Visibìlia – Giungla d’asfalto

Prima era jungle poi divenne drum’n’bass, e altro che giungla, era una musica molto urbana. Già vi proposi il video metropolitano di Brown Paper Bag di Roni Size/Reprazent, ma un paio di anni prima una pietra miliare del genere intitolata non a caso Inner City Life, singolo anticipatore dell’album Timeless, era accompagnata da un video molto suggestivo con una città ripresa ora dal basso ora dall’alto (in quel caso un carrello cadeva da un palazzo) e con una luce solare resa più intensa dai colori virati in seppia e indaco. Il brano è di Clifford Joseph Price, in arte Goldie, dj che è stato compagno Bjork che gli fece conoscere la musica di Henryk Gorecky, e una volta, con una battutina, o gaffe, lasciò intendere che Banksy sia il collega Robert Del Naja. Canta Diane Charlemagne, una delle formidabili cantanti che in quegli anni hanno avuto più gloria nei brani altrui. Dirige (il video) Mike Lipscombe che ha lavorato anche per Des’ree, Tori Amos, Tricky e Jamiroquai.

Goldie – Inner City Life

Sventurato lo sport che ha bisogno di eroi

Il giro arriva a Rivoli, col solito grappolo di ritirati e con una tappa intermedia, di quelle che a metà giro va via la fuga e arriva così sicuro che ci si può pure scommettere. Sì, però ci si mettono in trenta come se qualcuno avesse detto Avanti c’è posto e infatti alla fine il vincitore Nico Denz, tedesco il cui cognome tradisce le origini lucane, non le tradisce? vabbe’, allora le tradisce il nome che sarebbe diminutivo di Domenico, dicevo che Nicodenz dice che alcuni non volevano tirare ma volevano fare i passeggeri, ma trenta fuggitivi è difficile farli andare d’accordo. Però la successiva fuga dalla fuga non è partita con scatti e controscatti ma con un’inconsapevole fagianata, a una rotonda in sei si erano trovati davanti di qualche metro senza accorgersene, poi quando se ne sono accorti hanno tirato dritto, e alla fine sono rimasti in tre e se la sono giocata loro la tappa, e per fortuna dei cronisti ha vinto questo tedesco col cognome facile, perché l’alternativa sarebbe stata il lettone Toms Skujins (al netto di segni grafici inattesi e misteriosi) che in carriera ha avuto tre fasi, quella in cui lo chiamavano Skùgins, poi la fase Squìnc e ora la fase Skùins. Nella fuga c’erano pure Bettiol e Formolo, ma come spesso gli accade stanno sempre a tirare o scattare per fare un’ulteriore selezione, poi litigano, poi attaccano di nuovo, ma quando parte la fuga giusta stanno sempre altrove. Altrove ma da quelle parti c’è il primo museo italiano di arte contemporanea, che non poteva sfuggire al servizio per il doposcuola, e hanno mostrato la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto, e pensavo che quando, in linea con le politiche dell’attuale governo ma anche di quelli passati, ai poveri vorranno togliere pure l’arte povera per darla ai ricchi, che comunque ce l’hanno già, quell’installazione sarà ribattezzata Venere degli abiti vintage. E a proposito di Pistoletto, sul percorso sono comparsi tre pistola, tre attivisti climatizzati che non potendo buttare sostanze biologiche a km zero nelle fontane pregiate si sdraiano sul percorso di una corsa ciclistica. Già si è visto che personalizzare certe proteste, come nel caso di Greta, rende più agevole la propaganda a favore della tesi opposta, basta attaccare il personaggio cercando errori o ipotizzando manovratori, ma con questi individui mi verrebbe da fare il complottista e pensare che siano manovrati da chi vuole mettere in cattiva luce la causa ambientalista, perché mi sembrano molto stupide oltre che controproducenti queste azioni. Comunque gli darei lo stesso un consiglio: inutile fare azioni di protesta durante una corsa ciclistica che non la vede nessuno, sdraiatevi piuttosto su un circuito automobilistico durante un GP di Formula 1, e se le auto non riusciranno a frenare pazienza, anzi meglio, diventerete dei martiri dell’ecologismo e vi faranno pure un monumento, ovviamente biodegradabile.

