Le pari inopportunità

Sarà che un anno fa è uscito il libro su Morena Tartagni, sarà che Vittoria Bussi di recente ha (ri)stabilito il record dell’ora, ecco che è arrivato (in libreria, in edicola? no, più facilmente online) il libro di Paolo Venturini su Mary Cressari. La donna dei record, la ciclista rivale della Tartagni e prima italiana a battere il record dell’ora. Io l’ho cercato anche per fare pendant con quello su Morena e sentire l’altra campana, e l’ho trovato grazie alla solita libreria indie ma non è stato facile. Il libro è edito da Compagnia della Stampa Massetti Rodella Editori e scritto da un giornalista bresciano come la ciclista. Non è scritto in stile pro-loco come quello su Piemontesi ma ci è mancato poco perché ci sono ingiustificate notiziole su personaggi e cose locali, ma a causare qualche sbadiglio intervengono anche note non brevissime su avvenimenti storici che ben poco influivano sugli eventi ciclistici. Anche qui si sfiora l’agiografia ma almeno l’autore conosce il ciclismo e non si perde in dettagli fru fru sugli abiti come accaduto per la Tartagni, e se si accenna alla bella presenza di Maria è anche per inquadrare certi episodi che mostrano le difficoltà incontrate dalle cicliste nella pratica dello sport e nella vita. Un esempio è il fatto che le donne erano dilettanti e non potevano ricevere compensi né fare pubblicità pena la squalifica, e qualche commissario troppo solerte voleva misurare la superficie del nome della squadra di Mary sulla sua maglia ovviamente all’altezza del petto forse perché lì la scritta si espandeva troppo. Ma almeno questi episodi vivacizzano un po’ il racconto delle tante difficoltà incontrate dalle donne che altrimenti, dopo aver letto vari libri sul ciclismo femminile e sulle pioniere, risulterebbe già sentito e risentito. A Venturini va riconosciuto anche di essere stato onesto ammettendo qualche errore tattico ed egoistico della Cressari, che conferma quello che solo la super partes Antonella Stelitano nel volumone Donne in bicicletta poteva scrivere, cioè che il cittì avversato dalla Tartagni faticava a gestire una squadra divisa da rivalità e invidie. Ma in fondo le due non facevano niente di peggio di quello che combinarono pochi anni dopo Moser e Saronni, e pure i presunti aiuti che avrebbe ricevuto in patria la francese Gambillon a danno di Cressari sono cose viste anche tra i maschi, dalle corse nel Benelux prima dell’invenzione della Coppa del Mondo al Giro 1984 su cui è meglio sorvolare (come l’elicottero che avrebbe infastidito Fignon nella cronometro), e infine della Tartagni viene ricordata un’azione che al mondiale 1973 favorì il Belgio con cui poi di sera lei avrebbe festeggiato, decenni prima di Lisbona 2001: insomma a volte le donne hanno precorso gli uomini. Però va detto che, se Moser Saronni o chi altro potevano permettersi tutto, per le donne il fatto stesso di poter gareggiare non era scontato, in tempi in cui c’era anche un limite d’età, e quando leggendo si ha la sensazione che, chi poteva, cercava la soluzione individuale, a smentita in un angolo del libro si legge di una petizione per chiedere che a un’altra ciclista che aveva superato quel limite dei trent’anni fosse permesso di continuare. Come sottolineò Antonella Stelitano, un grosso ostacolo per chi vuole scrivere una storia del ciclismo femminile sono le fonti e bisogna attingere agli archivi personali e ai giornali locali, ed è stato così anche per i libri su Tartagni e Cressari. Sui giornali sportivi nazionali si poteva trovare giusto qualche trafiletto, ma proprio con Mary Cressari qualcosa cambiò quando batté prima il record dell’ora e poi quello dei 100km: aumentò lo spazio sulla gazzetta e, a parte l’inattesa e sgradita visita di una troupe di Playboy, per Mary ci furono articoli anche sui rotocalchi femminili. E devo dire che nell’ampia sezione finale dedicata all’archivio della ciclista, tra tutti l’articolo più interessante è quello di Maria T. Lattanzi inviata al giro che descriveva le difficoltà e gli imbarazzi in un mondo prevalentemente “maschista” ma anche la competenza e la naturalezza con cui si muoveva Pia Zilioli giornalista moglie di Italo, il ciclista discreto. Oggi le cose sono cambiate e non poco, all’epoca si scriveva se una ciclista era fidanzata sposata e se aveva figli, oggi piuttosto se è diplomata o laureata, come Federica Venturelli che, non contenta di andare forte su strada su pista e nel cross, è stata premiata da Mattarella tra le 25 scolare più studiosissime d’Italia, o come Vittoria Bussi, una laurea e un dottorato in matematica, che dopo il record dell’ora ha trovato un’altra oretta per scrivere la prefazione di questo libro.