentare l’ascesi in ascesa è il Ragazzo Van Poppel, figlio unico di Jean Paul e fratello di Danny anch’esso figlio unico,  ma viene ripreso e ci sono altri scatti, e  insomma alla fine restano davanti Schachmann e Cattaneo, sui quali rientra il coriaceo Plaza che però non fa il Bruyneel della situazione, non li supera in tromba, e comunque c’è poco da fare, Schachmann è più forte e vince, Plaza arriva secondo invecchiando di un altro anno, e terzo si piazza sfinito Cattaneo, uno che due anni fa ha rischiato di finire la carriera anzitempo, perché ha avuto vari problemi, tra i quali il più serio è il fatto di essere passato prof con Saronni, nella cui squadra si sono persi tanti giovani. Dietro, intanto, va in avanscoperta Poels, facendo sospettare un successivo attacco di Froome. E infatti prima ci prova Dumoulin e Yates lo va a riprendere fischiettando ironicamente Love Will Tear As Apart, ma quando poi ci prova Froome e dietro gli vanno tutti i primi tranne Pinot, Yates non ce la fa e l’Anguillone di Maastricht questa volta gli sfugge e recupera una frittura di secondi. Ma il bello, si fa per dire, è che il trenino con Froome Tom e Pozzovivo ha rischiato di finire fuori strada quando la locomotiva Poels, che già non deve essere tanto capace a guidare la bici viste le tante cadute in carriera, dato che era fuori già da un bel po’ e ha visto dei bagni chimici, ha pensato di approfittarne, rischiando di portare fuori strada anche gli altri. Ma Pozzovivo che conosceva la salita sapeva che lì c’era un tornante ed è tornato sulla retta via. Certo che questi inglesi che si atteggiano tanto da scientifici che studiano anche i dettagli e poi non vanno in ricognizione sulle salite non so che li teniamo a fare in Europa. Ah, ne sono usciti? Sono andati in bagno? Va bene. E con la classifica riaperta si riparte verso lo Jafferau via Colle delle Finestre. Ai primi decimetri di salita si ritira Aru e inevitabilmente suscita polemiche sulla sua preparazione e sullo staff di tecnici ed espertoni pagato dagli emiratini con i soldi dei vostri pieni di benzina. Sembra che un suo preparatore atletico abbia messo in curriculum un master sulla preparazione in altura presso la prestigiosa Università di Machu Picchu ma dalla rinomata località andina fanno sapere di non aver mai visto il preparatore in questione e neanche l’Università. E poi il monaco tibetano ingaggiato per i ritiri in altura ha detto che lui è esperto sì di ritiri ma spirituali. C’è da capire cosa è successo.

Aru riflette su quello che può essere successo.

Inizia il Colle delle Finestre e Yates per non perdere tempo va subito in crisi. Yates ha fatto spettacolo, è stato disponibilissimo con tutti ma stonava un po’ quando con troppa sicumera diceva Sono venuto per vincere, il terreno è favorevole a me, so’ er mejo. Attacca Froome da lontanissimo, facciamo 80 km dall’arrivo e stacca tutti, era circondato dagli Sky, ma ha voluto tentare il ribaltone, l’impresa storica, non un’impresa della Sky ma un’impresa privata. Dietro, con la moto di Astarloa che cade e quella con De Luca che viene squalificata da un giurato che ha una borraccia non biodegradabile al posto del cuore e dovrebbe andare a bere birra seduto su un paracarro in un giorno appiccicoso di caucciù, va in crisi pure Pozzo che è più morto che vivo, la gente lo critica perché non attacca, ma ecco spiegato perché. Pinot invece il contrario, e insomma dietro all’inseguimento si forma un gruppetto con il Rinoceronte di Maastricht, due Groupama e due facce da schiaffi, cioè Carapaz e Lopez in lotta per la maglia bianca, che non tirano un metro e nel finale scattano per prendere l’abbuonino, e se non rischiano ora che sono giovani e possono permettersi un errore di gioventù, quando rischieranno, a 36 anni?

