domenica

Ci sono tanti a cui non piace la domenica. Ci sono poi quelli per cui la domenica pomeriggio in particolare è proprio simbolo, sinonimo quasi, di noia. Io questa cosa non l’ho mai capita. Beh, forse se uno la domenica pomeriggio la trascorre a intravedere i programmi televisivi domenicali, o se è costretto a visite parenti, o la passa al centro commerciale, posso capire, poi ognuno fa quello che vuole, e non voglio giudicare, però se uno fa di queste cose forse sarebbe meglio che desse un’occhiata anche agli altri giorni, che non lo so. Per me la domenica per esempio ci sono le corse, e da quando anche la Sanremo e il Lombardia sono stati costretti a spostarsi dal sabato, sono pure aumentate. Però diceva qualcuno, o lo cantava, non ricordo, non è sempre domenica, e non tutte le domeniche è domenica, o meglio non sono tutte uguali, e non sempre ci sono le corse. E allora c’è più tempo per leggere, anche gli scrittori che non gli piace la domenica, che però non fa niente, andiamo avanti a leggere, ci mancherebbe. E ora che c’è il ciclocross, a meno di non mettersi a cercare chissà che tv su internet o abbonarsi a canali tematici, non sempre il cross è facile vederlo. Per la Coppa del Mondo c’è Uci-channel. Ma oggi era “solo” Trofeo BPost Bank, e ha vinto Van Aert. Bravo Van Aert che vince solo quando io non vedo la corsa, che era un under 23, poi un passaggio anticipato tra gli élite ed eccolo a inseguire disperatamente il giovane Van Der Poel al mondiale scorso. Poi Coppa del Mondo sul Cauberg e perde da Van Der Haar e a Koksijde dove perde da Nys. Ecco, Sven Nys, quando prima del digitale terrestre il ciclocross era quasi invisibile, il grosso della carriera di Nys l’ho letta o intravista, e ho potuto seguire un po’ di più le gare quando era già vecchio, e ora sono sei anni che è già vecchio. E mi dispiacerebbe che quella di Wout Van Aert, che vince tutte le altre corse, fosse un’altra carriera prodigiosa ma sentita dire.

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L’altra domenica: a Koksijde Van Aert insegue Nys.

Woody Alien?

Da quando non vado più a cinema ho abbandonato anche Woody Allen, regista che, se lo conoscevi per i film degli anni 70 e 80, già alla fine di quel periodo iniziavi a rimanere perplesso. Discontinuo come temi, generi e qualità, ci sono stati dei film fatti in seguito che mi sono piaciuti, soprattutto Tutti dicono I Love You e Match Point. E ieri ho avuto l’occasione finalmente di vedere Vicky Cristina Barcelona e mi sono chiesto se uscendo dalla sua Manhattan, che conosce bene, non finisca anche lui nei luoghi comuni come un americano qualunque; insomma  questa roba mi sembra exotica per intellettuali del terzo millennio. Ma che, a Barcellona c’è solo Gaudì? E gli abitanti del capoluogo di quella Catalogna che vuole l’indipendenza forse tra loro parlano spagnolo, cioè castigliano? Poi i personaggi protagonisti mi sembrano poco credibili, forse si salva quello di Cristina, una persona che vuole “esprimersi” ma non sa ancora come, perché ne ho conosciute di persone così. E allora mi chiedevo cosa è successo a Woody Allen, se un alieno, un coso venuto dallo spazio si sia impadronito del suo corpo, abbia assunto le sue sembianze, o se nel suo cinema oggi non si siano accentuati i suoi lati negativi, la verbosità e l’intellettualismo intricato su tutti. Poi comunque a un certo punto di questo film un personaggio dei meno intellettuali dice una battuta degna del miglior Allen, l’unica che ho rintracciato in tutto il film, quando gli regalano un quadro astratto per il matrimonio e lui dice che finalmente hanno una macchia di Rorschach da esporre, alludendo al famoso test di presunta psicologia. Infine ricordo che qualcuno in passato aveva avuto da ridire sul fatto che il grande regista avesse più volte scelto come attrice Scarlett Johannson, cosa che capita con le donne troppo belle, che si fatichi ad accettare che possano pure recitare; e perché Allen l’abbia scelta un’idea io ce l’avrei, ma mi è sempre piaciuta anche come attrice, vedere per credere Ghost World interpretato quando aveva 17 anni. Ma in un paio di scene la vediamo in bicicletta, un po’ traballante, e allora almeno in questo è meglio l’altra Johansson, Emma, che in Spagna, però nei Paesi Baschi, ha vinto sia l’Emakumeen Bira, una delle più importanti corse a tappe, sia la Durango Durango, la corsa in linea che la precede. Allora se Scarlett va in bici, chissà che la timida ciclista non decida, quando abbandonerà le corse, e ormai ci siamo, di recitare.

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si stava meglio adesso

A volte mi chiedo se per quello che scrivo, non solo a proposito di ciclismo, non sembro un passatista, un nostalgico, non so. Poi ho pensato una cosa, che domenica ho visto una scena che ormai è rara nel ciclocross: sulla sabbia di Koksijde  dei concorrenti con la bici in spalla, anche se per brevi tratti, che invece una volta era la norma, finché a un certo punto l’UCI disse no, non va bene, se è una gara ciclistica si deve correre principalmente in bicicletta. Poi è arrivato anche qualcuno, De Bie, Nys, ma pure Fontana, capace di superare in bici gli ostacoli artificiali che altri saltavano a piedi. Ecco, a me piace di più il ciclocross pedalato, insomma quello di adesso.

