Gli è andata bene

Già gli era andata bene una volta ma nessuno lo sa. La tappa di Napoli passava per Pozzuoli dove da un annetto, cioè da prima che venisse compilato in bella copia il percorso del Giro, c’erano scosse di bradisismo. La situazione è andata peggiorando e nei giorni precedenti il passaggio della corsa la gente si lamentava e si chiedeva cosa sarebbe successo se ci fosse stata un’emergenza quando le strade erano bloccate per la corsa. Poi quel giorno, e solo quello, non è successo niente, ma se i ciclisti se la fossero presa comoda pedalando con una settimana di ritardo sulla tabella di marcia sarebbe stato un disastro. Come un disastro, fatte le debite proporzioni, era la tappa dello Stelvio che serviva a dire che quest’anno si era fatto lo Stelvio. Era stato messo all’inizio della tappa con a seguire centinaia di km di discesa e fondovalle: se Pogacar fosse impazzito e avesse attaccato e scollinato con 10 minuti di vantaggio pure l’avrebbero ripreso. Ma si sa che lo Stelvio di questi tempi è innevato e allora è scattato il piano B che prevedeva l’Umbrailpass, una sottomarca dello Stelvio, che diventava comunque Cima Coppi, anzi Sottocima Coppi, però, con quasi zero gradi e la pioggia, la successiva discesa era pericolosa, e allora si è passati al piano C che prevedeva saluti e stretta di mano con il sindaco di Livigno, che aveva sganciato la grana per la partenza di tappa col ritorno pubblicitario annesso, e passerella dei ciclisti fino a un po’ più in là a beneficio del pubblico pagante, nel senso che l’imprudenza di scendere in strada con quel tempaccio l’avrebbero pagata con una broncopolmonite. Insomma si è optato per il piano D, o forse E: i ciclisti, che sarebbero stati comunque irriconoscibili per le mantelline tutte nere, hanno rifiutato la passerella e la tappa è stata accorciata e subito sono partite le fughe. Ho già scritto qualche altra volta che in Italia la Stasi avrebbe trovato più spie che nella DDR, ma qui anche i combattimenti con i leoni troverebbero ancora pubblico. Dai giornalisti ai commentatori in molti si sono lamentati, ma almeno più con gli organizzatori che avrebbero dovuto prevedere il facilmente prevedibile e preparare un vero piano B, ma non sono mancati i nostalgici del ciclismo eroico, i RAIs che tirano sempre in ballo la vittoria di Nibali nel 2013 sotto la neve, non l’avesse mai vinta quella tappa, e i populisti a singhiozzo secondo i quali i ciclisti offendono quelli che sono costretti a lavorare in condizioni peggiori, e cosa dovrebbero dire i palombari sull’Himalaya, dimenticandosi però di tutti i lavoratori del giro non pedalanti che sarebbero stati sballottati a destra e a manca rischiando pure qualche incidente. E con lo Stelvio non so, ma senza è venuta una tappa scoppiettante, va la fuga, dietro Pogacar lascia vivere ma la Movistar insegue per ottenere alla fine un 11esimo posto con Rubio. Davanti resta solo il giovanissimo Pellizzari e dietro Pogacar già che c’è stacca gli avversari, ma quando a 2 km dal traguardo inizia a vedere il ragazzo in testa si guarda attorno, quasi non sa che fare, il surplace no, ma si pulisce il naso, poi quando spunta Martinez accelera e vince contando con le dita le vittorie di tappa. Così facendo Taddeo si può permettere quello che agli altri viene rimproverato: lui può togliere la soddisfazione della prima vittoria a un giovane mentre Roglic non può, lui può criticare l’organizzazione del Giro mentre O’ Connor no. L’australiano ha semplicemente detto che il Giro è semplicemente la corsa peggio organizzata del mondo (potrebbe essere lo slogan per la prossima edizione: “La Corsa Peggio Organizzata del Mondo nel Paese Più Imbruttito del Mondo”), ma un altro suo difetto è che corre per una squadra francese, e le squadre francesi vengono accusate di venire a togliere il lavoro, cioè i posti, alle squadre italiane, ma i numeri sono de leur côté, specialmente la squadra di O’ Connor, la garzelliana Ageduèr, che ogni anno vince almeno una tappa, e stavolta ha portato quasi tutti i suoi migliori elementi: manca Cosnefroy, ma il ciclista più casalingo d’Europa non ha documenti validi per l’espatrio. Per mia fortuna delle incombenze domestiche mi hanno impedito di seguire il Processo. La tappa successiva è la più soporifera del Giro, è rimasto vacante il titolo di Cima Coppi che viene assegnato alla salitella di Viale De Amicis sul Passo Sella e cotanto premio per scalatori viene aggiudicato al fotofinish manco fosse un traguardo volante per velocisti: Pellizzari, che il giorno prima aveva almeno salvato il secondo posto, batte Quintana per la gioia dei pensatori facili, poi va una fuga, ripresa, va la seconda, in entrambe c’è un altro giovane, il tedesco Georg Steinhauser, di cui l’Almanacco del giorno dopo ricorda il padre Tobias e purtroppo anche lo zio Jan Ullrich, ma si tratta solo di uno zio acquisito, parente alla lontana, sciò! Georg è l’unico che resiste in testa e vince, dietro stavolta è la DSM a fare fuoco e fiamme inutilmente, Pogacar inizia la passerella più tardi e arriva pacificamente secondo. Al Processo quasi litigano, tra l’altro non capiscono perché un giorno la Movistar e l’altro la DSM hannno lavorato per nulla, poi arriva Giada Borgato e con due parole glielo spiega: ci vuole pazienza con questi uomini!

Cima Coppi