Ma Pozzovivo ha dimostrato che neanche a 36 anni. Froome ha corso come non ha mai fatto, forse anche perché non ne ha avuto mai bisogno, e subito il pubblico salta sul portapacchi del vincitore, forse perché gli italiani ci tengono a che i ciclisti rispettino il Sacro Giro e viene il dubbio che pure l’Innominato, se l’avesse corso per vincerlo nei suoi anni diciamo migliori, sarebbe meno inviso. Peccato solo che l’UCI non abbia ancora deciso sulla faccenda del salbutamolo, perché per il resto Froome ha zittito tutti i detrattori.

Dopo più di mezzora arriva Yates e già nessuno se lo ricorda più, chiedono: Chi Yates, il gemello di Adam quello che vinse a San Sebastian perché una moto buttò sotto Van Avermaet? Non sappiamo se quella moto la portava Astarloa, però constatiamo che ora i commentatori passano dalla parte di Froome, anche denigrando Nibali, che in fondo cosa ha fatto, ha ribaltato un Giro già perso, e siamo sicuri che cambieranno di nuovo fazione appena cambierà la maglia rosa.

Veloci!

Dalla partenza del Giro si ripete spesso la gag di Beppe Conti che mostra filmati con le volate di Petacchi e Pancani che gli chiede di portare qualche volta quelle di Martinello. Allora volevo prendermi la soddisfazione di proporla qui una vittoria in volata di Martinello, ma sul web sembra che non se ne trovino, vabbe’ che gli archivi della RAI sono un’altra cosa e Beppe Conti potrebbe accontentarli. Ma se Conti pensa di render un buon servizio a Petacchi non so se ottiene questo effetto, anzi, semmai il servizio lo rende ai velocisti di questo giro, sminuiti dai commentatori perché non ci sarebbero avversari. Certo, Petacchi non si discute, ha battuto Zabel e Cipollone e McEwen e tanti altri, ha vinto una Milano-Sanremo e tante classichette e tappe, però andando a vedere quelli che batteva nelle occasioni proposte da Beppe Conti, chi si ricorda più di Grillo o di Galvez buonanima? Per cui un po’ di rispetto per Viviani e compagnia volante. E oggi è una tappa per loro, ma cortesemente, fatela veloce questa tappa che bisogna dar spazio alle ultime salite. La tappa è un po’ pericolosa, con tratti di strada a serpentina e poi ci si mette pure la pioggia. Dumoulin corre attorniato dai gregari, e il Suricato di Maaastricht andrà pure a farsi intervistare dalla giornalista rosa AdS che ci tiene soprattutto a sapere il nome della fidanzata di Tom. Ma tornando alla sicurezza in corsa, c’è da dire che i ciclisti hanno corso in maniera pericolosa, qualcuno ha rischiato di urtare dei poveri tifosi che inneggiavano alle telecamere, qualcun altro stava per tamponare le moto al seguito, e si sa che questo è un ossimoro tutto ciclistico: le moto e le auto al seguito stanno davanti. Uno di quelli che hanno rischiato di tamponare una moto è stato il ciclista buja-centrico Alessandro De Marchi. Qualche giorno fa, intervistato, ha detto che viene da Buja, il posto che chiama casa è Buja, il posto più bello del mondo è Buja, la vittoria che sogna è il Giro di Buja, 7 x 8 fa Buja, e la sede dell’ONU è a Buja. Ma alla fine i girini sono stati di parola, volata doveva essere e volata è stata, ha vinto Elia Viviani e all’arrivo c’era la fidanzata Elena Cecchini, di ritorno dai Paesi Baschi. La giornalista rosa AdS continua a non farsi gli affaracci suoi e insiste per farli sposare, ma noi, che non siamo interessati alla cronaca rosa, ci preoccupiamo di un altro fatto: l’ultima vittoria di Elena risale al 2016, non è che Viviani le può imprestare Sabatini per tirarle un paio di volate?

Il Suricato di Maastricht sogna ancora la maglia rosa.

Questo post doveva essere pubblicato velocemente ieri, ma fastcoso ha dato problemi di connessione e viene quindi proposto con tempistica siskeviciusiana.