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Souvenir de De Bie. Quale sarà stato il vero evento epocale del 1989: la caduta del Muro di Berlino o il Mondiale di ciclocross per il modo in cui ha vinto Danny De Bie?

Un tranquillo weekend senza paura

E’ capitato che in Belgio, mentre a Bruxelles c’era quella specie di coprifuoco, in altre città c’erano importanti appuntamenti ciclistici. Al velodromo di Gent, la città fiamminga dove da padre australiano nacque il very british Bradley Wiggins, si concludeva una delle più importanti 6 giorni, o una tra le poche rimaste, ed ha vinto il più esperto del circuito, Iljo Keisse, che ha gareggiato qui tante volte, ma quest’anno, per la prima volta, poteva vantarsi anche di un’importante vittoria su strada, l’ultima tappa del Giro, e così non sentirsi inferiore neanche in questo al compagno danese Michael Morkov, che invece ha vinto alla Vuelta 2013 la tappa della famosa fuga di Tony Martin, che per quanto lunghissima fu inferiore di una cinquantina di metri al necessario. E poi il ciclocross. Se qualche tifoso di Sven Nys aveva paura che nella sua ultima stagione non riuscisse a vincere neanche una gara, ecco che sabato il 39enne ha vinto una prova del Soudal Classic, il terzo circuito belga dopo il Superprestige e il BPost Bank Trophée. Lì non c’erano i giovani rampanti, che puntavano tutto sulla gara del giorno dopo, poi ci arriviamo, ma gli avversari validi non mancavano, insomma quelli che fino a pochi anni fa sembrava dovessero contendersi la leadership della specialità, e invece poi sono arrivati questi ragazzi, mentre Nys non ha mollato, e a loro alla fine sono rimaste le briciole. Poi ieri domenica c’è stata la gara di Coppa del Mondo a Koksijde, e sembrava che ci fosse meno pubblico del solito, forse più a causa del clima diciamo cautelare che di quello meteorologico, ma comunque se si disputa un cross in Italia con quel freddo e quella pioggia ci sono a stento i parenti. Dunque sono partiti a tutta i giovanissimi scatenatissimi, il dominatore della stagione Wout Van Aert, il campione europeo Lars Van Der Haar e il campione mondiale Mathieu Van der Poel, che rientrava dopo un infortunio, e si sono dati battaglia da subito, alternandosi in testa e tentando di staccarsi a vicenda. E Sven Nys indietro di molte posizioni, sembrava tranquillo, potevi pensare che era già sazio per la vittoria del giorno prima, ma quando mai si sazia De Kannibaal Van Baal? Chissà come si dice “tomo tomo cacchio cacchio” in fiammingo, in neerlandese, insomma in quella lingua che parlano là, perché servirebbe per descrivere la prima metà corsa di Nys, che pedala sulla sabbia meglio degli altri, entra nei dieci e dopo un po’ è già quinto, poi terzo, infine rimane solo con Wout Van Aert, e qui inizia un duello che renderà questa una delle più belle e combattute e appassionanti gare dell’anno di tutte le specialità di tutto il ciclismo di tutto il globo. Attacchi alternati e alla fine, scegliendo bene la traiettoria prima dell’ultima curva, Nys vince, neanche allo sprint, la sua 50esima gara di Coppa, e Van Aert sembra non prendersela più di tanto, e in fondo da ragazzino, cioè pochissimi anni fa, sarà stato anche lui uno dei tanti fans di Nys, e non poteva che restare ammirato. E così se qualcuno aveva paura di continuare ad assistere ad assoli del giovane Wout, ora può stare tranquillo e attendersi altre gare combattute col vecchio belga e il giovane Van der Poel. Ma tornando ai numerosi supporter che ieri hanno potuto esultare e festeggiare, che cosa sarà di loro, quando a fine stagione crossistica Sven Nys si ritirerà, senza neanche pensare alle Olimpiadi (perché ha vinto anche 5 titoli nazionali in mtb e, volendo, su strada una corsa continental con un ottavo posto in classifica al Giro del Belgio)? Dovranno scegliere se convertirsi al tifo per Van Aert, che è così giovane ma da già tante soddisfazioni, o diventare nostalgici che però quando c’era Nys era un’altra cosa.

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LA ZERIBA SUONATA – fiori, non cannoni

Ho ascoltato tante volte Wonderwall, che è una bella canzone anche se l’hanno scritta gli Oasis, ma per la prima volta ieri mi sono accorto che era meglio se la cantava un altro, non quello lì, non il fratello insomma, che la canzone parte zitta zitta piano piano, con la chitarra acustica gli archi e tutto, e poi, all’improvviso, quello lì inizia a cantare con la sua vocina stridula. Ma che urli, scemo? Che se avessero avuto un po’ di orrore di sé stessi, un po’ di ironia, come invece MIKE FLOWERS POPS, meteora del primo revival del lounge, di cui un po’ si sente la mancanza…

a suo modo una terra promessa

“In Belgio ed in Olanda sono veramente pazzi per il ciclismo, da marzo ad ottobre fanno una o due gare ogni settimana e c’è sempre pieno di gente: lo stesso quando c’è il ciclocross o una gara su pista. In Italia mi è capitata qualche corsa, anche quelle di grande tradizione, dove all’arrivo ci sarà stata una decina di persone e basta” (Marco Zanotti)

Per esempio questa è la 6 Giorni di Gent, nel velodromo della testata illustrata