La declinazione di rosa

Il Belgio spiegato ai girini

Va bene la bicicletta performante e il casco aerodinamico e la divisa pure e l’alimentazione calibrata, però anche il ciclista ci deve mettere il suo, ad esempio deve fare la vita da ciclista. Una volta, tra le prescrizioni per una vita agra da ciclista, c’era quella di stare lontani dalle donne come fossero il diavolo, poi quanti rispettavano il comandamento non saprei. Non so se oggi il divieto rimane in vigore come un regio decreto dimenticato, ma i tempi sono cambiati e non solo i ciclisti ma pure le cicliste vanno con le donne, e senza che le seconde sembrino scaricatori di porto, smentendo certi luoghi comuni sul loro aspetto di cui si faceva portatore ancora De Zan. A dimostrare che i tempi sono cambiati, la DSM, come se fosse Maria De Filippi, per il compleanno di Chris Hamilton gli ha fatto trovare la fidanzata in sala pranzo. Poi quando un ciclista non ottiene i risultati sperati si può sempre ritornare al passato, come ha fatto il boss Lefevere dicendo che Marion Rousse faceva bere troppo champagne al suo (di entrambi) Alaphilippe. Peccato, perché al Giro c’era la tappa dei muri marchigiani che ricorderebbero quelli delle Ardenne, l’hanno definita una piccola Liegi, e se ci fosse stato il giovane Alaphilippe che ha vinto tre volte la Freccia Vallone avrebbe potuto attaccare su uno degli ultimi muri. Invece Alaphilippe è ormai vecchio e invece di attendere gli ultimi muri è andato in fuga a 140 km dal traguardo (125 secondo la Questura), l’ultimo a staccarsi da lui è stato Mirco Maestri primatista italiano di km in fuga, e ha finalmente vinto, ha fatto la pace con il boss, forse, e ora se qualche squadra francese vorrà ingaggiarlo non potrà prenderlo a prezzo di liquidazione. Prima accennavo a Maria De Filippi, non so se Maurizio Costanzo nei suoi tanti show ha mai avuto un ciclista come ospite. Se l’avesse avuto e gli avesse chiesto cosa c’è dietro l’angolo quello avrebbe sicuramente risposto che c’è il vento. Dopo le Ardenne marchigiane ci sono le Fiandre emiliano-romagnole, rettilinei in mezzo alla pianura, basta girare e si trova il vento come se si andasse verso Wevelgem, e ovviamente partono i ventagli e la Lidl-Trek del favorito Milan ma anche dei fiamminghi Stuyven e Theuns rimane indietro. Fatica davanti per staccarli, fatica dietro per recuperare, poi si ricongiungono e Jonathan Milan vince lo stesso.

Se c’è la possibilità di fare i ventagli i ciclisti non fanno troppe cerimonie.

50 sfumature di rosa

Dopo la tappa piatta c’è la cronometro altrettanto piatta e stavolta più favorevole a Filippone Ganna che vince, mentre Pogacar non rischia inutilmente ma è comunque secondo. Quando Rizzato prova a intervistare Ganna, questi si commuove perché aveva una crisi di astinenza da vittoria, e Fabretti al Processo dice che noi pensiamo ai ciclisti come robot attenti ai millesimi e ai millimetri, ma parla per te, prenditi la responsabilità di quello che pensi. In RAI stanno sempre a parlare di rapporti e moltipliche e corone, ci vuole il solito Het Nieuwsblad per sapere del compleanno con sorpresa di Hamilton, anche se a dargli manforte è arrivato Cicloweb con un divertente articolo sul rapporto tra Lorena Wiebes e la schlager music che spiega le strane recenti esultanze della ragazza quando vince le volate per distacco e non c’è Marianna nei dintorni. Poi la seconda settimana girina termina con la tappa regina che, in verità, per buona parte sembra al massimo una tappa baronessa, con il Mortirolo messo lontano dal traguardo giusto per dire che quest’anno si fa il Mortirolo, ma, per dire, allo scollinamento nel gruppo di Pogacar c’è ancora quel bestione di Ganna. Però nel finale c’è il Mottolino che se l’avessero guardato al contrario, cioè come discesa, avrebbero detto eccola qui la pista del bob olimpico. Lassù si scatena Pogacar e purtroppo pure i tifosi che eseguono tutto il loro repertorio. Tadej va a riprendere tutti i fuggitivi mattinieri, per ultimo Quintana che lo faceva arrabbiare quando da ragazzino seguiva il Tour in tivvù perché attaccava Froome sempre troppo tardi. Così scopriamo che l’indio era uno degli idoli dello sloveno, mentre per gli uomini RAI, cui piace pensare facile, svolge il ruolo di villain, come pure Roglic: ne cercano tutti i difetti e quando non li trovano li inventato, e incolpano Nairo anche delle deficienze organizzative del Giro ricordando ancora la tappa del 2014, quando in una discesa pericolosa la corsa fu neutralizzata ma anche no e Quintana era per il no, e infatti di fronte alle polemiche il capo del Giro disse più o meno che la neutralizzazione era facoltativa. Tornando a Pogacar, ora dovrà continuare a vestire di rosa, colore con cui ha qualche problema: ieri la sua bici sembrava fucsia, nei primi giorni aveva un pantaloncino ciclamino, abusivo dato che c’è anche una maglia dello stesso colore e quindi sgradito all’UCI, però era stato fornito dalla stessa organizzazione, ma se chiedevano alla RAI dell’errore avrebbero incolpato Quintana.

Al Giro hanno la scusa del colore della gazzetta, ma non si capisce perché la maglia rosa ci sia pure alla 4 giorni di Dunkerque, che infatti è una corsa all’insegna del non sense perché dura 6 giorni ed è stata dominata da un momentaneamente ritrovato Sam Bennett.