E poi, sempre per gli attivisti sdraiati, si informino bene sui percorsi, che rischiano di rimanere in mezzo alla strada come dei pirla (dite che già lo sono?) in attesa di una corsa che non passerà mai, e se tutto andrà bene gli passerà addosso solo qualche motorhome. E’ quello che è successo nella successiva tappa di Crans Montana. I ciclisti dicono che la discesa dalla Croix de Coeur è pericolosa e appellandosi al weather protocol chiedono di evitarla prendendo la scorciatoia dopo il Gran San Bernardo. Vegni fa una controproposta: sopprimiamo il Gran San Bernardo e facciamo solo la Croix de Coeur e i ciclisti accettano convinti di aver fatto un affare. Apriti cielo (non nel senso meteorologico): non potendo disporre di una tappa epica i giornalisti la buttano sul melodrammatico e si strappano i capelli, soprattutto Fabretti che ne approfitta per ribadire che il prodotto che lui propone è una schifezza e all’arrivo dice che ha perso il ciclismo, però non dice contro chi giocava. E’ tutto un pianto e un’indignazione generale, dicono che al Tour non sarebbe successo, è vero, se ricordassero la tappa in cui Bernal praticamente vinse la corsa ebbene quella non fu segata prima ma durante, quando si resero conto che andavano a finire in una strada allagata. C’è sempre quel complesso di inferiorità, quella rivalità coi cugini transalpini, eppure l’Italia merita rispetto, se non altro per la faccenda dei bidet, che all’estero non ce l’hanno e noi siamo più civili e puliti, e il bidet dovrebbero metterlo pure sulla bandiera lì dove prima c’era lo stemma sabaudo, è uguale, anche se all’estero potrebbero cambiare discorso e parlare del water turistico-alberghiero che ha trovato Gerainthomas, ma noi in Italia non ci facciamo caso, niente che non si veda in bagni pubblici, stazioni, uffici e locali. E dicono che il ciclismo è uno sport da veri uomini, eppure immagino che la maggioranza di quelli che dicono queste cose nella vita vadano al lavoro, se lavorano, rigorosamente con l’auto privata e non prendano in considerazione nessun luogo che non sia dotato di ampio parcheggio e che vadano a prendere i figli a scuola entrando in aula con l’auto. E dicono che il ciclismo è così, con freddo pioggia neve terremoti e ossa rotte, ma sventurato lo sport che ha bisogno di eroi, pensate il calcio dove i tifosi sono i primi a dire che con il campo acquitrinoso bisogna sospendere la partita, soprattutto se stanno vincendo gli avversari, o il tennis dove nessuno si scandalizza se si smette di giocare con poche gocce di pioggia, che non sia mai si creano delle pozzanghere rischia di sporcarsi il completino.

Pare che Vegni abbia patteggiato una tappa breve purché si dessero battaglia, e invece manco quello, anzi il risultato è stata la dimostrazione che non è detto che le tappe brevi assicurano lo spettacolo. Gli uomini di classifica arrivano in gruppo, o gregge a seconda dei gusti, e un po’ di spettacolo lo fanno i fuggitivi, se non altro per i litigi tra Pinot e Cepeda. Pinot scatta e poi si lamenta che Cepeda non collabora, Cepeda fa finta di niente, mille attacchi mille battibecchi, Pinot dice, chissà in quale lingua, se non vinco io non vinci neanche tu, Cepeda continua a fare finta di niente e continua a succhiare le ruote a Pinot, ma a sua volta Einer Rubio succhia le ruote del succhiaruote, e quando i due litiganti attaccano lui perde terreno arranca e poi recupera, e nel km finale scatta Cepeda e mentre Pinot sta per rispondere Einer Rubio li passa in tromba e vince. Il colombiano ha fatto l’apprendistato a Benevento e da under 23 era una promessa, vinse pure il G.P. di Capodarco che si corre il 16 agosto. E la corsa agostana mi fa venire in mente l’estate ciclistica italiana, tutti stanno a lamentarsi quando si applica il weather protocol ma nessuno ne contesta l’applicazione preventiva organizzativa, cioè nessuno eccepisce niente sul fatto che in Italia non ci sono corse per professionisti a febbraio, che spesso è più mite di maggio, e a luglio e agosto manco a parlarne, corrono solo i dilettanti.

In conclusione, se molti sono delusi dal taglio della tappa, pure io sono deluso, perché giornalisti commentatori e tifosi l’hanno fatta così grave che mi aspettavo che qualcuno si suicidasse, buttandosi dalla Cima Coppi o sdraiandosi sui binari quando passa il treno rosa, invece niente, che vili.

