Il primo libro

Il primo libro comprato dopo quasi due mesi, e in maniera quasi normale, cioè in libreria ma con due paia di guanti, uno loro su uno mio, il primo libro comprato “dopo” non è un libro normale, e non è proprio quello che auspicavo però è un libro fondamentale e di cui si sentiva il bisogno, insomma non è la storia mondiale del ciclismo femminile ma “soltanto” quella italiana, e non è un’impresa da poco data la scarsità di fonti rispetto al ciclismo maschile. Eppure nel volumone di quasi 500 pagine c’è una lunga bibliografia, ma si tratta sempre di andare a cercare nei ritagli, nelle poche righe in fondo o in cronache locali, in pubblicazioni occasionali o laterali, tanto che l’autrice critica il poco spazio che anche l’Almanacco di Cassani dedica alle donne, e poi dov’è il caso supplisce il racconto diretto delle protagoniste dato che molte sono ancora vive, tra le defunte le pioniere Augusta Fornasari e Paola Scotti e le già moderne Michela Fanini e Valeria Cappellotto. Dopo un libro scritto male e più orientato sul costume come Pedalare controvento di Cionfoli e poi La bici rosa di Marando, introvabile raccolta di interviste, forse solo Ediciclo poteva pubblicare una storia seria: Donne in bicicletta della giornalista trevigiana Antonella Stelitano, che parte anche lei da note di costume, dedica un capitolo a Alfonsina Strada importante forse da un punto di vista sociale ma il suo non era ciclismo femminile, e si arriva poi alle vere pioniere del dopoguerra, vedendo poi in Maria Canins un punto di svolta. Si parla per fortuna solo di sfuggita di donne abusive nel Giro maschile come Annamaria Ortese e Giulia Occhini, si parla anche delle perplessità e resistenze nel ciclismo maschile, ma oggi le cose sono cambiate ed è proprio dall’ambiente ciclistico che vengono molte praticanti, sorelle, figlie, fino all’inversione di ruoli, si potrebbe dire, come il caso di Kevin Colleoni figlio d’arte di Imelda Chiappa (ma questo lo aggiungo io, nel libro non c’è). Il libro si concentra sull’Italia ma inevitabili sono gli accenni a quanto succede nel mondo, dalle prime Olimpiadi alle varie campionesse come Burton madre e figlia, Longo, Pucinskaite, Vos e via pedalando. Interessanti e curiose perché non scontate sono le immagini che includono anche una vignetta su Maria Canins, e originale è la scelta per l’immagine di copertina che non raffigura Strada o Bronzini ma Giuditta Longari campionessa italiana su strada e su pista. Il libro si chiude con numeri tabelle e albi d’oro, e se si deve lavorare per le pari opportunità bisogna dire che il libro lo fa in tutti i sensi perché si estende a tutte le specialità, anche alla mountain bike downhill compresa. Chiudo con due citazioni: Antonella Bellutti batte Marx per distacco dicendo che “L’unica catena che ci rende liberi è quella della bicicletta” e Fabiana Luperini per incoraggiare l’autrice le chiede chi glielo abbia fatto fare.

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