Caravaggio e Duchamp al Giro d’Italia

Galeotta fu la Zeriba

Eravamo rimasti alla tappa con protagonisti i pistard, ma non era finita. Nella loro categoria ci sono quelli che su strada diventano bravi cronomen o lanciano le volate agli altri, come Simone Consonni, e quelli che le volate le vincono, come Elia Viviani, il quale nel suo girovagare tra varie squadre nel 2021 era alla Cofidis e vinse 7 corse ma il suo boss era deluso, si aspettava di più. E ci sono quelli che in pista guadagnano giri su giri, vincono volate su volate ma su strada poco o nulla, come Benjamin Thomas della Cofidis. E quest’anno non è solo Beniamino a non aver vinto niente, ma tutta la squadra, sia maschile che femminile, unico caso nel world tour. E poi i casi della vita e del ciclismo, nello stesso giorno Hannah Ludwig vince la corsa di Pamplona e proprio Thomas si inserisce nella fuga di mezza giornata, o seconda fuga del giorno, e vince, anche grazie al fatto che i fuggitivi erano più freschi perché non erano davanti dalla mattina, quelli li avevano già ripresi, e i commentatori italiani hanno criticato gli alpecini che si erano adoperati per acciuffarli, come se dovessero lavorare per il velocista italiano di un’altra squadra, e neanche hanno pensato che criticando quel team si danneggia la filiera dello shampoo italiano. Tornando a Benjamin, lui è uno dei tanti che fa coppia con una collega e poiché nel ciclismo le unioni miste non sono proibite quella collega è italiana. Probabilmente galeotta fu la zeriba, non quella illustrata, proprio quella vera dei velodromi, dove si ritrovano la nazionale francese con Thomas e quella italiana con Martina Alzini. Due anni fa Martina ha vinto la sua prima e finora unica corsa su strada, mentre in pista vanta un bel gruzzolo di medaglie soprattutto nell’inseguimento. Ultimamente sembra un po’ calata, o sono Balsamo Guazzini e compagnia che vanno più forte, e ci si potrebbe chiedere se lei viene convocata dal cittì femminile Marco Villa per correre nel quartetto o dal cittì maschile Marco Villa per distrarre quel pericoloso avversario.

A noi ci ha rovinato Caravaggio

Molti giornalisti dicono che i ciclisti di oggi sono puliti, non come quelli degli anni 90, e tutti i ciclisti degli anni 90 nei paraggi concordano. La tappa vinta da Thomas arrivava a Lucca e qualcuno si è molto dispiaciuto che alle manifestazioni per l’occasione non sia stato invitato il più famoso, o famigerato, ciclista del luogo, Cipollone, forse escluso per una faccenduola di tribunali, roba di impicci, di avvocati, di violenzucce, ma una tappa del Giro senza Cipollone è come il Festival di Cannes senza Depardieu, come la cerimonia degli Oscar senza Weinstein. Come ciclista non mi pare sia stato esemplare, si sussurra che raggiungesse bei livelli di ematocrito, gli uomini del suo treno si beccavano squalifiche per ostacolare i suoi avversari, ha vinto il mondiale più brutto della storia, eppure oggi i commentatori gradiscono le sue polemiche da umarell, come quando dipinse Jay Hindley come un ingrato perché, invece di ringraziare di girare il mondo, si era lamentato di non aver potuto vedere i suoi genitori per appena due anni e mezzo a causa del covid, e nessuno fu capace di ricordargli che non ha mai concluso un Tour per correre al mare. Comunque io penso sempre che se volevo giudicare gli uomini studiavo legge, invece ho studiato le cosiddette scienze umane, poco scienze e poco umane a giudicare dal cinismo degli esperimenti, e sulla carta avrei dovuto capirli gli uomini, ma modestamente non ci capisco niente. E in generale si dice che bisogna distinguere la persona da quello che realizza, e si cita sempre quel farabutto attaccabrighe assassino di Caravaggio che ha creato un precedente, e sia, ma oggi non so se lo inviterebbero a fare il commentatore alla Biennale di Venezia. E, sarà un mio limite, continuo a trovare più simpatiche brave persone come Wout Van Aert, non a caso il ciclista più criticato del mondo.