C’è chi non può

Oggi tutti a fare festa, ognuno secondo i suoi gusti. Io seguirò il G.P. di Francoforte che quest’anno dovrebbe essere più impegnativo e non finire con il solito volatone. I novelli oblomov si alzeranno dal divano per andare al bar e con i proventi derivanti dalla loro illecità attività, la percezione del reddito cittadino, offrire a tutti gli astanti un bicchiere di acqua del rubinetto, ma l’acqua municipale non è mai potabile, contiene troppo cloro calcare arsenico e a volte anche vecchi merletti, e quindi non se ne fa niente. E poi ci sono i trasgressori che assisteranno all’istituzionale concertone trasgressivo e quindi ossimorico, con i partecipanti scelti solo tra gli iscritti all’albo dei musicisti alternativi, e alcuni sono così alternativi da vestirsi senza prima consultare un armocromista. A condurre ci sarà ancora una volta colei che da ragazzina era demonizzata dalla stessa parte politica che organizza la manifestazione perché aveva l’auricolare per (e)seguire gli ordini del suo direttore sportivo, pardòn, del suo regista, mentre l’attore simpatico e prezzemolone sarà altrove a incitare le folle a mangiare solo formaggio sovranista perché le mucche che fanno il latte mangiano questo che cresce nel nostro territorio e non quell’altro che cresce di là. Eppure in questo giorno di festa e baldoria bisognerebbe ricordarsi di quelli che non possono festeggiare perché costretti a lavorare, cioè i nostri politici, così almeno ci ha rinfacciato l’ex Ministro del Digitale Terrestre. Ad esempio il Ministro del Lavoro En Plein Air dovrà badare alla semina di bietole cetrioli e meloni, mentre il Ministro delle Pizzerie nelle Città d’Arte faticherà col sudore della fronte, come testimoniano le immagini dei suoi discorsi in cui è ben visibile lo sforzo necessario a partorire frasi illuminanti.

Visibìlia – Come Bosch

Dopo qualche anno di pausa il gruppo anglomisto Ladytron è tornato a pubblicare un disco che non ho ancora ascoltato, ma non mi aspetto molto perché il loro genere synth-dark è ormai usurato. Nel 2005 erano nel loro periodo migliore e pubblicarono l’album Witching Hour da cui fu tratto un singolo accompagnato da una clip particolare diretta dal videoartista Adam Bartley. Infatti nella realizzazione del video il regista si ispirò a Bosch e i quattro musicisti sono sia intrepidi viandanti tra montagne innevate e insidie varie che parte del paesaggio stesso.

Destroy Everything You Touch

artificiale Intelligenza

Nel mondo in continua evoluzione dell’intelligenza artificiale rientrano dei programmi per creare immagini come Midjourney. Per quel poco che ne so c’è poco da fare, nel senso che basta fare una richiesta con un testo e il programma crea un’immagine attingendo all’immenso archivio di internet. Si può chiedere di immaginare “un suv nero parcheggiato in seconda fila vicino a una pizzeria nella Città ideale di Piero della Francesca” oppure “una ragazza come l’avrebbe disegnata Picasso mentre passava dal periodo blu a quello rosa e contemporaneamente correva dietro alla modella con i pantaloni abbassati”. Il programma può essere utile o divertente, ma per chi vuole fare il disegnatore non credo dia soddisfazione creare così. Comunque l’Uomo, avendo un’alta considerazione di sé stesso, non gradisce che si dica in giro che ci sono robot o software o programmi più intelligenti di lui, e allora ne parla sempre male ed è convinto di essere più intelligente, anche se a vedere la gran parte dei personaggi che vivono in tivvù o sui social si direbbe proprio l’esatto contrario. Però nessuno vieta di lanciare una sfida a questi programmi, ma non la solita partita a scacchi. Ecco, si potrebbe sfidare Midjourney a fare il percorso inverso: guarda questa immagine e dimmi cosa ti sembra. Ad esempio, prendiamo la copertina di Pocket Revolution, album del 2005 della band belga dEUS, ricordato di recente dal blog myspiace, un disco che io manco conoscevo perché ho solo The Ideal Crash.

L’immagine è di Don Lawrence, fumettista inglese che disegnò Storm, il tipico fumetto adatto a Lanciostory. L’illustrazione non si capisce bene cosa rappresenti, un edificio gigantesco, una città, un centro direzionale, un rione popolare, un centro commerciale, che ne so. Ma appunto per quello la mostriamo al programma intelligente e gli chiediamo questa cos’è e vediamo cosa ci risponde. Io per contro direi che è “uno di quegli edifici, spesso fabbriche abbandonate, che si possono vedere in Belgio lungo il percorso delle corse ciclistiche, come l’avrebbe dipinto Hieronymus Bosch se fosse vissuto ai tempi di Métal Hurlant”.