Lavori in corsa

Brutta gente

La trascorsa settimana è stata quella in cui nel mezzomondo boreale e anche altrove si sono disputati molti campionati nazionali: settimana tradizionale ma sempre più stretta nel calendario sempre più affollato, tanto che Demi Vollering martedì ha chiesto se si potevano velocizzare le premiazioni del Giro di Svizzera perché doveva correre a prendere il traghetto per i Paesi Bassi. E qualche federazione si è lamentata della scarsa partecipazione di big, che poi non partecipino quelli scarsi non frega a nessuno. In Italia c’è stata anche una polemica sulla differenza di premi tra gare maschili e femminili, e i commenti sul sito che l’ha lanciata dimostrano che brutta gente segue il ciclismo, non so se sono rappresentativi dei tifosi o se a commentare è solo la gentaglia, ma almeno qualcuno ha replicato che il livello del ciclismo italiano è pari a quello dei tifosi. Molti di loro dicevano che l’interesse per il ciclismo femminile è molto minore rispetto a quello maschile, e scorrendo i risultati qualcuno potrebbe trovare prove dello scarso livello delle donne in alcuni campionati, ad esempio in Lettonia la semi-italiana Anastasia Carbonari ha vinto la prova in linea con quasi 9 minuti sulle avversarie, che è ancora niente rispetto ai 25 minuti che qualche anno fa l’altra semi-italiana Ana Maria Covrig rifilò alla seconda nel campionato rumeno. In Austria Anna Kiesenhofer si è ricordata di essere campionessa olimpica e, nonostante la brevità della gara, ha mandato mezzo gruppo fuori tempo massimo. Anche in Slovenia la vincitrice ha staccato la seconda di 10 minuti ma la cosa più clamorosa è che si tratta di Urska Zigart: il boyfriend Taddeo l’avrà finalmente contagiata? Però in Italia la campionessa uscente con la maglia tricolore è stata protagonista al Giro 2023, fino al grave incidente, e poi nelle classiche di questa primavera vincendo il Fiandre, mentre il campione uscente solo grazie alla maglia si è salvato dall’anonimato.

Il campione indonesiano un giorno potrà raccontare di aver battuto Van Aert.

Il dièsse immaginario

Quest’anno il campione è Alberto Bettiol che, oltre a sembrare l’unico meritevole, correndo in casa di suo ci ha messo pure il pubblico (amici e parenti) altrimenti scarso, nonostante si trattasse dell’interessantissimissima gara maschile. Tra le donne Elisa 1 poteva fare di nuovo doppietta, ma, vinta la crono per meno di un secondo sulla seconda Vittoria Guazzini, è stata penalizzata dalla Giuria per colpa di quel gran genio nell’ammiraglia che si è avvicinato a lei più del consentito. E dire che già nel 2018 perse il titolo a cronometro per un errore di percorso. Così Elisa LB ha corso in linea con una motivazione supplementare e, su un percorso neanche selettivo, ha staccato tutte le avversarie e le ha tenute a debita distanza. E quando stava per tagliare il traguardo si è voltata e ha invitato qualcuno a non avvicinarsi troppo, ma dietro non c’erano nessuno. Anche se è una veterana la Longo Borghini non si è rimbambita come certi capi di stato famosi né ha un direttore sportivo immaginario, che forse sarebbe stato più accorto di quello reale, ma aveva scommesso con il maritino Jacopo che in caso di vittoria avrebbe fatto quel gesto. Un gesto simpatico, mica come quei presuntuosi che mettono il dito sulla bocca a voler zittire chissà chi.  

“Sì, dico proprio a te!”

Camere con vista

Ma i momenti davvero comici sono stati altri. Il patron del Tour Christian Prudhomme, con la scusa di venire in avanscoperta nei luoghi de Le grand Départ, si sta facendo una bella vacanza (di lavoro?) in Italia visitando e chiedendo: è bella questa attenzione per la storia del ciclismo, ma il campionato italiano lo dedicate ogni anno ad Alfredo Martini?, e cose così, insomma sembra la romantica donna inglese di Enrico Montesano. E purtroppo nei giorni scorsi c’è stata l’elezione del presidente della Lega ciclistica ed è stato eletto il politico forzista Roberto Pella, parlamentare e sindaco, che ha trasformato l’intervista della RAI in un torrenziale monologo in cui ha buttato a casaccio vocali consonanti e parole sconnesse e storpiate, che al confronto Garzelli sembra un fine letterato.

Giocondo

Non se ne vogliono andare

Alla fine le cose più interessanti della settimana sono stati alcuni annunci. Vingegaard ha annunciato che parteciperà al Tour, ma ciò non significa che ci sarà un duello epocale con Pogacar perché i recuperi affrettati non portano niente di buono, vedi Nibali per il mondiale 2018 e lo stesso Pogacar per lo scorso Tour. Ma chissà se ci sarà mai il grande duello alla pari, e se non ci fosse ogni appassionato potrebbe ipotizzare quello che più gli piace pensare. Io, ad esempio, nei primi anni zero pensavo che a parità di condizioni Gibo Simoni avrebbe potuto battere l’Innominato, anche se all’epoca certi sospetti già erano leciti, ma a me sembrava difficile credere che un uomo scampato a un cancro, invece di pensare alla salute, assumesse tutte quelle schifezze. Ok, ma se l’annuncio di Vingegaard lascia perplessi, quale sarebbe il grande annuncio sorprendente? Ma è ovvio, alla faccia della brutta gente di cui sopra, quello del ritorno alle corse, dopo tre anni dal suo ritiro, di Anna Van der Breggen. Nel 2021 disse di non avere più motivazioni e salì sull’ammiraglia, ora dice che le è tornata la voglia di correre, qualcuno pensa che forse le manca il Tour che fu istituito dopo il suo ritiro, e chissà che non si sia stufata di vedere le sue discepole perdere le corse per festeggiamenti precoci. Proprio la casinista Lorena Wiebes dice che non si meraviglia di questa decisione perché in allenamento Anna le stacca tutte. Le farà spazio proprio la compagna cui sembrava più legata, Demi Vollering destinata chissà dove. Il suo non sarebbe il primo ritorno clamoroso, capitò anche con Leontien Van Moorsel Zijlaard e con Fabiana Luperini, che si trastullava con le granfondo ma purtroppo continuava a vincere e allora tanto valeva tornare a fare sul serio. Soprattutto, l’annuncio arriva pochi giorni dopo la conferma che Pauline Ferrand-Prévot tornerà a correre su strada, e allora si ritorna sempre a quella Rabobank del 2014, quando nei grandi giri, che allora c’era solo quello d’Italia, correvano in 8. E di quelle, Knetemann non ha mai vinto su strada quindi se anche volesse non so se troverebbe un ingaggio, Slappendel fa la commentatrice in moto, e speriamo che non vengano strane idee pure alla ultraquarantenne Van Vleuten. Le altre saranno ancora là: Vos 38 anni, Van Der Breggen 35, Ferrand-Prévot 33, Niewadoma 31, Brand 36. Trovarsi un lavoro vero, come ha fatto l’acerrima rivale Mara Abbott, no?

Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?