Dissing

Ma ci troviamo a Lucca non passiamo per gli sterrati senesi? Dai, che se no pare brutto, e così la tappa successiva passa per le famose crete senesi e di nuovo arriva la fuga. Stavolta c’è dentro Alaphilippe e a bordo strada si vede il suo manager che gli dà un bidone, nel senso del bidon , la borraccia, e tutti i commentatori apprezzano sorpresi. A parte il fatto che di borracce il boss ne aveva più di una, quindi non era solo per il francese, la cosa poteva meravigliare perché tra Papa Lefevere e DJ Alan Philippe c’era stato un dissing, e il boss, che diceva di non voler fare beneficenza allestendo una squadra femminile salvo poi comprarne una usata ed è stato condannato dall’UCI per commenti sessisti, tra le altre cose ha attaccato Marion Rousse, moglie di Julian, dicendo che lo distrae e gli fa bere troppo champagne, e allora potremo sospettare che volesse solo assicurarsi che la borraccia contenesse davvero acqua senza bollicine. La sua squadra era detta il branco di lupi, ma poi causa il budget ridotto e il cambio di destinazione d’uso persisi dietro Bimbo Remco, si è indebolita, come pure la Movistar che non ha trovato l’erede di Valverde e pure è diretta da una vecchia gloria, Eusebio Unzué, che però è un placido educato signore a suo modo filosofeggiante. Ed è stato proprio un movistar a beffare Alaphilippe, il giovane Pelayo Sanchez che è stato furbo e lesto a far lanciare la volata al vecchio lupo per batterlo. Un giovane promettente che batte una vecchia volpe? Ce l’ho: Filippo Casagrande che in una tappa del Giro del 1996 batté Rolf Sorensen e tutti pensavano che sarebbe diventato più forte del fratello Francesco. Poi l’anno dopo Sorensen vinse il Fiandre e Casagrandino non vinse più niente. Auguriamo al giovane spagnolo di avere più fortuna e che, insieme a Oier Lazkano, risollevino la squadra spagnola, ché se aspettano Enric Mas i velocisti spuntati o il vecchio indio Quintana stanno freschi. Intanto a sminuire Pelayo ci pensa Fabretti ricordando che ha vinto solo 3 corse: ma ha 24 anni, in Italia i ciclisti di 24 anni sono ancora under 23. Sulla tappa sterrata la mia impressione è che il Giro continui a inserire tratti di sterrato ricordando la tappaccia vinta da Evans nel 2010 e il Tour a inserire il pavé sul quale Nibali vinse il Tour 2014 immaginando una tappa spettacolare e decisiva, ma ormai gli uomini di classifica hanno sviluppato gli anticorpi e lasciano andare i fuggitivi di giornata badando solo a uscirne vivi.

Un giorno normale

A un certo punto c’è la cronometro e si spera che continui la festa dei pistard, con Filippone Ganna che è il più titolato ciclista italiano in attività. Ma forse, per non dare l’impressione di favorire troppo il ciclista di casa, gli organizzatori hanno inserito una salita nel finale, e alla fine è finita che Ganna è stato in testa fino all’ultimo partente, che era Pogacar, e che era in ritardo, ma la salita è stata sufficiente a capovolgere il risultato e consolidare la maglia rosa, e in fondo è tutto normale. Si arrivava a Perugia e un sito (nazional)popolare in una rubrica di curiosità sui luoghi delle tappe ha ricordato tutti i ciclisti umbri, ma poiché la rubrica è tenuta da un vecchio giornalista, per il quale forse le donne sono solo un elemento decorativo, ho notato con raccapriccio che è stata dimenticata l’indimenticabile Monia Baccaille, atleta decorativa ma anche decorata, due volte campionessa italiana su strada e più volte su pista, fondamentale nel secondo mondiale di Giorgia Bronzini che pure a volte batteva in volata. Avesse praticato un altro sport l’avrebbero cercata per spot e programmi tv, invece oggi è tecnico regionale della pista, e anche questo è nella normalità perché nelle regioni confinanti un vecchio velodromo scoperto lo si trova sempre.

Monia Baccaille con la maglia tricolore e Tatiana Guderzo in maglia iridata.

Le cronometro sono anche l’occasione per scoprire l’ultimo grido in materia di materiali e Ganna ha provato un novità per il cambio, ma quello che più colpisce visivamente sono i caschi: c’è chi usa un casco spaziale, chi uno scolapasta, Cian Uijtdebroeks indossava la fontana di Duchamp.